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Ashley si svegliò di soprassalto con il pigiama umido di sudore e in preda agli spasmi. Il solito incubo in una solita notte, nulla di diverso. Eppure c'era qualcosa che era fuori posto, ma non capì cosa...
Come al solito durante l'incubo era caduta a terra, ma il contatto con il pavimento di ceramica gelido la fece star meglio, e la aiutò a uscire meglio dalla nuvoletta di vapore che circonda i sogni. Respirò l'aria fresca di metà settembre che aleggiava nella sua camera. Dopo essersi tranquillizzata e aver placato i tremori del suo corpo con calma si alzò e si mise a sedere sul letto. Poco tempo prima commise l'errore di rialzarsi troppo velocemente e il suo corpo le fece capire che non era una saggia idea, facendola vomitare. La nausea e la sensazione di essere stata svuotata da tutto non le piaceva. Non capiva come potessero sopportarla chi soffre di bulimia. Si era quasi sentita tornare a quel giorno: il trambusto, la confusione e, infine, il silenzio più assoluto, con l'immancabile fischio acuto nelle orecchie. Era quasi certa di poter sentire il sangue uscirle dal naso e una mano che... No. Non era lì, era tutta una fantasia. Non sarebbe mai tornata a quella giornata, ed era meglio così. E non voleva più vomitare, per questo ora ci stava molto attenta.  Non voleva risentire tutte quelle sensazioni. No, se fosse stato in suo potere non l'avrebbe più sentite. Purtroppo ogni notte, da due anni ormai, ritornava a quel giorno, ed era tormentata da questi incubi. Prima era una ragazza normale e spensierata, con molti amici. Ora non ne poteva più. Gli incubi si presentavano precisi ogni notte. Aveva provato davvero di tutto: uno psicologo, l'ipnosi, il sonnifero...
Non solo non aveva funzionato niente, ma il sonnifero era anche riuscito a peggiorare le cose!
In questo ultimo periodo, infatti, si erano fatti più  inquietanti ed era sempre più difficile uscire dalla nuvoletta. Ma ormai era routine, e non poteva fare niente per cambiare le cose.
Sospirò e lentamente si alzò, sostenendosi appoggiandosi al muro. Una volta appurato che le sue gambe avrebbero retto, si avvio al cassetto dei pigiami. Prese quello blu e morbido, il suo preferito. Con un movimento un po' goffo si tolse quello vecchio e lo poggiò sul comò: l'indomani avrebbe provveduto a lavarlo. Dopo essersi asciugata il corpo dal sudore ed essersi messa il pigiama asciutto, si infilò nel letto e si guardò attorno. Aveva una camera abbastanza piccola con le pareti bianche verniciate da poco che quasi non si vedevano sotto tutte le foto e i poster della sua band preferita: gli Skillet. Un comò color nocciola, sotto a uno specchio grande vicino alla finestra. Dello stesso colore era l'armadio, la scrivania con le mensole e la libreria, dove custodiva i suoi preziosi libri. Questi non erano preziosi per un valore economico, infatti in fin dei conti era solo carta stampata, ma per lei avevano un valore speciale, dato dalle emozioni comunicate da quelle parole. Ogni libro era riposto con cura al suo posto nella libreria, che era posta all'angolo della sua camera. Poi basta, non aveva altro. In effetti non era grandissima come stanza, ma ad Ashley andava bene. Fissò l'orologio sveglia che aveva sul comò. Erano le due. Ciò significava due cose: 1- tra quattro ore si sarebbe dovuta alzare per affrontare il primo giorno di scuola.
Non voleva dormire questo è certo, ma aveva imparato una cosa: gli incubi venivano una sola volta a notte. Dopo di che non sognava più. Solo bianco. Questo la rassicurava molto.
2- Suo fratello maggiore, Marco, non era ancora tornato. Sapeva che avrebbe fatto serata e avrebbe trovato compagnia, quindi non si stupì nel non sentirlo russare nell'altra stanza. Era abituata anche a questo, perché anche lui da quel giorno era cambiato.
Era stesa su un fianco, le ginocchia strette al petto. Si metteva sempre così dopo un incubo, perché il fatto di essere piccola piccola la faceva sentire al sicuro. Senza accorgersene dai suoi occhi iniziarono a fare capolino le lacrime che intrapresero una gara a chi arrivava per prima al mento: gli mancava la Mamma. Ora viveva con Marco, che era molto premuroso certo, ma non poteva sostituire sua madre. Quando era piccola ogni volta che aveva un incubo, la Mamma andava da lei, la abbracciava e restava con lei nel letto, stringendola in un abbraccio che credeva sarebbe durato per sempre. Oh quanto si sbagliava! Marco tutto sommato era un buon fratello, simpatico, bello, intelligente e buono ma per quanto ci provasse non riusciva mai a colmare quel vuoto che Ashley aveva nel cuore. Anzi peggiorava le cose.
La ragazza scacciò questi pensieri, inopportuni prima di dormire, e si costrinse a chiudere gli occhi.
Poco prima cadere nel sonno, avrebbe giurato di sentire una mano che gli accarezzava la guancia, e una voce morbida. Quando però aveva provato a ad afferrare la mano sentì solo la pelle tiepida della sua guancia.

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