"Dicono che ormai le lettere siano superate. Antiquate, lente e noiose da leggere. Ormai i messaggi ci hanno velocizzato la vita, così come ogni forma di moderna tecnologia, ma io ho la sensazione che la loro apatia, la loro piattezza abbia anche spento un pochino il piacere di un'attesa.
Lo schermo che si illumina, e i nostri occhi corrono a cercare quel nome che speriamo di leggere.
Si è ridotto tutto solo a questo.
E non ti nego di averlo fatto anche io. In quelle sere in cui il cuore cercava più attenzioni del solito, quelle sere in cui la malinconia mi assaliva e mi opprimeva ogni centimetro di corpo, passava per gli occhi fino ad arrivare al cervello ed io non riuscivo ad azzittirla, correvo a guardare lo schermo del telefono anche se sapevo che non avrei trovato nulla.
E il malessere interiore che iniziavo ad avvertire non rimaneva più solo tale.
Cominciava a scavarmi la pelle, la carne, strato per strato, fino a diventare malessere fisico e giungere alle ossa, sgretolandole.
E di me, in quelle sere, non rimaneva niente, perché la polvere in cui erano ridotte le mie ossa se la portava via il vento, con un piccolo sbuffo inclemente.
Allora il bisogno di perdermi tra le pagine di un libro, per non pensare, o di sparire tra le parole messe a caso di una canzone si faceva sentire.
Alcune sere è più difficile di altre. Le sere in cui ti trascini dietro i postumi di una giornata faticosa, che non vedevi l'ora finisse ma che poi quando finisce realmente ti lascia insieme ai quei pensieri e ti rendi conto che preferiresti occuparti un altro po' di cose di cui non ti importa nulla ma che ti distraggono dall'unica cosa che preferiresti non pensare. Lascio che l'acqua mi bagni la pelle e penso a quante volte tu stesso me l'abbia sfiorata, in un gesto che consumava l'anima, nella malizia che possiede il tuo essere.
Parlo della sera perché sai, la sera rende tutto un po' più romantico, ma tu mi sei dentro sempre. In ogni momento della giornata. Quando apro gli occhi, dopo il pensiero "sarà un'altra giornataccia", compare il tuo nome, e dopo il tuo nome compare il tuo viso e so che forse la giornata sarà migliore perché ci sei tu a riempirla, con quel senso di te che non mi lascia mai. Sei costantemente tra le parole che pronuncio, sei negli incroci che vedo per la strada, sei nei colori delle macchine parcheggiate sul vialetto di casa mia. Sei nei nomi dei ristoranti, nei simboli disegnati sui muri. Sei nella musica che ascolto, soprattutto lì. O forse, sono semplicemente io che ti cerco dappertutto, ti vedo dappertutto, anche dove non sei.
Nonostante io tenti di non pensarti, non riesco mai ad essere fedele alla mia promessa. Dopotutto, come potrei? Tu sei quello che mi ha fatto infrangere tutte le regole. Con te sono diventata una persona diversa, sono diventata chi non avrei pensato di diventare. Ma probabilmente, tu hai solo tirato fuori una parte di me che avevo soppresso perché non volevo essere così con nessuno.
La parola "diversa" che tanto mi spaventava, ma che tu hai riempito di sfaccettature positive, e allora ho cominciato ad apprezzarla davvero. Ad apprezzare me stessa un po' di più, e di questo dovresti essere sorpreso, sai? Nessuno ci è mai riuscito.
Ma alla fine, forse divento quella persona solo con te.
Sarà che forse sto esagerando, e quello che abbiamo avuto forse non è stato niente.
Ma tu chiamalo niente, questo legame che ci unisce.
Chiamali niente quegli sguardi, quelle ore, quelle lacrime. Chiamalo niente, questo tempo.
E se anche tutto questo non fosse stato niente, per me è stato il più bel niente che potessero donarmi.
Il niente che ha contenuto tutto.
Per quante cose dovrei ringraziarti? Credo che una lettera non basterebbe, e che arriverei alla fine con la mano che ormai si rifiuta di scrivere oltre. Ma ci sono tante cose per cui dovrei ringraziarti. Prima di tutto, ti ringrazio per avermi fatto innamorare ancora. No, non fa niente che ora il mio cuore sia spezzato e che alla fine questa lettera sarà bagnata dalle mie stesse lacrime. Se adesso il mio cuore è spezzato significa che ha funzionato benissimo fino a questo momento, che ha battuto forte ed ha provato qualcosa che non aveva mai provato prima di incontrare te. Tu che hai girato la chiave ed hai fatto cominciare a muovere quegli ingranaggi così complessi, sincronizzandoli, la famosa meccanica del cuore. Ho sentito, per anni, gli ingranaggi che ogni tanto si fermavano a causa del tempo, della solitudine, della ruggine che il risentimento gli creava attorno, ma poi tu venivi e con mano esperta sapevi già quali corde toccare, quali rotelle muovere e quello cominciava di nuovo a girare, pazzo del suo inventore.
Pazzo di te.
Quindi come potrei non ringraziarti per questo? Grazie per avermi fatto innamorare di te in un modo che nemmeno ho capito ancora. Come tu abbia fatto rimane per me tutt'ora un mistero, e ci ho pensato per giorni fino a quando ha smesso di importarmi.
Ritenevo più importante il fatto che ti avessi nella mia vita, che fossi in ogni mio giorno, costantemente e non mi importava più come fosse accaduto.
Adoravo il fatto che nessuno sapesse di te, a parte pochi amici fidati. Adoravo ciò che diventavamo noi due, nella tranquillità dei ritagli di tempo cucito dalle nostre mani, e adoravo il fatto che questo fosse un mistero per tutti quelli che ci conoscevano. Adoravo il nostro modo di desiderarci, in una stanza gremita di persone ma riuscire a parlarci come due conoscenti qualsiasi. Come due amici che si rivedono dopo tanto tempo ma non hanno niente di interessante da dirsi.
Ricordo così vividamente quelle serate.
Le serate in cui le luci erano soffuse, tu eri da una parte ed io da un'altra, e nonostante questo, ci cercavamo con lo sguardo ogni minuto in cui gli occhi non erano occupati a guardare persone di cui in quel momento non ci importava.
Gesti innocenti, parole di cui solo noi conoscevamo il reale significato, persone che ti attorniavano, ragazze che ti sorridevano e la mia gelosia che arrivava alle stelle.
Eravamo così ciechi da non vedere che eravamo capaci di farci del male anche stando fermi.
Anche stando in silenzio.
Rimpiango le volte in cui ti trattavo male perché la meccanica si era inceppata di nuovo, ma tu non potevi allungare la tua mano e mettere apposto gli ingranaggi perché non era il momento.
Non era il luogo.
Tutto quello che volevo, in quei momenti di debolezza era perdermi tra le tue braccia, ma non potevo dirtelo perché avrei valicato una linea che avevamo deciso di tracciare insieme, di comune accordo.
Una linea di confine, oltre la quale il fuoco era aperto e pioveva su di noi come se non avessimo più un posto dove ripararci.
Mi rendevo conto che la tua presenza era più importante di tante altre che fingevano di riempirmi le giornate, ma che alla fine erano soltanto minuti in più in quella fretta che mi spingeva a tornare da te.
A rifugiarmi sempre da te anche se non sapevo dove fossi, con chi fossi.
Nonostante i piani non fossero questi, noi avremmo dovuto saperlo. Avremmo dovuto sapere che la vita tesse i fili degli eventi un po' come vuole e ci fa camminare verso l'orizzonte che ha già disegnato per noi.
Sapeva che un giorno saresti comparso a bordo della nave di cui sei il capitano e avresti cominciato a tessere le trame di un'esistenza che non riusciva più a vederti estraneo.
Di un'esistenza in cui ti sei fatto spazio poco alla volta, senza fretta, senza pretese. Hai preso la mia vita centimetro dopo centimetro, hai acquistato tempo, giorno dopo giorno, fino a diventarne parte integrante.
E poi, un pensiero buffo ha cominciato a sfiorarmi la mente, e a diventare sempre più costante.
Non potevo più fare a meno di te.
Un pirata vestito con l'esperienza di chi ne ha viste tante, vestito di parole giuste, di discrezione e sguardi complici.
Più mi impegnavo a volerti vedere soltanto come una persona in più nella mia vita, più la scusa non reggeva.
E nemmeno il cuore.
Si era stancato di credere a questa bugia che avevo deciso di raccontarmi per non soffrire, di ascoltare le assurdità che la ragione gli propinava ogni giorno, con la propedeuticità di una farmaco.
Perché? Perché allora tu non eri mio.
Non potevi esserlo ed ogni azione che mi spingeva verso di te doveva essere soffocata, repressa.
Ma io sapevo che mi facevi stare bene.
E sebbene ci abbia provato con tutto il cuore a gettarmi a capofitto in qualcosa che non fossi tu, io sapevo che eri il sole dentro una stanza mentre fuori pioveva ed io, bagnata fradicia, mi lasciavo asciugare dal tepore che il suo sorriso era capace di regalarmi.
Credo, col senno di poi, che sia praticamente impossibile conoscerti e non innamorarsi di te.
Io mi sono innamorata anche dei tuoi difetti, così tanto fino ad arrivare ad ignorarli.
Non so quanto sia normale.
Scusami per queste mie parole scritte un po' a caso, ma fino a qualche anno fa avevo soltanto sentito parlare d'amore, non l'avevo mai provato sulla mia pelle ed ora sto cercando di riconoscerne i sintomi, come fosse una malattia, ed annotarli su un taccuino per poter redarguire anche chi mi sta accanto, chi voglio bene e chi mi ha preso la mano tutte le volte che tu non c'eri per prenderla.
Ma le persone continuano ad ammalarsi d'amore, e credo vada bene. Credo vada bene finché non si ammalino di te.
Perché voglio essere l'unica ad ammalarmi di te, anche se questo va meno bene.
Perché mi sono ritrovata ad essere quasi dipendente da tutto ciò che ti riguarda. Dipendente dall'odore della tua pelle, dalla tua voce che cambia di tono a seconda della stanchezza, del colore dei tuoi occhi che non riesco mai a ricordare perfettamente, ma che sono di un azzurro solo tuo.
Un azzurro che è stato creato solo per te, che non ho mai visto su nessun altro.
Mi sono resa conto di non riuscire a pronunciare una sola frase senza inserire anche per sbaglio il tuo nome, ed è grottesco.
So per certo che per te non sia così, ma sai, non mi è mai interessato più di tanto.
Perché io so che ti voglio nella mia vita, anche se dovessimo scendere a compromessi.
Io che a compromessi non sono mai scesa.
Ti voglio nella mia vita nonostante le mancanze, le lacrime, le volte in cui vorrei soltanto voltarti le spalle e sbattere la porta.
Nonostante i silenzi che ci uniscono come piccoli miracoli, le volte in cui maledico il giorno in cui le nostre strade si sono scontrate violentemente, come se la vita non aspettasse altro che noi due.
Come se i nostri volti fossero destinati a riconoscersi da sempre, ma i nostri occhi si sono incontrati con qualche anno di ritardo, scombussolando ogni cosa. "L'amore esiste, ma è sfuggente. Non è facile custodirlo" mi dicesti una volta, quando io ti dissi che nell'amore non ci credevo.
In quel momento ci credevo, ma mi convincevo che forse sarebbe stato meglio non farlo.
Fingere di essere una macchina inanimata, di essere una di quelle donne che riesce a dire di no e portare avanti quella parola fino in fondo.
Non rimpiango le scelte che ho fatto.
Non rimpiango ciò che sei stato per me, ciò che sei e ciò che sarai.
