Aria viziata

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La mattina, come immaginavo, si è portata a termine con due occhi pesanti dopo diverse ore di lavoro davanti allo schermo del computer, che è situato nello studio di casa, e la testa piena di pensieri positivi e non. Dopo la notizia che mi è arrivata grazie alla radio, non riesco più a vivere liberamente anche se da poche ore. Il documentario che avevo deciso di seguire non ha voluto rivelarsi più interessante del solito cosi ho spento, quasi subito, lo schermo della televisione che dista a qualche metro di distanza dal divano in tinta beige del soggiorno. Ho avuto una riunione a distanza con uno dei soci, tramite il monitor del computer, in cui ho chiesto dei giorni per poter riprendermi. Non ha avuto obbiezioni.
L'orologio moderno che è sulla parete, a pochi centimetri dalla TV, mi indica che sono le 14 passate. Mi chiedo se aprire o meno quella specie di protezione che mi sono creata chiudendo tutte le finestre e le porte, barricandomi cosi in casa.  Decido, però di far passare della luce solare nel piccolo appartamento e mi dirigo, successivamente, in cucina per preparar qualcosa da mettere sotto i denti. Preparo una specie di carbonara e un po di insalata verde con una fettina di carne.
Dopo i vari incubi, che non facevano altro che ripetersi, durante la notte, ho iniziato a prendere dei calmanti. Li ho presi per la prima volta, stamattina, dopo quindici lunghi anni.
Ingoio l'ultimo filo di spaghetti ed inizio a tagliare la carne a piccoli pezzi; prendo con la forchetta un po d' insalata e dei pezzi di carne. Ho avuto sempre il vizio, sin da piccolina, di mangiare le cose insieme. Lo facevo per evitare di mangiare il pane con la carne, perché il gusto che l'insalata dava alla carne non era il gusto della carne masticata assieme al pane.
Dopo aver terminato il cibo, dispongo il piatto sporco nel lavabo e assieme ad esso il bicchiere e le posate. Mi avvio verso la porta principale e faccio scattare la serratura. Riapro le tende e le persiane che nascondevano il panorama dato dal punto dove il mio appartamento è situato.
Lascio che i raggi del sole riscaldino le mura di casa e il mio cuore che, da qualche anno, è iniziato ad essere più gelido del solito. Sono debole e stremata, come non lo sono mai stata. Il passato che mi ha condizionata, sta continuando a farlo e sono stanca di averne paura, di lottare.
Da quindici anni a questa parte cerco di trovare del buono nelle persone, ma non ci riesco. Mi hanno strappato forse le uniche cose che, forse potevano salvarmi da tutto: l'allegria e la fiducia.
Non verso più lacrime.
Le ho terminate tutte.
Me le hanno tolte.
Mi hanno fatto completamente raggelare. L'unica cosa per la quale continuo a serbare amore è la creatura che ho dato alla luce: la mia splendida Jasmine. Persino la mia famiglia che mi appoggiava in tutto, mi aveva abbandonata.
Dicevano che forse, in fondo, me lo meritavo e che, in fondo, io lo sapevo. Ho iniziato a darmi energia solo attraverso la mia autostima, che alla fine nemmeno quello c'era. E sono andata avanti per mia figlia. Per mio marito. Per il mio futuro.

Sono ancora avvolta nella mia vestaglia e dopo la telefonata che mia figlia mi ha fatto, decido di andare a fare un salto nella casa in cui vive con Nathan da circa tre anni. L'abito da sposa é pronto. Ero andata con lei quando, cinque mesi fa, lo aveva preso, ma che solo dopo qualche settimana le andava troppo largo.
Arrivo con la mia Peugeot di fronte al vialetto di casa dei due. Ovviamente Nathan non verrà con noi e le damigelle, due migliori amiche di Jasmine: Azzurra e Desy, due ragazze con cui Jasmine ha legato sin dai tempi delle elementari.  Non si fidava di nessuno se non delle sue amiche.  Sono una cosa sola loro tre. Si dicono tutto, si confidano persino la verità più scomoda. A parte qualcosa di cui solo io e lei siamo a conoscenza.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 04, 2018 ⏰

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