«Mi porterai mai con te?» Chiedeva tutte le volte.
E la sapeva la risposta, la stessa ormai da svariato tempo.
Ci si può fare l'abitudine, ma non ci si rassegna.
Nonostante la paura le accelerasse i battiti, lo avrebbe seguito. Tutte le volte, a qualsiasi distanza.
E quando lui tornava da quei viaggi infiniti, lei lo avvistava dalla finestra, distinguendone la figura.
A volte lo scambiava per un sogno.
A volte lo era davvero, ma spesso la casa si riempiva di nuovo.
E sì, le attese erano sempre più lunghe. Ma lei lo sognava, ancora, ogni sera.
Non sai mai se ritorna chi lavora in divisa...
Quando ti abitui all’assenza, eccolo lì che ricompare.
Lei si riempie di nuovo del suo sorriso sincero. Ascoltava il racconto dell'intero viaggio senza sprecare mai fiato, e chiedeva ogni volta: «È vero, ripartirai?»
Lui annuiva intristito, non voleva ferirla.
C'era già il timore costante che i soldati, certe volte, non tornano.E decorava la tavola in legno.
Al centro un vaso d’argento, con dentro una rosa appassita. Forse la prima, forse una delle tante.
Apparecchiava sempre per due, e teneva sempre una fotografia del suo uomo al posto che gli spettava.
Il suo orecchio era attento, pronto a cogliere l'atteso suono del campanello.
Si voltava e rigirava. Poi finalmente, eccolo che torna!
Appoggiato col braccio alla porta, un po' dolorante.
Ferite di guerra, il sorriso è una smorfia.
Si abbracciano, i due, si necessitano a vicenda.
Intanto il sole si scansa, dà spazio alla luna, distratta, che scendeva tutte le volte con troppa calma, a render tutto così solenne.
Così lui raccontava, coinvolgeva anche i vicini. Ciò che aveva visto inteneriva i più duri.
Le strade lì in Siria, più i morti che i vivi. Quella cera pallida sul volto di ogni bambino.
Le baracche dei poveri, tutti quanti lo erano. Ma c'è una cosa che li segna, a cui non ci si abitua mai. Era la naturalezza con cui parlava delle bombe assassine.
Ovunque tu sia, non hai il tempo di scansarti. Questione di attimi, soltanto fortuna.
E lui ne parlava sciolto, mica le temeva.
Ma si coglie l'inganno delle parole, che spesso mascherano i sentimenti.
È un mestiere cattivo, non ha senso negarlo. La paura è quotidiana. Non si tratta d'esser duri, c'è di mezzo la vita.
Un viaggio traditore. Il resto è solo fatica. Una solitudine interiore che ti logora lentamente.
«Dammi un poco del tuo sguardo» disse lui scortese.
Ne prendeva a sufficienza, facendone scorta.
E portava via con sè ogni desiderio della povera signora, mentre si preparava a ripartire.
Ma le dava la speranza di poterlo rivedere, quando il campanello avrebbe suonato di nuovo.
E nella sua testa la solita cantilena: i soldati, certe volte, non tornano.Tanto tempo è passato da quell'ultima volta. L'aveva visto sparire, con un saluto normale.
Lei seduta in poltrona, tra i peggiori pensieri.
Verso strade lontane, o ancora lotte spietate.
E sarebbe tornato, sì, sarebbe tornato.
E sarebbe riuscito a sorriderle ancora!
Come l’ultima volta che, tornato un po' tardi, le aveva portato un vestito siriano, che le altre, in paese, si voltavano tutte.
«Sempre via suo marito, eh? Beato lui che viaggia!»
Dicevano le donne, neanche con malizia.
E lei scherzava con esse, perché non avrebbe dovuto? Asciugandosi il viso su cui scorreva, ormai da tempo, un leggero ruscello.
Tutti quanti, è così. Ci si abitua all'attesa. E arriva sempre il momento in cui si smette d'aspettare.
«Come mai la signora non s'affaccia più?»
«Il marito stavolta non torna» Rispondevano gli sfacciati.
Son tre anni che aspetta, i soldati certe volte non tornano.