A metà

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Era venuto a saperlo così, per caso. Un suo collaboratore se n'era uscito con un: "Sai che Ermal ha detto che vi siete lasciati?", per poi sorridere. Peccato che lui non avesse capito, né avrebbe potuto immaginare cosa significasse quella frase, quindi lo guardò confuso, mentre l'argomento cadeva, perché era arrivato il momento di uscire dall'auto, dato che gli impegni incombevano su di lui come la Spada di Damocle.

Non ci pensò per tutto il pomeriggio, ma la sera, una volta tornato in albergo, gli tornò in mente. Così, dato che aveva saputo dell'intervista a cui aveva partecipato l'amico quella mattina, condotta da Radio 105 a Milano, la cercò su internet per ascoltarla, pensando che magari avesse parlato di lui in quel lasso di tempo.

Si infilò nella doccia, dopodiché indossò una tuta e si sedette sul letto, il computer portatile di fronte a lui appoggiato su di un cuscino ed un pacco di biscotti sul comodino. Ascoltò attentamente le sue parole, talvolta annuendo, in segno di approvazione, talvolta ridacchiando. Quello che lo colpì fu una parola che Ermal pronunciò: Mamihlapinatapai. Sembrava uno scioglilingua. Spiegò anche il significato, ovviamente, cioè che questo termine descrive essenzialmente l'atto di guardarsi reciprocamente, sperando che l'altra persona faccia qualcosa che entrambi desiderano ardentemente, ma che nessuno dei due vuole compiere per primo. Al che, uno dei due speaker della radio l'aveva citato, dicendo: Un po' come te e Fabrizio Moro. Gli sfuggì uno sbuffo, mentre tratteneva una risata in gola, soffocata dalla risposta di Ermal ad una seconda domanda: Vi siete lasciati?

Sì.

Quella parola rimbombò nella sua testa come una pallina da tennis che colpiva un muro in una stanza vuota. Era uno scherzo fra di loro, Ermal aveva liquidato tutta la polemica attorno a questa storia con una battuta e due risate, mentre lui ci era a malapena entrato, più che altro perché non aveva avuto il tempo materiale per pensarci. Ma ora, mentre tutti dormivano, mentre l'orologio batteva quasi l'una di notte, lui non riusciva a smettere di pensarci. Aveva messo in pausa l'intervista, non riuscendo a focalizzarsi più su altro che non fosse quella risposta.

Si alzò dal letto e cominciò a passeggiare per la stanza. La pallina continuava a rimbalzare contro le pareti del suo cervello, martellandogli le meningi.

Sai che Ermal ha detto che vi siete lasciati?

L'eco non lo lasciava più in pace. Quelle parole continuavano a ballare il valzer, ininterrottamente, costantemente.

Vi siete lasciati.

Non erano mai stati insieme, per la verità. Non ci avevano mai neanche provato. Non avrebbe avuto senso, erano solo amici. Eppure, asserire questo gli spezzava il cuore. Essere solo amici gli spezzava il cuore.

Prese il telefono fra le mani, il dito scivolò verso il basso nella rubrica, finché non trovò il numero di Ermal. Non voleva svegliarlo, non voleva che gli rispondesse male, non voleva farlo stancare ulteriormente, ma aveva bisogno di sapere, di sentire la sua voce. Aveva bisogno di fare un passo verso di lui, mentre il cuore continuava a cadergli nello stomaco, un po' come Alice nella tana del Bianconiglio. Quella era stata l'ultima storia che aveva letto a sua figlia, prima di partire per Sanremo. Alice.

Chiuse gli occhi, prendendo un bel respiro. Due squilli. Se avesse risposto dopo di quelli, gli avrebbe parlato, altrimenti l'avrebbe lasciato in pace. Era una scommessa insensata, pensò, mentre stringeva il cellulare. Era un'idea talmente stupida, che se l'avesse avuta Ermal, avrebbe riso ed avrebbe messo giù il telefono divertito. Ma l'aveva avuta lui e non riusciva a scherzarci su.

Fece partire la chiamata, sempre sforzandosi di rimanere calmo e di respirare.

Uno squillo.

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