Le notti di Backersville

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Faceva molto freddo quella sera e Paul non aveva alcuna intenzione di rincasare molto tardi, ma gli amici al bar lo avevano fatto ancora una volta ti­rare la mezzanotte. Quel maledetto ultimo giro a black-jack non finiva mai.
Camminando lungo la Range Boulevard quando vide sul ciglio della strada una bottiglia di vetro vuo­ta. Era una di quelle della Coca-cola, ma non era come le altre, conteneva qualcosa. Era un foglio arrotolato.
Paul pensò subito se per caso si fosse perso un veliero da qualche parte e ci fosse qualche naufra­go che vagava per la città, ma sapeva benissimo che Beckersville distava almeno mille chilometri dal mare. Raccolse incuriosito la bottiglia e cercò di togliere il foglio ma non vi riuscì. Cercò con le dita di estrarre il foglio, ma invano. Oramai era diventata una sfida, voleva vedere cosa conteneva quella insignificante bottiglietta di coca-cola. La gettò per terra e la ruppe. Nessun passante si girò per vedere cosa era successo, la strada era deser­ta.
Raccolse il foglio e vide che grande sorpresa che era una lettera scritta a mano. La srotolò e comin­ciò a leggerla.

                Beckersville, 23 settembre 1993

Forse nel momento in cui starete leggendo questa mia lettera sarete comodamente seduti su di un di­vano oppure la starete leggendo di sfuggita all'u­scita della metropolitana e alla fine la butterete nel primo cestino che vi capita. Sappiate però che ciò che sto scrivendo è tutto vero e questo mio mo­do alquanto singolare di fare  sapere le cose è di­venuto oramai l'unico sistema per poterne parlare senza che venga considerato un pazzo. Non farò alcun nome durante questa mia lettera poiché già molte volte ho rischiato di essere identificato e rin­chiuso in qualche laboratorio per essere studiato e sezionato. Non voglio che ciò accada nè a me nè a nessun altro immortale, qualora ve ne fossero al­tri.
Il mio dramma è cominciato quando venni ucciso per la prima volta: avevo ventidue anni ! Era l'an­no 1372.
Da quella volta capii di non essere come tutte le altre persone; parlavo, giocavo, scherzavo con tut­ti ma non ero come loro: sono un'immortale !
Di quel lontano 1372, ho ben chiaro davanti agli occhi lo sguardo dei miei genitori e dei miei amici quando mi videro uscire dalla stanza che era stata improvvisata come camera ardente. Fui scacciato dal paese e additato come un essere del demonio e co­minciò così la mia vita da nomade. Mio padre stesso mi rinnegò come suo figlio e spergiurò che il mio piccolo corpo era stato da lui trovato ed adottato poiché mia madre non poteva avere figli.
Da quel momento la mia vita è stata un inferno: vivere è bello, ma vivere troppo non lo è per nien­te. Conoscevo persone e dopo qualche tempo dovevo per forza lasciarle: il mio aspetto non mutava men­tre loro invecchiavano e morivano. Non potevo nep­pure innamorarmi. Le prime volte tentati ma fu a­troce doverle lasciare per poi ritrovarle ai piedi di una lapide. Il mio cuore non avrebbe sopportato altro dolore del genere; ma il peggio era che non ne sarei morto ugualmente. La mia vita fisica è ferma al momento della mia prima morte, come se da quella volta si innescò un meccanismo incontrover­tibile che mi condanna tuttora.
Ho visto molte cose nella mia vita, ho combattuto parecchie guerre e sono stato ucciso moltissime volte, ma sono sempre qui.
Non riesco a morire e ciò mi fa una gran paura. Invidio incredibilmente tutti voi altri che dopo una vita vissuta su questa terra vi apprestate ad una nuova esistenza o forse al nulla assoluto, ma io invece sembro destinato al nulla su questa terra senza la speranza di vedere nessun altro tipo di vi­ta o di mondo.
