La ricerca della libertà

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Si accorse che non c'era più, e subito pensò che quella non sarebbe stata una giornata come le altre. Paulo si svegliò dalle braccia di Morfeo, con la delicatezza di una libellula si girò dal lato opposto, aveva ancora gli occhi chiusi. Allungò le braccia per stringere Penelope, ma solo in quel momento si accorse della sua assenza. Non aveva ancora realizzato, forse perché era ancora addormentato o forse, perché aveva la sicurezza che si trovasse lì nei paraggi: in cucina, in bagno o magari solo sul terrazzo ad ammirare la città che si risvegliava dal buio, com'era solita lei fare. Penelope era particolare, dovevi riuscire a capirla, ad immedesimarti in lei, aveva un mondo tutto suo, possedeva personalità sempre diverse, sapeva mettersi in gioco come pochi. Se si affezionava sapeva darti il mondo, saresti potuto diventare il suo eroe o il suo punto di riferimento, ma uno sbaglio e via, non ti guardava più. Forse perché aveva dato talmente tanto ma ricevuto poco o forse perché si allontanava dal dolore, come se cercasse di non soffrire ulteriormente. Paulo restò nel letto, pronto ad aspettarla arrivare in tutta la sua bellezza. Sì, lui era innamorato anche quando aveva i capelli arruffati, quando aveva gli occhi leggermente sporchi di nero, reduce del trucco del giorno prima. Amava quando si alzava in punta di piedi per sollevarsi e cercare di scrollarsi il sonno che aveva addosso. L'ammirava così, tutte le mattine di quell'estate da sogno che stava trascorrendo con lei. Ma quella mattina, non era come le altre. Paulo sentì che c'era qualcosa che non andava, Penelope non era la stessa da qualche settimana. Aspettò cinque minuti, lì nel suo letto, in attesa che lei entrasse da quella porta, ma nulla. In quel momento decise di alzarsi, doveva vederla e baciarla al più presto. Andò verso il terrazzo, sicuro di trovarla, ma le sue supposizioni vennero eliminate. Prima di tornare dentro ammirò un attimo il paesaggio. Erano le 7:30 e già tutti erano presi nei lori pensieri, nel loro lavoro e soprattutto nella fretta di arrivare da qualche parte. Tornò dentro pronto a cercarla, ma nulla, nessuna traccia di lei. Pensò che fosse uscita, magari a prendere la colazione, ma di solito lasciava sempre un bigliettino sul tavolo per avvisare, odiava che la gente si preoccupasse troppo per lei. Ma questa volta non c'era niente. Decise di chiamarla per scoprire dove fosse. Compose il numero ed aspettò solo che quei squilli finissero per far rimbombare nel suo orecchio la splendida voce cristallina di Penelope. Ma l'unica cosa a rimbombare fu la voce della segreteria. La chiamò, ancora e ancora, ma nulla. Strano, non era da lei. C'era qualcosa che non andava e Paulo iniziava a sospettare sempre di più. Tornò in camera per vestirsi e andare a cercare Penelope, alla fine pensava che non si fosse allontanata tanto! Scese le scale a due a due impaziente, come un bimbo. Piombò sulla strada e guardò per due volte sia a destra che a sinistra, non aveva idea di dove andare. Ad un tratto un lampo di genio! E così iniziò ad avventurarsi nelle strade di quella Torino trafficata, verso la sua meta. Arrivò, si trovava sul piazzale del Monte dei Cappuccini, quello era il loro posto preferito, ci andavano quando andava tutto storto o quando avevano la necessità di stare soli con sé stessi. Quello era il posto perfetto. Potevi ammirare l'orizzonte, i monti, la città illuminata; come se fossi il re del mondo, da lì tutto sembrava piccolissimo, tutti i problemi, tutte le persone. Ecco era esattamente in questo modo che si sentivano Paulo e Penelope quando andavano lì. Si sedevano su una panchina sotto degli abeti e aspettavano, fin quando non erano pronti per ritornare alla monotona vita di sotto. Ma quando Paulo arrivò, su quella panchina ad aspettarlo non c'era nessuno. Non capì se fosse troppo tardi o troppo presto, questa situazione gli stava sfuggendo di mano. Magari Penelope era seduta in qualche caffè a bere la sua spremuta all'arancia che le piaceva tanto, mentre lui era alla sua ricerca. Quello che non capiva era perché non avesse avvertito. Paulo decise di approfittare del momento di caos e si andò a sedere su quella panchina; mentre guardava l'orizzonte abbassò un attimo lo sguardo e fu proprio in quel momento che vide qualcosa che gli fece brillare gli occhi. Era un pezzo di carta poggiato a terra sotto il peso di un sasso, lo aprì ed era la scrittura di Penelope, inconfondibile. Senza giri di pensieri decise solo di leggere.
"A te che sei il mio amore, a te che mi conosci più di chiunque altro e forse proprio per questo, immagini la tempesta che è nata in me e che, con il passare del tempo mi sta distruggendo. Suppongo sia alla mia ricerca, ti chiedo solo: di passare lì, al primo sguardo e di fare un salto a Piazza San Carlo e ammirala, ammira il luogo del nostro primo bacio. Dopo di che corri nel nostro appartamento e cerca con cura, ti ho lasciato una cosa, ti amo.

La ricerca della libertà   Paulo DybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora