due.

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VICTORIA.

«Tocca a te» esclamai per poi iniziare a correre, scappando da lui.
Rincorrerci era uno dei nostri giochi preferiti, ci giocavamo la maggior parte delle volte.

Ero così felice in quel momento, ridevo forte, quasi mi mancava il respiro.

La corsa giocosa si trasformò in una vera e propria fuga da due uomini che mi inseguivano.
La mia espressione da felice e spensierata era passata ad essere terrorizzata.

All'improvviso tutto il mio corpo venne immobilizzato e una grossa mano mi coprì la bocca.
Le mie urla appiattite da quella grande mano erano impossibili da sentire, nessuno se ne sarebbe accorto.

Provai a liberarmi, ma tutto risultava inutile.
Non mi restò che piangere mentre venivo portata via dal mio piccolo regno fatto di felicità.

10 anni dopo

«Vi ringrazio» sorrisi gentilmente all'uomo che mi aiutò a scendere dalla umile carrozza con la quale ero appena arrivata.
Alzai lo sguardo e cercai di trattenere un sorriso nel vedere il castello, lo stesso di anni prima in tutto il suo splendore.
Mi era mancato più di quanto volessi credere quel posto.

Presi un profondo respiro seguendo un servitore.
Ero stretta nelle mie modesti vesti e i capelli raccolti morbidamente, lasciando il candido collo in vista.

Con lo sguardo scrutavo ogni cosa, ogni piccolo dettaglio di quella che dieci anni prima fu casa mia.
Non mi apparse cambiata, mi apparse tutto esattamente come lo avevo lasciato...tranne che per qualcosa.

«Siete mai stata qui, lady?» mi chiese l'uomo dai capelli bianchi.
Nonostante fosse un servitore, aveva un portamento così elegante e il suo tono di voce era così garbato.

«No signore, mai.» gli risposi sorridendo cordialmente.
Non mi piaceva dire bugie, ma quella era a fin di bene.

Ci fermammo, infine, quando arrivammo alle grandi porte, intenti ad entrare.
«Credo dovreste presentarvi ai reali, sapete? Giusto per non sembrare scortese»
Era una buona idea, ma se qualcuno si ricordasse di me? Non potevo comunque mentire. Avevo cambiato nome, ma fisicamente non ero cambiata molto. Avevo sempre gli stessi occhi azzurri, gli stessi capelli lunghi e neri e la stessa corporatura esile, anche se con qualche forma in più.

Speravo che i reali non si ricordassero di me o sarei stata licenziata ancor prima di essere stata assunta.

«Potrei annunciarvi io, signorina»
«Vi ringrazio, siete molto gentile»

Dopo che David avvisò il re e i suoi ospiti della mia presenza, entrai nella immensa sala da pranzo dove risiedevano tutti.
Quasi mi sentii mancare la terra sotto i piedi quando intravidi un paio di occhi verdi, gli stessi del mio migliore amico d'infanzia

«È un onore essere qui in vostra presenza. Svolgerò al meglio le mie mansioni e spero che i signori ne resteranno soddisfatti.» le parole uscirono delicate dalle mie labbra, nonostante fossi abbastanza nervosa.

Feci un piccolo inchino e quando il re acconsentì, mi alzai e subito incontrai quegli occhi.
Deglutii, ma non dissi o feci nulla; avevo bisogno di lavorare lì, non potevo essere portata via ancora una volta.
Una parte di me mi suggerì che era giusto comportarsi con indifferenza, ma un'altra parte di me ringraziò Dio del fatto che lui fosse ancora in quel castello.

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