Lorenzo

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non sento niente.
Mi fermo spesso ad osservare la gente, che cammina, che parla, che sussurra. Ma io sono fermo. Il mondo gira, io lo guardo, lo osservo, ma sono immobile.
Impassibile, fermo, non sento niente.
Me ne stavo in un muretto, e guardavo il mare che da lontano si poteva vedere, con sopra un cielo stellato ad accompagnarlo. Tutto ciò che sentivo era un vuoto, un enorme vuoto, una voragine grande quanto un buco nero.
Ma non sentivo niente.
Tranne il suono assordante della solitudine, accompagnato da un'apatia quasi snervante.
Desideravo ardentemente provare qualcosa, ma con tutti gli sforzi che io potessi fare, non riuscivo a sentire nient'altro che il suono dei miei pensieri rimbombare nella mia mente come dinamite.
Ero assente da tutto ciò che potesse circondarmi, da chiunque potesse parlarmi: io non c'ero. Annuivo, sorridevo,salutavo, ma io non c'ero.
Non sento niente.
Niente mi sfiorava, niente riusciva a suscitare in me la benchè minima sensazione, pur volendo, non riuscivo.
Camminai a lungo, fin quando non intravidi il mare e feci per raggiungerlo. Provai un'attrazione quasi impossibile da ritrarre verso la morte.
Desideravo quello, principalmente, mentre i miei sensi m'ingannavano e voci di uomini sconosciuti si insinuavano nella mia mente, ad accompagnarle erano visioni demoniache di donne senza volto, con solo una bianca maschera a coprirle.

*****

Dopo tutto ciò che era successo, dopo quel giorno che aveva per sempre cambiato il mio essere, decisi di trasferirmi a Firenze:
Ero arrivato il giorno stesso, e avevo viaggiato sopra il cielo notturno dell'Italia in uno stupido aereo, col primo volo che avevo trovato.
Non sapevo cosa fare, non sapevo dove andare, non conoscevo nessuno, e l'idea di comunicare con altre persone quasi portava in me un senso di angoscia.
Camminai a lungo per le strade di Firenze, con una valigia che probabilmente mi faceva apparire stupido agli occhi degli altri, ma ciò non m'importava più di tanto.
Ad un certo punto, vidi un locale illuminato, e subito decisi di entrare.
Appena entrai mi diressi al bancone, ordinai da bere e mi accesi una sigaretta come mio solito, iniziai a guardare la stanza con aria disincantata ed indifferente, quando improvvisamente qualcosa, o qualcuno catturò il mio sguardo.
Una ragazza dai capelli neri e lunghi, ed un vestito rosso era seduta ad un tavolo nel fondo del locale, fumava una sigaretta ed aveva uno sguardo triste.
Ciò che mi colpì principalmente di lei fu il suo sguardo, nel quale percepivo la mia stessa indifferenza. Lei sembrava così sfiorita, percepii il suo essere solo guardandola, ed una sensazione mi pervase la mente. Sembrava di una durezza quasi impassibile, la sua pelle era così chiara e la sua bellezza per me era indescrivibile.
Continuai a guardarla, quando vidi che si alzò e si precipitò fuori, sembrava quasi malinconica, preoccupata, si guardò intorno prima di uscire dal locale.
Dalla finestra la vidi salire nella macchina di un uomo, di cui potei vedere con chiarezza il viso: aveva sui 50 anni.
Tanti pensieri attraversarono la mia mente; quella ragazza non poteva avere più di 22 anni.

Per la prima volta nella mia vita provai una sensazione che per pochi istanti non riuscii a comprendere, ma volevo sapere di più.

"Sono quindici, e lei si chiama Roxxana."

Una voce improvvisamente mi fece tornare nel mondo reale, girai lo sguardo e vidi il volto amichevole di un giovane cameriere, che mi guardava con aria dispiaciuta.

"Come?" Chiesi stranito.

"Si chiama Roxxana, ho detto. E fanno quindici euro." Annuii il barista con un lieve sorriso sulle labbra.

La mia mente realizzò, e tirai fuori quindici euro dalla tasca. "Chi?"

"La ragazza" disse il barista mentre puliva un bicchiere.
"Ma non perdere tempo, viene qui da un paio di mesi, e si prostituisce, probabilmente. Non so per chi lavori, ma è una roba grossa. È in mezzo a tanti guai probabilmente, viene spesso, ma ha sempre un'aria distaccata. Nessuno la conosce bene, nessuno sa qualcosa di concreto sul fatto suo. Meglio lasciar perdere."

"viene qui tutte le sere?" Chiesi incuriosito.

Il barista mi guardò per un attimo, dopo di che tornò a lavare i bicchieri, "Sì, per forza. Gli uomini vengono qui davanti, anche le altre stanno qui. Ma come ho detto, nessuno sa granché sul fatto suo."

Allora annuii, provando quasi un senso di dispiacere, che da tanto non sentivo. Dopo di che presi il cappotto, salutai il barista ed uscii dal locale, quando realizzai che l'intenzione di tornare la sera dopo era troppo forte.

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⏰ Last updated: Feb 08, 2018 ⏰

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