Chi rinnega il proprio passato, rinnega sé stesso ed io non avrei motivo di farlo.
Sei stato lo scontro più bello che potessi avere.
Sei stato sempre il mio giorno più bello, la mattina più luminosa, il mare più limpido, l'aria più fresca, il tempo meglio speso.
Sei sempre stato più di quanto abbia mai voluto o mi sia mai aspettata dalla vita.
Il mio esserti totalmente devota non è mai stato un sacrificio per me. Avrei voluto che sapessi che non ho mai visto nessun altro accanto a me, nella mia vita, se non te.
Avrei voluto che sapessi che ho passato serate intere aspettando un tuo messaggio che, Dio ti benedica, arrivava sempre.
Non ti ho mai chiesto niente ed ho avuto sempre tutto prima che potessi chiedertelo.
Non sei mai stato orgoglioso. Per me, hai messo da parte tutto. Hai sempre fatto il primo passo, nonostante a volte non lo meritassi.
Nonostante tu volessi dimostrare a tutti che non fossi così, sei sempre stato più buono di tante persone che fingevano solo di esserlo.
Non ho mai avuto bisogno di elemosinare attenzioni, tu me le hai sempre offerte senza che ti dicessi nulla.
Avrei voluto che sapessi che non ho mai immaginato altre mani, altre labbra, altri occhi al di fuori dei tuoi.
Non sono mai riuscita ad immaginare un corpo nel mio letto che non fosse il tuo.
Ma ancora adesso, dopo tutto questo, se dovessero chiedermi cos'è l'amore io non saprei rispondere.
Forse rimarrei ferma, con l'espressione smarrita, proprio come quella che avevo sul viso quando ti ho visto per la prima volta.
Ero una persona completamente diversa, allora.
Tu mi hai presa per mano e mi hai fatto attraversare la burrasca, una delle più violente a cui abbia mai assistito.
Vedevo le vele della tua nave piegarsi sotto le pesanti sferzate del vento, ed io che mi aggrappavo al corrimano per non cadere.
E mi ci è voluto uno sforzo enorme per restare in piedi.
La burrasca che ha colpito la tua nave ed il mio cuore è durata troppo, troppo tempo.
E quando l'ennesimo sbuffo d'acqua fredda mi ha colpito il viso, ho pensato di non farcela.
Ho pensato che forse eravamo arrivati al capolinea, e che non sarei riuscita a vedere la fine della tempesta.
Che non avrei mai più visto il sole, la terra ferma, l'isola incontaminata dove ci eravamo visti per la prima volta.
Ma poi ti vedevo.
Vedevo con quanta energia manovravi il timone, vedevo il tuo sforzo, i tuoi occhi azzurri velati di preoccupazione, vedevo come cercavi di dividerti tra il tuo desiderio di proteggere me e il dovere che ti muoveva a difendere la tua nave.
Dall'impedirle di affondare. Sai qual era la mia preoccupazione? Che se fosse affondata, tu saresti affondato con lei. Che non l'avresti mai abbandonata.
E allora come avrei mai potuto lasciarti da solo nel bel mezzo dell'oceano?
Così ho deciso di tenere duro e di aiutarti a manovrare il timone di quella nave che stavo odiando, ma che per te significava così tanto.
E allora al Diavolo, ti avrei aiutato ad uscirne. Capisci, mio pirata, cosa abbiamo attraversato? Cosa io ho attraversato solo per averti ancora accanto?
Perché ancora adesso non riesco a dimenticare la tua mano che stringeva la mia quando credevo che l'oceano ci avrebbe inghiottito con sé, per sempre.
Ed avrei preferito restare ancorata al fondo dell'oceano insieme a te per l'eternità, piuttosto che vederti sparire con la tua nave malconcia ancora una volta.
Però poi la nebbia ha cominciato a diradarsi, il vento si è calmato, la pioggia ha smesso di unirsi con l'oceano.
Ti ho lasciato la mano e da lontano ho scorto un profilo familiare. Il sole aveva ricominciato a splendere e l'isola è comparsa davanti ai nostri occhi.
