ZUCCHERAMI

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HanSol Vernon si specchia tutte le mattine negli occhi della madre, si vede stanco ma sorride. Un bacio sulla guancia e il suo riflesso si scioglie sotto la pioggia delle 07:03, le scarpe si bagnano e i capelli pure.
Impreca, avanza il passo e affonda le mani nelle tasche dei jeans a volte stretti e altre larghi, sfiora gli anelli freddi che gliela ricordano e cerca di tenere la bocca chiusa e i pensieri sigillati quando passa dal fioraio.
Ma stamattina fanculo, tre rose bianche e una rossa. Le mani tremano quando le prende, tutte le mattine tremano al suo pensiero.

Non corre però, si gusta il pensiero di lei attaccato nella sua testa come il poster di Joey Jordison sul muro macchiato di pensieri della sua stanza.

Lentamente arriva: passa davanti alla libreria e in cinque minuti è dentro, si perde tra le copertine monocromatiche e quelle incasinate poi tra i CD di voci che lui ignora. Stringe gli steli armati in una mano e l'altra cerca il filo delle cuffiette indaco che lei ha rubato nel negozio perchè troppo costose.
«Poi sono tornata a pagarle, ho fatto bene?»
HanSol vorrebbe risponderle che qualsiasi cosa lei faccia è un bene, ai suoi occhi lei è la più bella dei concetti astratti che diventano concreti. Perchè grazie a lei, lui l'amore lo può baciare.
Lo sente.

Fa partire la musica, quella che gli anziani commentano perchè il volume è sempre troppo alto e loro sempre immersi in una gioventù che ci invidiano. Per strada una o due persone gli lanciano sguardi di rimprovero ma lui non li afferra.
Lei sta lì sempre più nitida, più reale.

Arriva, quando apre la porta sono le 07:58. Lei dieci minuti e sta lì, lo sa già ma per questo arriva prima.
Perchè quando Anthea arriva, è così bella che sembra essere uscita da uno dei libri di storia che HanSol divora prima di un'interrogazione.

È sabato mattina e lei ha freddo quando incrocia gli occhi di lui, arrossisce. Nella tasca le Marlboro Gold ancora sussultano, l'ultima volta che lui le ha accarezzate ancora ricordano.

Li abbassa subito poi, i suoi occhioni grigi, corre dietro l'enorme bancone di legno con la sciarpa che le copre metà bocca e con il respiro affannato si scusa.
«Ho fatto di nuovo tardi, mi dispiace»
Il suo amante seduto a poco da lei, sorride: la conosce troppo bene da sapere che ha fatto tardi cantando davanti lo specchio una di quelle canzoni da discoteca anni 80.
Appoggia il metto sul palmo aperto della mano destra e rimane a guardarla mentre, con il naso freddo e lo sguardo concentrato, si lega velocemente i capelli in uno chignon. Quanto diavolo è bella, continua a pensare mentre il respiro si spezza nonostante l'abbia vista innumerevoli volte.
Poi lei sorride, sorride nonostante le borse sotto gli occhi e HanSol crede d'esser finito in paradiso. Così preso da lei manco s'è accorto della piccola folla di persone sparse per il caldo locale: si perde, quindi, ad osservarla ancora che cammina impacciata tra i tavoli.

«Oh Anthea mia, oggi sei da togliere il fiato» glielo sussurra quand'è vicina, il taccuino tra le mani balla e le labbra fremono.
Gli occhi incontrano quelli di lui e dietro essi HanSol rivive le scene della sera precedente: la pelle della ragazza bianca sotto la luce della luna, la sua maglia nera che le sfiora la pelle delle cosce, la sua risata timida e i suoi baci.
Arrossisce, ancora, scrive velocemente qualcosa sulla carta riciclata e mordicchia il tappo della penna nera
«Io non respiro al tuo solo pensiero» gli risponde, poi scompare.

Lui ride, con il cucchiaino disegna dei cerchi sul fondo del caffè zuccherato e apre uno dei libri rubati dalla libreria nel piccolo appartamento di Anthea: rivede tra le pagine, il riflesso di lei e diventa geloso di quella carta che può raccontarla. Di quella carta che lei sfiora. Sente di nuovo, sulla carne tenera che c'è tra il collo e la clavicola sinistra, il ricordo dei morsi che nei momenti di passione lei si lascia sfuggire.
Una volta d'impulso ,dopo essere rimasto ore a guardarla leggere, le aveva chiesto perchè ogni volta prima di spogliarsi per fare l'amore, lei rimanesse troppo tempo con le vesti addosso
«io con te l'amore lo faccio anche vestita, guardandoti» e lì il cuore del povero diciasettenne non aveva retto, s'erano formate delle lacrime agli angoli dei suoi occhi scuri. Quelle piccole lacrime sono tutt'ora motivo di gran vanto per Anthea, che le tiene nel cassetto più importante del suo cuore.

Quando ad HanSol portano la fetta di crostata al limone, ad Anthea le gambe tremano perchè sa che poi, finito quel dolce peccato, lui se ne andrà. Così corre, i caffè ai loro tavoli e i cornetti sfornati che scottano le labbra amanti, al tavolo più vicino a quello del ragazzo e si ferma a guardarlo: con gli occhi percorre la sua figura: si sofferma anche lei sulla pelle del collo macchiata di segni rossastri che prima spariranno ma poi saranno scordati. Sorride appena e quando lui si alza per andare verso la cassa, lei corre e rimpiazza HyeJin.
La compagna alza gli occhi al cielo, fingendo d'esser stufa di tutta quella dolcezza: in realtà preferisce la storia dei due ai film francesi che scarica sul computer.

Poi ecco il momento più atteso, il vero inizio della mattina: lui le porge i soldi e le loro dita si sfiorano, si cercano per qualche secondo e poi si lasciano. HanSol va via, sono le 09:03 del mattino e lui è innamorato: sa perfettamente che ritroverà le mani di lei la sera stessa tra un paio di lenzuola stropicciate e un abbraccio che sa di loro.

 HanSol va via, sono le 09:03 del mattino e lui è innamorato: sa perfettamente che ritroverà le mani di lei la sera stessa tra un paio di lenzuola stropicciate e un abbraccio che sa di loro

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