unpredictable || Luke Hemmings

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Davvero mamma, sono felice, è il mio sogno andare a lavorare in australia- glielo ripetevo da più di un ora. Io volevo andare veramente li. Lasciarmi tutto alle spalle e vivere come si deve. Prima che papà morisse avevamo progettato di passare un estate li.

Lo so, sono solo angosciata, sai vero che è lontanissima e non ti rivedrò per tanto- una lacrima le bagnò il viso. Non risposi.

Arrivammo in aeroporto dopo mezz'ora

Le nostre strade si dividono- dissi abbracciandola forte.

Sei così giovane tesoro, sei davvero sic- non la lascio finire-mamma è da un anno che te lo dico, voglio andare in australia, lasciarmi il passato alle spalle, ricominciare, mi dispiace lasciarti, perché sei l'unica cosa che mi è rimasta ma devo, voglio farlo- mentre lo dico sorrido anche se avrei voglia di piangere. Il mio sogno si stava realizzando ma stavo facendo del male a qualcuno che amavo.

-Ti voglio bene- mi urlò mia madre, ma io ormai ero salita.

Sentivo un groppo alla gola mentre l'aereo prendeva cuota. Io volevo dimenticare mia mamma no. Io volevo fuggire lei voleva restare aggrappata al passato.

Io abitavo in una piccola cittadina del Texas e per arrivare in australia ci volevano tante ore.

Accanto a me avevo una signora sulla cinquantina vestita da hippie. Occhiali a cerchio cappello alla cowboy e camicia hawaiana. Era molto buffa.

Le hostess passavano regolarmente ma io non avevo fame, avevo ancora quel groppo in gola che mi avrebbe fatto vomitare tutto.

Mi misi le cuffiette e iniziai a leggere un libro che avevo comprato nella libreria accanto alla nostra casa.

Le ore passarono veloci, tra una dormita e iniziai

Si avviano i gentili passeggeri di allacciare le cinture di sicurezza stiamo per atterrare- l'eccitazione mi stava salendo insieme all'adrenalina. Ero felice. Non felice per finta o per far contento qualcuno. Felice per davvero.

Grazie per aver volato con noi- la voce dell'altoparlante cessò quando misi piede per terra. Potevo già sentire il sole australiano e l'odore dell'oceano.

Era tutto così bello. Le nuvole avevano forme bellissime, sembravano soffici batuffoli di cotone o palline di gelato alla panna.

Chiamai un taxi. L'uomo sulla quarantina mi aiutò a caricare i bagagli.

Dove deve andare signorina?- L'uomo mi porse la domanda svogiatamente, chissà quante volte la diceva al giorno.

Un altra ora in taxi, era estenuante.

Il mio appartamento che avrei dovuto condividere con un'altra ragazza si trovava a due passi dall'oceano, a due passi dal locale in cui avrei dovuto lavorare.

Pagai il taxista e mi ritrovai con le valigie in mano a suonare il campanello di una certa Miccy Valance.

Suonai il citofono e sentii una serie di passi pesanti abbattersi sulle scale. La porta si aprì con sonoro clak e ne uscì una figura alta e snella dai capelli marroni.Il verde delle sue iridi spruzzavano felicità.

Oddio ciao. Tu devi essere Honey! Piacere bellezza io sono Miccy.- mi disse . Mi piaceva di già.

Piacere mio. Si io sono Honey, Honey cooper-. Lei mi fece entrare, era come me lo aveva fatto vedere su skype niente di esagerato ma molto carino.

Ecco questa è la tua stanza- mi indicò la porta accanto al bagno.

Grazie Miccy- entrai, era molto carina. Le pareti erano colorate di un azzurro smorto, ma a questo si poteva rimediare. Il letto era accanto a una finestra,la luce filtrava fioca. Erano ormai le 9 di sera ee io non avevo toccato cibo.

Miccy che ne dici di uscire a mangiare qualcosa e magari conoscerci meglio? Visto che su skype ci siamo scambiate solo le informazioni necessarie?- poi mi venne in mente che magari aveva già cenato. Stavo per aprire bocca che lei mi precedette -Certamente, ho molta fame. Di pizza!-

Questa è solo una prologo, non è molto bello, era solo per far impostare la storia. ciao spero piaccia.

-Uraganosilenzioso

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