hana.

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Jean si guardò intorno.
Sangue, ovunque.
Sangue umano, di un rosso scarlatto, brillava alla luce del tramonto.
Sangue che sembrava piovere dal cielo.
Il terrore dipinto sui volti dei pochi corpi che un volto lo avevano ancora.
Pezzi di cadavere sfracellati ovunque.
Un'altra città distrutta.
Un'altra missione fallita.
Poi lo vide.

Un Classe 7 metri, nascosto dai palazzi, si avvicinava lentamente ad un edificio in particolare.
Il ragazzo, a metri di distanza, non riuscì a capire cosa quel gigante volesse fare.
Che fosse dotato di intelligenza? Jean ne dubitava.
Provò ad utilizzare il Movimento Tridimensionale, ma non riuscì a sollevarsi, aveva finito il gas.
Osservò la zona dove si trovava, era isolata e lontana rispetto a dove erano rimasti tutti gli altri, anche per andare lontano da lì, ignorando il Gigante, avrebbe dovuto usare la Manovra.     Non sapendo cosa fare, lanciò un fumogeno: forse qualcuno dei sopravvissuti avrebbe capito che c'era qualcuno di vivo.

Aspettò qualche minuto, e poi, fu spettatore di una scena agghiacciante:                                                              Una zazzera bionda, un corpo esile, aveva la gamba piegata in una strana angolazione, rotta , accasciato sul tetto del palazzo verso il quale il mostro si stava dirigendo, La sua attrezzatura distrutta, le bombole gettate a metri da lui, le lame altrettanto lontane, in direzione opposta.
Jean non voleva crederci.
Non ora, non lui.

Il ragazzo sentì la gola bruciargli mentre le lacrime gli inondavano gli occhi scuri. In un tentativo disperato, provo ad avvicinarsi, finendo solo, per miracolo, sul tetto di un altra abitazione.  Il gas era definitivamente terminato.
Jean soffocò un urlo di dolore, osservando la città fantasma. Non c'erano altri sopravvissuti.
Cosa avrebbe potuto fare?
Nulla, si rispose da solo.
Sarebbe dovuto rimanere a guardare, per una seconda volta.

Il Classe 7 metri fece gli ultimi passi e si fermò davanti al corpo di quel Dannato.                          Fece un largo sorriso, mentre allungava una mano, quel corpo così delicato, macchiato di sangue che, con il respiro mozzato, si limitò ad alzare di poco la testa.
Non avrebbe dovuto farlo, decisamente no.
Gli occhi di zaffiro di Armin Arlert, lucidi e pieni di paura, incontrarono quelli del ragazzo moro. Ed in quel momento, Jean crollò.                                                                                                      Urlò il nome del ragazzo, più e più volte, lasciandosi andare alle lacrime, cadde in ginocchio, quasi rischiando di cadere dal palazzo, ma poco gli importava. Percepì un freddo gelido insinuarsi in lui, mentre un grosso vuoto all' altezza del petto sembrava starlo risucchiando. Jean poté giurare di aver visto il biondo mimare con le labbra qualcosa, prima di chinare la testa, incapace di fare qualsiasi cosa, lasciando il più grande in balia del ricordo di quello sguardo, del suo ultimo sguardo, mentre le urla disperate attirarono l'attenzione del divoratore.         
Con il corpo gracile di Armin fra le dita, si voltò a guardarlo, con un sorriso beffardo, quasi a prenderlo in giro per la sua impotenza.                                                                                                       Il biondo non urlò, né si mosse.

Forse troppo stanco, forse incapace di riuscire a guardare il moro ancora.
il Gigante sollevò la mano in cui teneva stretto il Dannato, senza smettere di fissare Jean con quel sorriso, con quel ghigno, poi spalancò la bocca.                                                                            Il sangue di Armin Arlert andò a macchiare Jean Kirchstein, mentre un Classe 7 metri gli dava le spalle, lasciandolo solo a crogiolarsi nel suo dolore.
"Uccidimi.", implorò.
"Uccidimi!", urlando, questa volta, con rabbia mescolata alle lacrime.
Il Gigante si voltò, solo per poi continuare a camminare.
La testa del moro cadde in avanti, si prese il volto fra le mani sporche di sangue.

E pianse.

