Era settembre e l'aria era mite.
Non c'erano stelle in cielo, né un'anima per le strade.
Ryan stava girando sulla sua Harley Davidson nera in città.
Era da poco tornato, ma già aveva voglia di fuggire da quel posto. Non gli era mancata la piccola cittadina di Rockport, tremila abitanti in tutto.
Aveva freddo sotto il suo giacchetto di pelle, ma il freddo in qualche modo lo confortava.
Il freddo gli era familiare e lo distraeva dal vuoto che sentiva dentro, in un punto imprecisato vicino lo stomaco.
Continuava a guidare, senza avere una meta precisa.
Aveva solo bisogno di pensare. O meglio, ripensare.
Un ricordo sbucò da un angolino della sua mente a tradimento.Erano due anni prima ed era fine estate.
Era andato a una festa con i suoi amici, in una casa enorme, di un giocatore di football a caso di cui non ricordava nemmeno il nome.
Era stato il suo amico Eric a convincerlo ad andare.
Era piena di ragazzini con la puzza sotto il naso e l'aria da figli di papà della sua scuola, di certo non era il posto adatto a lui.
Lo temevano, forse per la moto, forse per i tatuaggi, forse per gli amici che aveva.
Comunque sperava che non si sarebbero fermati molto.
Eric era stato, fin da subito, impegnato a flirtare con una bionda ossigenata tutta tette e lui si stava annoiando a morte.
Alla fine aveva deciso di uscire dalla porta posteriore della casa, passando dalla cucina e si era ritrovato in una veranda, malamente illuminata. Aveva voglia di una birra e di tornarsene a casa.
Si era acceso una sigaretta e solo allora l'aveva notata. Se ne stava seduta per terra su un gradino di legno, impegnata a fissarlo con quei suoi occhi grigi troppo grandi, sorpresa e incuriosita, come un cerbiatto impaurito.
La riconobbe.
Era la ragazza nuova, quella che si era trasferita da poco vicino a casa sua e che seguiva il corso di letteratura con lui.
Quella piccolina, con i capelli rossi e le lentiggini.
Non che le avesse mai rivolto la parola, non era il suo tipo.
E forse, in una sera diversa non lo avrebbe fatto neanche stavolta.
Ma c'era la luna piena e marte era allineato con venere.
E lui non era riuscito a distogliere lo sguardo da lei.
<< Ehi. >> Le aveva detto.
<< Ehi. >>
Sembrava curiosa quanto lui.
<< Tu sei Beth, non è vero? >>
Gli aveva sorriso appena in risposta.
<< E tu sei Ryan . >>
Quando sorrideva era davvero carina.
<< Che cosa ci fai qua fuori tutta sola, Beth? >>
Aveva usato involontariamente il tono che usava, quando voleva far colpo su una ragazza.
Lei si stava fissando le punte delle scarpe, evitando il suo sguardo.
Alla luce della luna e di un faretto, poté osservarla attentamente.
Non capiva perché lo incuriosisse, quando fin'ora non l'aveva nemmeno mai guardata.
Non era la ragazza più bella che avesse mai visto, né poteva dire che gli avesse fatto l'impressione di essere la più intelligente, o la più simpatica.
Allora perché le stava parlando?
Forse per noia?
Forse.
Anche.
Ma non solo.
Alla fine aveva capito.
Quella sera, quando lo aveva guardato, aveva notato qualcosa, che prima non aveva visto.
C'era un'ombra in quegli occhi grigi, che lo ipnotizzava. Come se nascondesse qualcosa, un dolore, o un segreto.
Quell'ombra gli era familiare, perché era la stessa che poteva vedere nei suoi occhi, ogni qualvolta si guardasse allo specchio.
Era talmente perso nei suoi pensieri, che era sussultato, quando finalmente gli aveva risposto.
<< Sono scappata. >> Sembrava aver soppesato e scelto con cura le parole da usare.
Pensò che quella frase, alludesse anche a qualcos'altro.
Forse aveva immaginato che Ryan avrebbe riso di lei e della sua risposta.
Invece si era immedesimato profondamente nelle sue parole.
Aveva spento la sigaretta sotto la suola della scarpa e si era seduto accanto a lei.
<< Bene, perché anche io sono in fuga. >>
Di nuovo, aveva usato il tono ironico e strafottente.
Lei aveva ridacchiato, ma non sembrava particolarmente colpita da lui.