Migliaia di ricordi hanno cominciato ad offuscarmi i pensieri quando l'odore delle palme e la vista della sabbia bianca si sono presentate davanti a noi.
Il pirata dal cuore nero come i suoi capelli.
Ricordi?
E tutto questo non è solo una metafora, sai.
Prima di conoscerti mi è sembrato davvero di vivere in apnea. Di vivere su un'isola deserta che tu sei riuscito a popolare con la tua sola presenza.
E sebbene prima di te mi sembrava che non mi mancasse nulla, mi sono accorta che forse non è mai neppure esistito un tempo in cui tu non ci fossi. Non è mai esistito un "prima di te".
Ti stavo aspettando e non lo sapevo.
Stavo aspettando quel pirata errabondo, col cuore scisso tra due amori, e così indeciso da non riuscire a lasciar andare nessuno dei due.
Me e la sua nave.
Ma forse, per te, avremmo potuto coesistere.
Forse avremmo potuto conciliare il tuo desiderio di terra ferma con il richiamo dell'oceano.
Il richiamo del mare e delle sirene incantatrici sono qualcosa a cui un pirata non può resistere, vero?
Ma voglio che tu sappia che io sono qui.
Sono qui, a contare le conchiglie e ad ascoltare il rumore del mare che mi circonda, ma che io riesco a non odiare solo quando torni da me.
Sono qui, e aspetto fino a quando l'oceano non ti trascinerà di nuovo via con sé.
Perché so che accadrà.
Ed io non ti fermerò. Non ti fermerò mai. Non si può pensare di dividere un pirata dal mare.
Un pirata dalla sua nave.
Quando ho scelto di amare un pirata, l'ho messo in preventivo.
Ma i tramonti qui sopra non mi sono mai dispiaciuti. Certo, i più belli sono quelli che ho condiviso con te, ma forse potrei abituarmi ancora una volta a questo posto.
Ogni volta che ti ho lasciato andare, sei sempre tornato.
Sei tornato con un pezzo di terra che poi hai condiviso con me, con una storia nuova che non vedevi l'ora di raccontarmi.
Cos'è l'amore per te, capitano?
Non te l'ho mai chiesto. E sebbene so che non leggerai mai questa lettera, perché la lascerò all'Oceano che tu ami tanto perché ne faccia buona guardia, avrei voluto che sapessi queste cose.
L'avrei davvero voluto.
Avrei voluto che sapessi che preferisco passare cent'anni ad aspettarti qui sopra, piuttosto che amare qualcun altro.
E quindi che cos'è l'amore, per me?
Non lo so.
Ma so che per te ho imparato ad accettare l'Oceano. Ho imparato ad accettare l'amore per la tua nave. Ho imparato ad accettare i viaggi e la distanza. Ho accettato il sale sulle ferite del cuore e dell'anima, il tempo e la pioggia.
Ma ho avuto il sole. Ho avuto il sole e ho avuto te.
E non importa quante altre volte dovrò attraversare la tempesta, sono pronta a farlo se sarai disposto a dividere il viaggio con me.
Il rischio, con me.
Adesso la lascio all'Oceano, e se le maree saranno clementi, forse ti arriverà.
Sappi che questi cento anni sono passati in un battito di ciglia.
Cento anni, una vita, non importa.
Ti vedo, all'orizzonte".* * *
Spazio dell'autrice.
"Se questo fosse l'ultimo orizzonte della mia vita, vorrei ci inghiottisse, ci facesse sparire, ai confini del mondo, per tenerci insieme, una volta per tutte e non farci separare mai più".
Credo non ci sia bisogno di dire altro.
Ognuno ha il proprio orizzonte.
Il mio, lo ha disegnato un pirata.Emma.
STAI LEGGENDO
The last horizon || One Shot
Short Story"Viviamo tutti sotto lo stesso cielo, ma non tutti abbiamo il medesimo orizzonte". (Konrad Adenauer)