Si lasciò andare alle emozioni che, fino all'arrivo del biondo, aveva cercato di nascondere, per paura degli esterni.
Urlò, urlò finché non senti la gola chiedere pietà.
Versò tutte le sue lacrime, immobile, in preda al ricordo così recente della sera appena passata.

———
🍁 ( flashback )
———


Jean spalancò gli occhi, il respiro affannato e la fronte sudata, reduce dell'ennesimo incubo.
Deglutì, cercando di calmarsi e di non piangere mentre il ricordo di Marco era fermo nella sua mente.
Una piccola mano si mosse, accarezzandogli un braccio.
Il moro riconobbe il compagno di stanza, Armin.
Prima che iniziasse ad avere incubi non si erano mai parlati, anche se, a dire il vero, ogni volta che il biondo aveva provato a fare conversazione, era stato liquidato velocemente.
Il moro lo aveva sempre trovato un bambino attaccato ad Eren Jaeger come una cozza.
Non conosceva nulla di Armin, eppure lo aveva giudicato disgustoso, data la vicinanza al Ragazzo-Titano.

„So long to all my friends,
Every one of them met tragic ends
With every passing day,
I'd be lying if I didn't say
That I miss them all tonight„

Si dovette ricredere, il compagno di stanza non era per niente disgustoso, anzi.
Dalla morte di Marco, era stato assalito dal suo ricordo ed il biondo, ogni notte da allora, gli aveva fatto compagnia.
Senza fare troppe domande, gli era semplicemente rimasto accanto, accarezzandogli i capelli e lasciando che finisse le lacrime con la testa sulla sua spalla.
Sapeva che Armin era stanco da morire, glielo si leggeva in faccia dalle profonde occhiaie violacee e dal volto pallido e smunto.
Glielo aveva ripetuto varie volte, ma il più piccolo gli aveva semplicemente risposto: "Va bene così.", accennando un sorriso.
Jean si sentiva in colpa, ma sapeva anche di avere un vero e proprio bisogno del biondo.

"And if they only knew what I would say if I could be with you, tonight,
I would sing you to sleep,
Never let them take the light behind your eyes.
One day, I'll lose this fight, as we fade in the dark,
Just remember that you'll always burn as bright„

Aveva bisogno di sentirsi coccolato, aveva bisogno di avere una mano da stringere durante i suoi incubi peggiori, bisogno di una spalla su cui piangere, di una mano che lo accarezzasse in silenzio, senza pretendere di sapere troppo, aveva anche bisogno di quella carezza in particolare che gli lasciava sulla guancia, quando credeva fosse addormentato, come si fa con i bambini.
Il biondo gli aveva offerto tutto questo, senza badare ai trattamenti ricevuti in precedenza.
Che lo facesse per pena? Non ci credeva, o forse non voleva crederci.

"Vieni qui, su."
Il sussurro delicato del compagno di stanza lo distolse dai suoi pensieri e si avvicinò , stringendosi al ragazzino così diverso da lui, scoppiando in lacrime con la testa sul suo petto.
Senti le braccia del più piccolo cingerlo, con una mano che gli accarezzava i capelli.
"Vuoi un po' d'acqua ?", il moro fece segno di no con la testa.
Armin continuò a stringerlo fino a che non si fu calmato, lo aiutò a stendersi e, quando credette fosse addormentato, come ogni notte, gli lasciò una carezza sulla guancia, seduto sul bordo del letto, ad osservare il ragazzo più grande illuminato dalla luna per qualche secondo.

Al contatto con la piccola mano del ragazzo, Jean aprì gli occhi.

„If you promise not to cry,
Then I'll tell you just what I would say
If I could be with you tonight
I would sing you to sleep,
Never let to take the light behind your eyes„

Armin credette di aver perso un battito, avvampò e farfugliò scuse profonde.
Jean sorrise ed allungo una mano verso di lui,
Titubante, Armin la prese, mentre veniva trascinato di fronte al ragazzo, il suo petto contro quello dell'altro.
Entrambi avvicinarono il viso a quello del ragazzo di fronte a loro, e fecero scontrare le loro labbra in un bacio casto, delicato, pieno di amore.

„Never fade in the dark,
Just remember you will always burn as bright,
For the light behind your eyes,
The light behind your eyes„

Perché Jean era innamorato di Armin.

Ed Armin era innamorato di Jean.

Ma la morte li aveva separati decisamente troppo presto.

"We'll say goodbye today,
And I'm sorry how it ends this way"

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