Forse si stava annoiando anche lei dopotutto e gli stava parlando solo per riempire il vuoto.
<< Dalle troppe ammiratrici? >>
Circolavano delle voci su di lui a scuola. Certo, erano tutte dicerie fondate e perlopiù non facevano altro che aiutarlo ad essere ancora più popolare tra le ragazze. Ma, anche se non capiva il perché, gli dava fastidio che quelle voci fossero giunte fino a lei.
<< Vedo, che la mia pessima fama mi precede. >>
Ecco.
La faccia tosta, fare lo sbruffone. Questo era quello che sapeva fare meglio.
<< Perché ho la sensazione che questa cosa non ti dispiaccia affatto? >> Gli chiese sarcastica.
A Ryan era scappato un sorriso.
<< Forse perché sei una ragazza sveglia. >>
Aveva afferrato un sassolino accanto alla sua mano e per sbaglio le aveva sfiorato la pelle nuda del braccio. Tra loro era passata una sorta di corrente che lo aveva messo a disagio.
Era troppo presto per quel genere di cose.
<< Se fossi sveglia me ne andrei adesso. >>
Il ragazzo rimase sorpreso dalla sfrontatezza di quelle parole.
<< E allora perché non lo fai? >>
<< Forse perché sei la persona più interessante che io abbia incontrato stasera. >>
<< Ah, si? >> L'aveva guardata con un sopracciglio alzato.
Rose aveva riso.
<< Non era quello che intendevo. Non ho intenzione di far parte del tuo harem. >>
<< Quale harem? >>
Lei aveva alzato gli occhi al cielo e lo aveva ignorato.
Ryan era rimasto per un attimo colpito dalla morsa vicino al petto che aveva sentito.
Decisamente affascinante.
Non era una di quelle bellezze prorompenti, sfacciate; ma se la osservavi attentamente, riuscivi a cogliere quelle piccole espressioni che faceva e non ti saresti stancato di osservarla per ore, incantato.
<< A dire il vero, non credo che potresti farne parte. >> Le disse con fare criptico.
<< Non sono abbastanza per te? >> Domandò piuttosto infastidita.
<< Non voglio dire che non saresti “abbastanza”, ma che saresti “troppo”. >>
<< E capisci questo in cinque minuti di conversazione? >> Gli chiese, per niente colpita.
<< Lo capisco in un secondo. >>
<< Ma smettila. >>
Ryan si stava divertendo, più del previsto.
<< E allora perché sarei interessante? >> Le chiese.
Lei lo aveva guardato con un sorriso dispettoso.
<< Non è ovvio? Voglio solo sapere se sei davvero quell'anima perduta, che vuoi che gli altri credano che tu sia, oppure è solo una maschera. >>
Non era riuscito a nascondere la sorpresa e lei aveva riso di lui.
<< Allora, mi sa che sarai costretta a conoscermi. >>
Rose aveva fatto spallucce.
<< Basta che tu non me ne faccia pentire. >> Gli aveva detto, senza guardarlo, come se non fosse importante.
Poi aveva afferrato due caramelle dalla tasca del giacchetto e gliene aveva passata una.
Di nuovo l'aveva lasciato interdetto.
<< Che c'è? >> Gli aveva chiesto. << E' solo una caramella. Puoi prenderla, non morde. >>
Lui l'aveva avvicinata al viso.
<< Caramelle alla liquirizia? Che cosa sei una zitella di ottant'anni? >> L'aria beffarda che aveva usato, non l'aveva per niente turbata.
<< Sta zitto. >> Gli aveva detto. << Sono le mie preferite. >>
Erano rimasti in silenzio a gustarsi le caramelle.
Poi Ryan si era voltato, curioso.
<< Posso chiederti una cosa? >>
<< Spara. >>
<< Non hai paura di innamorarti di me? >>
<< E tu? >>
<< Io sono già innamorato di te. >> Lo aveva detto seriamente, ma Beth scoppiò a ridere lo stesso, sguaiatamente e senza riuscire a smettere. Aveva addirittura le lacrime agli occhi e si teneva la pancia, piegata in due.
Quell'allegria era contagiosa.
Ryan si era chiesto quando era stata l'ultima volta che aveva riso così. Non lo aveva ricordato.
<< Hai finito? >>
<< Scusa. >> Aveva mugolato con ancora il riso sulle labbra.
