Can you hear me screaming "please don't leave me"?

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La mano della werecoyote premeva sulla maniglia, traboccante di paura come mai lo era stata prima d'ora. Sembrava quasi comico da dire, ma era così: lei, Malia Tate, la ragazza che aveva vissuto per otto anni tra le insidie e i pericoli dei boschi in un corpo che non era nemmeno il suo, aveva paura di aprire una dannatissima porta. 

Aveva paura, sì, a dirla tutta era quasi terrorizzata ma non tanto per ciò che avrebbe trovato dentro – dopotutto, conosceva ancora a fondo ogni singolo particolare di quella stanza – , bensì per i ricordi che si sarebbero riversati come una cascata su di lei e a cui non era decisamente pronta; a questo, nei boschi, non si era preparata. Come d'altronde non era mai stata preparata alla morte della propria famiglia, e a tutte le conseguenze che ne sono derivate poi al più tardi; se chiudeva gli occhi, poteva ancora visualizzare il sangue della madre sopra i propri artigli e gli occhi vitrei di quest'ultima, rivolti per puro caso verso Malia come ad accusarla più di quanto non lo facesse già da sola, mentre il suo corpo si faceva sempre più piccolo sotto i suoi occhi e prendeva lentamente un'altra forma, una forma più selvaggia e animalesca che avrebbe riconosciuto come sua per i successivi otto lunghi anni. Malia si prese qualche secondo per calmarsi e scacciare via quei flashback dalla testa, fin quando non aprì gli occhi e rifletté: il karma probabilmente doveva avercela con lei, e la ragazza era più che pronta a pagarne tutte le conseguenze. Dopotutto, si disse, se lo meritava.

I minuti passavano e l'immobilità della ragazza avrebbe fatto invidia ad una statua, la mano che ancora indugiava sopra il ferro vecchio della maniglia della porta che conduceva alla cameretta della sorella. Da quando il suo corpo era tornato ad avere sembianze umane Malia aveva atteso con ansia quanto con una certa angoscia quel momento e preoccupandosi sempre di tenere precise distanze da quella stessa porta, o almeno questo fino a quel momento. ' Oh, al diavolo! ' , con queste parole Malia buttò fuori tutta l'aria dai polmoni e con un colpo secco aprì la porta, storcendo leggermente il naso quando venne investita dai molteplici odori di polvere e muffa, come se la porta della camera non fosse mai stata aperta prima di quel momento, cosa che probabilmente era vera.

Malia fece titubante qualche passo e chiuse gli occhi, inalando il profondo odore di chiuso e passando in rassegna tutti i ricordi di cui erano protagoniste lei e la sorella proprio in quella stessa stanza, alle risate delle due bambine che un tempo coloravano le pareti biancastre malinconiche e decisamente inadatte a fare da tappezzeria alla cameretta di una bambina di appena sette anni. La camera era esattamente come la ricordava, i pupazzi e i bambolotti dai nomi più originali e differenti – tranne due, i due bambolotti dai nomi Booh & Booh, chiamati così dalla sorella minore per motivi del tutto ignoti alla giovane werecoyote – giacevano leggermente obliqui sul letto e sopra la cassa in legno ai piedi di quest'ultimo, e non potè fare a meno di pensare che se Kylie li avesse visti così soli e tristi – per quanto effettivamente degli esseri inanimati costituiti da stoffa e cotone potessero essere tristi – sarebbe corsa ad abbracciarli, donandogli un po' del proprio amore proprio come era solita fare con tutti quanti. Quante volte l'aveva fatto con Malia, quante volte la piccola era riuscita a liberare la sorella da un po' di tutta quella rabbia che sempre portava addosso come fosse un macigno, ad oltrepassare quelle fortezze invisibili che Malia sempre innalzava intorno a sé e che solo Kylie era in grado in un qualche modo di spezzare, lei soltanto; nonostante la sua giovane età, Kylie aveva una grande e fiera intelligenza e un cuore che grande lo era almeno il doppio.

