Tutto nella norma

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Mi sono svegliata da qualche minuto, ma ho già i nervi a fior di pelle: sembra quasi che il mio telefono stamattina non voglia farsi trovare.
Ricordavo di averlo poggiato sul comodino, vicino al mio letto, ma sembra essersi dissolto nel nulla.
Mi alzo dal comodo materasso e vado alla ricerca dell'oggetto perduto. Provo a cercare da ogni parte ma con scarsi risultati.
Alcuni istanti dopo riesco a udire il trillo del telefono, proviene dal piccolo studio che la mia casa ospita, e lo ritrovo nella borsa del portatile. Probabile che ieri, dalla fretta, lo abbia messo lì senza accorgermene, dopo la chiusura dell'ufficio principale.
É lìche trascorro la maggior parte del mio tempo. Sono impiegata tra lavoro e famiglia e, molte volte, non riesco a dedicare del tempo a me stessa.
Dopo aver indossato l'abito adatto per l'ufficio e aver donato un po' di colore al mio viso, mi dirigo al luogo di lavoro come ogni mattina, con la mia Pegeau.
Al solo rumore che i miei tacchi provocano  facendo contatto con il pavimento mentre procedo verso la mia scrivania, tutti - non escludendo nessuno -  puntano i loro sguardi sulla mia persona. Situazione ormai ordinaria da quakche anno a questa parte. Succede ogni singolo giorno della mia vita, da quando sono stata assunta in questa società.
Prima di mettere piede in questo posto ero una semplice donna impiegata nel proprio lavoro, poi col tempo ho iniziato a far salire i guadagni della società, cercando sempre di dare del mio meglio, riuscendo cosi a diventare uno dei soci della struttura; in breve tempo iniziai ad interagire con persone di elevato livello e notaii che non fosse cosa ben gradita dai miei colleghi che, a differenza mia, erano qui già da prima che arrivassi io.
Mi siedo sulla poltrona in pelle rossa, proprio davanti allo schermo del computer, per firmare i vari documenti, sistemati sul mio tavolo poco prima del mio arrivo.
Il mio ruolo, nell'azienda, da poco più di dieci anni, è quello della responsabile: sono chiamata a condividere con i miei collaboratori degli obiettivi concreti - cosa, tra l'altro, non semplice a causa dei nostri trascorsi - che possano rappresentare un risultato misurabile, veritiero da raggiungere, cosi, in un determinato arco di tempo.
Per poter assicurare ciò, ovvero la miglior funzionalità dell'organizzazione, devo controllare che gli obbiettivi prestabiliti e raggiunti siano condivisi, verificabili e, quindi sottoposti ad una verifica periodica, e raggiungibili.
Cerco in tutti i modi di svolgere il lavoro che, giornalmente, mi viene assegnato.
Il lavoro è ciò che mi permette di metter qualcosa sotto i denti e comperare qualcosa da indossare. È da una vita che non faccio altro che lavorare, assiduamente e costantemente, senza cercare via di fuga.

Il tempo passa velocemente questa mattina e, poco prima di uscire dall'ufficio, afferro la busta marroncina contenente il mio pranzo a sacco ordinato presso un ristorante nelle vicinanze del luogo del lavoro e, che, proprio come avevo richiesto, mi è stato portato qualche minuto prima della pausa.
Questo pomeriggio sarei stata libera. Effettivamente avrei avuto una pausa, ma tra il lavoro e la casa.
In tardi serata arriveranno come ospiti mia figlia e il suo futuro marito.
Pur avendo 46 anni, ho avuto mia figlia, Jasmine, all'età di ventun anni ed ora, dopo 25 anni, la vedo futura moglie accanto a Nathan Loyer.
Siamo in piena primavera e nella prossima estate i due ragazzi convoleranno a nozze.
Il suo matrimonio mi prende tanto lavoro. Mi ha chiesto una mano e come potevo dirle di no?
Cosa farei per vederla felice, sempre.
Mio marito non sarà presente. Ha avuto una chiamata urgente con la quale gli è stato riferito di partire per qualche giorno, in vista di un contratto da concludere.
Ritorno a casa, dopo aver consumato il pranzo, avviandomi con l'auto e arrivo in casa giusto in tempo per dare una ripulita e preparare qualcosa da servire in tavola.
Verso le 19:30 sforno del pollo arrosto con delle patate e condisco dell'insalata mista in un piatto di ceramica.
Dopo aver preparato la tavola, mi reco in bagno per poter fare una doccia veloce.
Quando finisco mi avvolgo l'asciugamano addosso e cammino verso la stanza da letto, per cambiarmi.
Il campanello suona qualche minuto dopo, portandomi cosi a vedere attraverso lo spioncino del portone di casa chi sia.
Mia figlia ed il suo ragazzo piombano nel soggiorno e iniziano a spogliarsi dei giubbini, porgendoli all'attacca panni, appeso alla parete di sinistra della porta.

Li faccio accomodare sul divano in tinta beige situato all'entrata della casa.
«Allora cosa mi raccontate?»   
«Stiamo ritornando dalla casa dei genitori di Nathan, Anne e Kevin, e abbiamo dato loro il biglietto per il matrimonio.
Jasmine inizia ad andare alla ricerca di un qualcosa nella sua borsa color viola melanzana.
«Ah. Ecco anche questo per te!»
Quello che mi porge è uno dei biglietti, molto semplice e di un bianco sporco con dei dettagli che vanno sull'oro.
«Li avevamo dati a tutti già da qualche mese, ma a voi li abbiamo dati per ultimi» di giustifica Nathan.
«Ok, ragazzi. È già tutto pronto. Andiamo a cenare oppure si fredda»
Al mio avviso si dirigono in bagno per lavarsi le mani.
Alla fine della cena saluto mia figlia con un bacio sulle guance e, successivamente, il suo compagno con un abbraccio.
«Buonanotte Olivia»
«Mamma era tutto super buono!»
«Notte ragazzi!»
Richiudo la porta a chiave e sparecchio la tavola dalle tante posate e i piatti e, dopo averli posati nella lavastoviglie, mi dirigo in camera da letto per dormire.

Awkward SituationDove le storie prendono vita. Scoprilo ora