<< Dicevamo... >>
<< Dicevamo. >>
<< Beth sta per Elisabeth? >>
<< Sì, ma è troppo lungo. >>
<< Comunque io ti chiamerò Lizzie. >>
Beth fece una smorfia.
<< Che c'è? Come Elisabeth Bennett di "Orgoglio e pregiudizio". >>
<< Conosco Jane Austen. "Sono poche le persone a cui io voglio veramente bene e ancor meno le persone di cui nutro una buona opinione.">> Declarò annoiata. Poi di fronte al silenzio del ragazzo, aggiunse.
<< Non ho molta simpatia per il personaggio di Lizzie. Penso sia una grandissima stronza egocentrica. >>
<< Non ci posso credere, pensavo che le ragazze come te adorassero le ragazze come lei. >>
<< Perché? >> Elisabeth si sentì leggermente offesa.
<< Perché pur essendo una donna di umili origini, combatte per il suo onore e le sue scelte, anche se fosse solo per questioni di cuore. >> Commentò saccente, con il chiaro intento di stupirla.
E infatti ci riuscì.
<< Non sapevo sapessi leggere. >>
<< Lo abbiamo fatto in classe la settimana scorsa ricordi? Ho preso una A a quel compito. >> Si era offeso.
<< Okay, ma non pensavo lo avessi letto davvero, credevo avessi letto il riassunto su Wikipedia. >> Ammise.
<< Bé, ti sbagli... >>
<< Vabbe, comunque, io credo che sia molto egoistico da parte di Elisabeth, mettere prima i suoi sentimenti, rispetto al benessere delle persone che ama. >>
Lui la scrutò attentamente.
Era dannatamente affascinato.
<< Posso offrirti da bere? >> Chiese alla fine.
Lei sorrise.
<< Io ho preso una B a quel compito, scusa se sono stata affrettata nel giudicarti. >>
<< Tranquilla, capisco il malinteso, in effetti sono meglio a fare altre cose. >> Beth non perse la vena maliziosa.
<< Idiota. >>Parlarono tutta la notte, di tutto, di niente, di loro.
Di libri, di musica, del mare, dei loro sogni.
Quando arrivò il giorno, nessuno dei due era pronto a separarsi.
Osservarono i colori pastello dipingere il cielo notturno e il sole far capolino. Beth posò il capo sulla spalla di Ryan con un sorriso beato, mentre assisteva alla sua prima alba.
Solo per un secondo si sentì in pace con se stessa e con il mondo. Si sentì la vecchia se stessa.
<< Non mi sono pentita. >> Gli disse, cogliendolo di sorpresa.
Lui aveva sorriso.
<< Neppure io. >> Ammise.
Nelle due settimane successive continuarono a parlare e parlare. A ridere, scherzare.
Ogni scusa era buona per stare insieme.
Erano inseparabili.
Erano innamorati.Ma erano due anni fa.
Ryan ricacciò indietro i ricordi, irritato.
Erano stati insieme un anno e mezzo. Un tempo, era stata la persona più importante della sua vita. L'unica che contasse davvero. Ma poi erano successe troppe cose e niente era più come prima. Lui stesso non era più quello di prima.
Poteva tornare a parlarle?
Era più facile tenere la giusta distanza ed evitarla. Se le si fosse avvicinato, avrebbe dovuto affrontare cos'era successo sei mesi prima e non si sentiva pronto.
Per tutta la settimana aveva fatto di tutto per evitarla.
Era da quando era partito, che non l'aveva vista. Si era sentito a disagio, quando se l'era trovato di fronte nella classe di chimica. Aveva scelto quella materia, perché era abbastanza sicuro che non l'avrebbe scelta anche lei e, invece, eccola lì seduta a mordicchiare il tappo di una Bic con la testa tra le nuvole. Avrebbe preferito di gran lunga continuare a non vederla e a evitarla nei corridoi, anche se non era poi così facile evitare la tua vicina di casa.Non voleva parlarle, ma sapeva di doverlo fare prima,o poi. Le doveva delle risposte.
Comunque finché fosse rimasto sul quella moto e avesse continuato a guidare, non avrebbe dovuto decidere niente.
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The Secret of Firefly
RomanceBeth è una ragazza come tante, ha i capelli rossi, 17 anni, ama i libri e la musica Jazz e ha mille sogni nel cassetto. Ce la farà a superare l'ultimo anno delle superiori, tra compiti, migliori amiche fuori di testa,crisi familiari, ex ragazzi dal...