Circa due secoli fa cominciai a fare delle ricer­che sulla mia provenienza, ma sembra che a parte le favole, gli immortali non esistano e non esisteran­no mai. Per anni non cercai altre notizie, poi un giorno nel 1713, o giù di lì, vidi su un giornale londinese una notizia che mi colpì:

UOMO PRECIPITA IN UN DIRUPO
DOPO UN VOLO DI OLTRE 300 METRI
SI RIALZA E TORNA A CASA SENZA UN GRAFFIO

Il cuore mi sorrise oltre ad ogni parte del corpo al sentire quella notizia: forse ce n'era un altro come me. Andai al giornale, chiesi informazioni e dopo alcune settimane riuscii a trovare il tale che aveva fatto quel volo spaventoso. Abitava in un ca­solare fuori Londra e dietro la casa cominciavano ad ergersi le famose colline inglesi, ricche di ve­de e folte di vegetazione. Sentii un tremore quando mi avvicinai alla casa, lui era all'interno, lo sa­pevo. Non sapevo come, ma sentivo che lui era all'interno e sentivo anche che lui era come me. Quando apparve sulla porta, capii che anche lui provava le mie stesse sensazioni. Mi chiese subito quando avevi scoperto di essere immortale. Lui lo aveva scoperto proprio in occasione di quel volo, quindi era proprio un novello. Credevo di avere da lui informazioni più precise e invece si dovette accontentare si spiegare all'uomo le regole essen­ziali per non impazzire.
Passarono gli anni e ogni tanto andai a trovare il mio amico immortale sino a che un giorno accadde l'incredibile: lui era .... non lì.
Non so che cosa avesse fatto, o chi glielo avesse fatto, ma lui non era più visibile ma c'era ed io lo sentivo. Potevo sentire distintamente la sua vo­ce ma il suo corpo non c'era più. Invano cercai di farmi spiegare cosa fosse accaduto e come avesse fatto a creare quella situazione.
Poi un giorno andando al casolare, non sentii più neppure la sua voce. Era svanito completamente.
Sono passati più di due secoli ed io non ho anco­ra capito cosa sia successo al mio amico. Non na­scondo di provare una certa invidia, poiché lui a­veva appena scoperto di essere immortale e in so­stanza è forse morto, se è la parola giusta, prima di una persona qualunque.
Ma il problema vero è proprio questo: dove è an­dato a finire e soprattutto cosa lo ha fatto cam­biare. Sono arrivato alla spiegazione che ci deve essere qualcuno che dirige gli immortali e ancor di più gli immortali, poiché credo che siamo veramente in molti.
Passarono i giorni, le settimane, i mesi, gli an­ni, ed io continuavo a vivere dovendo continuamente cambiare città, lavoro e donna.
Poi con l'avvento delle modernità comincia ad a­vere problemi per ricercare un identità falsa che mi permettesse di vivere tranquillamente. Spesi moltissimi soldi per rivolgermi a gente della mala­vita per procurarmi dei documenti falsi coi quali stare tranquillo.
Tutto proseguì su questo tono fino all'anno scor­so, quando riuscii finalmente a capire che cosa era realmente successo al mio amico immortale.
Era la vigilia di Natale quando un tizio bussò alla mia porta e mi chiese di farlo entrare. Io cercai di cacciarlo poiché pensavo fosse un barbo­ne. Era infatti vestito come un rabbino ebreo, sol­tanto che i suoi vestiti neri sembrava non fossero mai stati lavati.
Quando cercai di cacciarlo definitivamente lui disse una frase che mi sconvolse: "Io ti posso aiu­tare, immortale!".
Lo feci entrare immediatamente. Cominciò a par­larmi della sua vita e di ciò che faceva per vive­re, ma non disse più nulla dell'immortalità. Fui io a chiederglielo, ma lui sembrava non desse molto peso alla cosa ed io invece diventavo sempre più curioso.
Alla fine dietro mie forti insistenze parlammo del mio vero problema. L'uomo mi confidò di essere andato a trovare il mio amico tre secoli prima e di essere sempre stato lui a dargli il modo di morire come un essere umano. Rimasi confuso da quelle fra­si: ciò significava che anche lui era immortale op­pure qualcosa di più grande visto che poteva aiu­tarli a morire.
L'uomo continuò a parlare di quella serata in ca­sa del loro amico a convincerlo ad accettare la sua proposta se voleva veramente morire.
Gli chiesi in cosa consisteva tale proposta. L'uomo cominciò a parlare con un tono diverso e ca­pii che la cosa era non priva di interesse da parte sua. Parlava del mio corpo come di una corazza im­penetrabile ma la vera morte si ottiene con la scomparsa dell'anima e ciò era quello che lui pote­va darmi.
Se non avevo capito male quell'uomo avrebbe potu­to darmi la morte umana se io avessi accettato di affidare a lui la mia anima.
Gli chiesi che fine avrebbe fatto il mio corpo, era troppo presente ancora in me il ricordo di quando entrando in casa del mio amico, sentii la sua voce e non vidi il suo corpo. L'uomo disse che il corpo di un immortale non era che corteccia in­distruttibile, ma senza l'anima che gli dà l'immor­talità, sarebbero bastati pochissimi secondi per dissolverlo nel nulla.
Rimasi senza parole, vedevo per la prima volta la possibilità di diventare come un essere umano e fi­nalmente morire. Quel discorso con l'uomo sembrava stranamente il dialogo che si fa con l'impresario delle pompe funebri, solo che in questo caso il morto ero proprio io.
Se dovevo essere sincero, la storia di affidare, o vendere, l'anima ad uno sconosciuto non mi rasse­renava poi molto, però non si poteva neanche crede­re che quell'uomo fosse l'incarnazione del diavolo venuto per conquistare l'ambita anima di un immor­tale.
A crearmi maggiore confusione nella testa rimane­va però il fatto che quell'uomo conosceva il mio amico immortale e dunque sicuramente non era un co­mune mortale.
Decisi comunque di prendere tempo e chiesi al­l'uomo di darmi qualche giorno per pensarci. L'uomo comprese le mie preoccupazioni, ma si affrettò an­che a dire di non lasciare passare molto tempo poiché non sempre è possibile una tale operazione, poi se ne andò promettendo di ripassare tra qualche giorno.
Quella notte non dormii, in preda ai più atroci incubi derivati da quello che mi era stato rivela­to. Ora sapevo dove era finito il mio amico, ma non sapevo se quello era il posto migliore. La mia men­te si contorceva al pensiero di avere una risposta certa, ma l'unica certezza era che quell'uomo mi era venuto a cercare e sicuramente non era venuto senza alcun scopo.
Questa però non fu che la prima parte di quello che mi accadde. Il giorno dopo era Natale, uno dei più tristi di quelli che avevo passato negli ultimi secoli. Verso le nove il campanello suonò. Subito pensai chi potesse essere e immediatamente il mio pensiero andò al vecchio uomo del giorno prima.
Andai ad aprire ma non era lui. La persona era anch'essa anziana, ma era di bell'aspetto, anche se un po' trasandata. Aveva dei baffi lunghi, bianchi e arrotolati sulle punte. Vestite come negli anni trenta, con una bombetta, il gilet sotto la giacca e l'orologio a cipolla che spuntava fuori dal ta­schino.
Chiesi al vecchio di cosa avesse bisogno e rice­vetti in cambio una frase che fu per me una fucila­ta: "Tu devi essere l'immortale".
Anche quel vecchio mi conosceva, ma sembrava più mansueto dell'altro, più buono, più ....
Cominciò a parlare di cose strane, poi ad un cer­to punto entrammo nel vivo della discussione. Il vecchio raccontò di aver conosciuto secoli addietro un altro immortale e di averlo aiutato a morire.
Non capivo più niente, sembrava la ripetizione del discorso che l'uomo vestito di nero mi aveva fatto il giorno prima.
Inutile dirvi che chiesi anche a quest'ultimo di darmi qualche giorno di tempo per riflettere. Anche lui infatti mi propose di affidargli la mia anima in cambio di una morte serena come per il amico.
Lo so che cosa state pensando, che avrei dovuto cacciarli a malo modo entrambi e non ascoltare si­mili fandonie. Ma non posso dimenticare quello che è accaduto all'altro immortale. Lui è riuscito a morire mentre io sono ancora su questa terra.
Ho cercato ripetutamente di analizzare nei minimi particolari i discorsi fatti con i due strani indi­vidui e non potevo assolutamente evitare di esclu­dere alcune considerazioni.
La prima era che entrambi sapevano che ero immor­tale; la seconda che sapevano chi era il mio amico e cosa gli era successo; la terza era che entrambi mi davano la soluzione al mio problema; la quarta era sicuramente la più sconvolgente ed era che uno dei due sicuramente bleffava, cioè non mi voleva certamente offrire una soluzione ma prendermi qual­cosa.
Forse voi che state ora leggendo queste righe vi starete domandando se questa non sia la lettera di un povero pazzo fuori di testa che vede l'inferno e il paradiso in ogni cosa che lo circonda. So per­fettamente che molti di voi penseranno proprio que­sto ma, seppur irreale, dovreste anche ricordare che io non sono come voi, io sto vivendo da oltre seicento anni e non vorrei proprio aspettare di ve­dere la fine del mondo per vedere la morte.
Ammesso sempre che con al fine del mondo io rie­sca a morire. Sono un immortale e questo è un dato di fatto, e forse per voi sembrerà assurdo che io cerchi di morire in un modo così forsennato. Vi di­co soltanto una cosa: tutti pensano che la morte sia la fine di ogni cosa e forse di tutte le cose e pertanto nulla esista oltre la morte e giustamente la maggior parte delle persone teme la morte, ne ha paura.
Ma provate a pensare a chi non può morire, alle sue continue fughe perchè il mondo non lo ricono­sca. E poi quell'altro dubbio che lo tormenta: la fine del mondo per mano dell'uomo o per quella di Dio in persona ed io che rimango solo sulla ..... terra? Ma quale terra? Non esisterà più nulla ed io ci sarò. Ma dove? Io non auguro a nessuno di sve­gliarsi in mezzo alla notte in preda agli incubi dettati da questi pensieri.
Ecco perchè non ho cacciato i due uomini come dei venditori d'aria, perchè intravedevo in loro un barlume di speranza, anche se sapevo che non poteva essere davvero così semplice. Uno dei due mentiva e probabilmente era venuto a trovarmi proprio per e­vitare che l'altro potesse trarmi in inganno. Già, ma quale?
Entrambi dicevano le stesse cose. Se proprio do­vevo fare una scelta forse avrei scelto il secondo poiché era più allegro, più buono, ben vestito e a prima vista poteva essere lui l'angelo mandato a salvarmi. Però era anche vero che il maligno si na­sconde dietro belle parvenze e questo fece crollare il mio fragile castello.
Non ho potuto resistere ad aspettare che una del­le due persone venisse a cercarmi, così ancora una volta sono fuggito abbandonando quei pochi amici che mi ero fatto e quella piccola casa alla quale mi ero affezionato.
Non so cosa fare! Ho paura di prendere la deci­sione sbagliata. Credo che il mio amico immortale possa aver scelto anche lui tra una di queste due persone e Dio solo sa se ha scelto bene. Io però non sono in grado di scegliere.
Ho scritto queste righe per fare in modo che qualche altra persona possa condividere anche solo per un secondo ciò che io sto provando, avendo sco­perto di essere costretto a vivere in eterno.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 12, 2018 ⏰

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