Mentre girava con circospezione la stanza un pupazzo, un elefantino celeste di pezza catturò l'attenzione della ragazza la quale, andando contro il suo subconscio che le ordinava di fermarsi si avvicinò ulteriormente e prese Pheelo - questo era il suo nome - tra le proprie mani, ricordando quanto la sorella fosse affezionata a lui e a come lo portasse sempre ovunque con grande orgoglio, come solo una bambina di sette anni effettivamente potrebbe fare. La presa di Malia in quel momento su Pheelo era estremamente cauta e non si azzardava ad aumentare troppo la presa, quasi avesse paura che ad un suo tocco eccessivo sparisse e la abbandonasse anche lui, proprio come Kylie aveva fatto. 

Malia trattenne il respiro per qualche secondo, e nonostante si fosse promessa più volte di non farsi prendere dalle proprie debolezze ben presto le lacrime solcarono con fare ininterrotto il suo volto, e la ragazza non fece niente per rimandarle indietro; quella era la prima volta che si lasciava andare ai propri sentimenti così, in un modo talmente umano che se possibile la spaventava ancor di più di quella stessa situazione. Come aveva fatto la sua vita a finire così, a prendere questa svolta così terribile e inaspettata? Come aveva fatto lei, una bambina a quel tempo di appena nove anni, a diventare in pochi secondi un tale mostro? Queste domande, però, non possedevano una risposta, e forse mai l'avrebbero posseduta.

Non potendo più sopportare i ricordi che correvano spediti nella sua testa anche le ginocchia lentamente cedettero e con lei tutto l'autocontrollo che aveva cercato di accumulare nei minuti precedenti a quando mise piede nelle vecchie mattonelle della stanza, mentre con fare disperato si aggrappava a quello stupido animaletto di pezza che oggi era tutto ciò che restava della sorella. ' Mi dispiace, Kylie. Mi dispiace così tanto. ' , e con queste parole si lasciò definitivamente andare, pervasa dai singhiozzi che echeggiavano nella camera e che le scuotevano tutto il corpo, mentre la werecoyote altro non fece se non accasciarsi a terra in quella stanza troppo piccola per contenere il suo dolore mentre la nostalgia e i sensi di colpa la perforavano come tanti piccoli spilli, ma si disse che se lo meritava. Stava soffrendo terribilmente, e proprio per questo se lo meritava. Quante volte negli ultimi anni aveva pensato a quel fatidico giorno, quante volte si era odiata e quanto ancora lo faceva, ogni singolo giorno. Sarebbe dovuto essere il suo, il corpo livido e privo di vita nei sedili posteriori dell'auto. Se fosse stata lei a morire tutto sarebbe stato più facile: a qualcuno, ai genitori e con qualche mera probabilità pure ai nonni sarebbe importato, ma sarebbe stato decisamente tutto più facile da superare. Era sempre stata lei la 'pecora nera' della famiglia, colei ad essere sempre scrutata dai propri genitori con quello sguardo ricco di rimprovero e di delusione che solo i genitori possono avere ogni volta che combinava uno dei suoi tanti casini; l'unica colpa che avevano sua madre e sua sorella era stata quella di trovarsi al momento sbagliato con la persona sbagliata, poco importava che le volessero in egual modo bene, nulla di più.

Furono questi i suoi ultimi pensieri prima di cadere qualche ora dopo con il cuore pesante in un sonno profondo incurante del pavimento freddo della stanza, stringendo tra le braccia Pheelo come se fosse l'unica cosa che davvero contasse.

/ / Ehilà! Questa è la primissima storia che rendo ufficialmente pubblica quindi insomma, vi chiedo di non essere troppo crudeli con me, se vi va fatemi sapere qui cosa ne pensate! Grazie per essere arrivati fino a qui, spero che la storia vi sia piaciuta, alla prossima! :3


Dear Sister - Malia Tate/HaleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora