Mi svegliai decisamente più tardi del solito quel giorno. Sapevo che sarebbe arrivata la neve quella settimana. Mi sono subito affacciata fuori dalla finestra, per vedere se si fosse fatta viva. Ed eccola in tutto il suo candido splendore: neve, neve ovunque. Mi rincuorò.
Quel periodo non era dei migliori. Il liceo classico è sempre stato molto impegnativo, ma il quinto anno sembrava non finire mai. Pensieri cupi mi tormentavano, le giornate apparivano tutte grigie, anche quelle soleggiate. Sarà ladolescenza, pensavo, sarà il fatto che il mio desiderio di diventare uninsegnante di latino e greco non è nella norma al giorno doggi. Avevo sempre con me un libricino di Seneca sul comodino, le tragedie di Sofocle sulla scrivania e le commedie di Plauto subito sotto.
Sentivo spesso mio padre, docente di lettere moderne alle scuole medie, dire che la cultura stava diventando ogni giorno di più un bisogno dimenticato. Che la cultura fosse un bisogno lo sapevo già. Sentivo la necessità di immergermi tutti giorni nella cultura classica, e di riemergere più consapevole, con una mente più aperta e meno rigida. Ma come poteva un bisogno essere dimenticato? Questo proprio non riuscivo a spiegarmelo.
Ripensavo a tutto questo, mentre contemplavo le montagne e il grigio melanconico del cielo. Ecco che ricominciava a nevicare! Comera soffice, e come precipitava piano! Presi carta e penna, e come guidata da una Musa scrissi:
Se fluttuare come candida neve
potessi da un fisso e nebbioso cielo
per stoffa distinguermi, desidererei
dei monti le cime vestire.
Ne decanterebbero i poeti la bellezza, e
trasformate dallinchiostro il colore, la natura,
lo scopo di nuova sembianza vivrebbero.
Benefattrice, paladina di archetipi e di antichi
ricordi, di sinfonie in rima composte per
corde profonde ispirerei lo spartito.
Se fluttuare come candida neve
potessi da una brezza di sguardi essere sciolta,
attraverso le remote radici culturali
in vitale eterna linfa scorrerei.
Mi chiesi dove fossero i poeti. Sarebbe stato più probabile tramutarmi in neve, che trovarne uno?
Sentì e distinsi la melodia del mio cellulare, e capì subito che il messaggio proveniva da uno dei topastri. Era Amanda, che per prima aveva avuto lidea di incontrarci, in quella bellissima giornata dinverno. Pensai che sarebbe stata unottima idea incontrarci, e rimasi incuriosita dal suo vorrei parlarvi di una cosa importante. Orfeo doveva averle finalmente lispirazione giusta per continuare la sua meravigliosa storia fantasy. Tralasciai la mia poesia sul letto, e mi diressi verso la cabina armadio. Sentivo mio fratello ronfare nella camera affianco, e mi venne da ridere. Anche lui aveva i suoi incontri privilegiati con Orfeo, che mai e poi mai si lasciava sfuggire il fine settimana. Giancarlo è sempre stato un dormiglione, e ha sempre avuto la testa fra le nuvole. Frequentava ancora la facoltà di Filosofia nellUniversità più vicina a casa, giusto per non stare troppo lontano dal suo letto, luogo prediletto e luce dei suoi occhi. Ma che diventasse un antropologo, noto e rispettato per giunta, questo mai e poi mai ce lo saremmo aspettati. O forse sì.
"Gian, sono le 10. Che facciamo? Ci svegliamo?"
"Tu non sei mia madre, Elena. Ed io non sono Ettore."
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La biblioteca dei topi [In corso]
FantasyUn sogno lucido, che i nostri protagonisti riusciranno a condividere per volere di una bibliotecaria molto particolare.