Yours sincerely.

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Yours sincerely.
Sono entrambi convinti
che un sentimento improvviso li unì.
È bella una tale certezza
ma l'incertezza è più bella.

Non conoscendosi prima, credono
che non sia mai successo nulla fra loro.
Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi
dove da tempo potevano incrociarsi?

Vorrei chiedere loro
se non ricordano -
una volta un faccia a faccia
forse in una porta girevole?
uno "scusi" nella ressa?
un "ha sbagliato numero" nella cornetta?
- ma conosco la risposta.
No, non ricordano.

Li stupirebbe molto sapere
che già da parecchio
il caso stava giocando con loro.

Non ancora del tutto pronto
a mutarsi per loro in destino,
li avvicinava, li allontanava,
gli tagliava la strada
e soffocando un risolino
si scansava con un salto.

Vi furono segni, segnali,
che importa se indecifrabili.
Forse tre anni fa
o il martedì scorso
una fogliolina volò via
da una spalla all'altra?
Qualcosa fu perduto e qualcosa raccolto.
Chissà, era forse la palla
tra i cespugli dell'infanzia?

Vi furono maniglie e campanelli
in cui anzitempo
un tocco si posava sopra un tocco.
Valigie accostate nel deposito bagagli.
Una notte, forse, lo stesso sogno,
subito confuso al risveglio.

Ogni inizio infatti
è solo un seguito
e il libro degli eventi
è sempre aperto a metà.

Wislawa Szymborska, Amore a prima vista

Prologo.



“Harry, scrivi per favore.”
Harry prese carta e penna. Il blocco rigorosamente a righe, con la copertina rigida azzurra, sistemato meticolosamente accanto al suo materiale da disegno, accanto alla sua piccola fetta di mondo. La penna a sfera mordicchiata nervosamente, ottenuta dopo vari compromessi a sostituire il calamaio e la penna, quella vera, da intingere e da maneggiare con cautela. Nessun computer portatile, non se ne parlava. Quella era la stanza dell’arte, la stanza dei pensieri e la stanza dei segreti, e tutto quello che era fatto alla vecchia maniera era fatto bene, la stanza che profumava di fiori secchi e fiori freschi insieme, la stanza dall’arredamento più disparato, la stanza che a vederla nessuno l’avrebbe collocata in quella casa abitata da un solitario e schivo venticinquenne.
Il ragazzo minuto dai capelli scompigliati prese a camminare su e giù per la stanza, si schiarì la voce e iniziò a parlare lentamente.
-Concidenza. La coincidenza è probabilmente l’unica certezza che abbiamo al mondo. Sappiamo per certo che le coincidenze esistono, che il caso esiste, molti si chiedono che differenza vi sia tra caso e destino e io dico che non ce n’è. Il destino è qualcosa che segna irrevocabilmente un avvenimento piccolo o grande della nostra vita, ma il destino potrebbe esistere senza coincidenze? Io credo di no. Credo anche che il destino non sia nulla di certo e definitivo, ma sia variabile mentre le coincidenze sono le sue costanti. Una coincidenza può salvarci la vita, può rovinarcela, può farci sorridere e piangere, una coincidenza è una cicatrice bella, brutta, profonda, strana, marcata o quel che si voglia, ma c’è, e tutti nella vita ci procuriamo una cicatrice, inutile dire di no, nessun bambino obbedirà a tutti gli ordini della mamma di star fermo lì, ché è pericoloso, e nessun bambino cresciuto obbedirà all’istinto di non rischiare tutto pur di riuscire a far qualcosa. Una coincidenza è voluta dalla vita, è voluta dal destino, composto da coincidenze, composte da quel terno al lotto e da quel vecchio amico che ti saluta in un bar una domenica mattina, la tua amica che ha il tuo stesso vestito e un bel ragazzo che ti fa cadere i libri per strada e te li porge scrutandoti negli occhi…- la sua voce si abbassò quando avvertì che Harry tirava su col naso, quasi impercettibilmente. Nonostante la commozione, però, le sue mani grandi e tremolanti continuavano febbrilmente a riportare ogni singola parola. Si accorse che Louis aveva smesso di dettare e alzo quelle iridi verdi e scurite dalle lacrime verso di lui. Rigido, quasi impassibile, statico a guardarlo senza un minimo di compassione nel suo corpo, ma con i muri che crollavano nei suoi occhi.
-Posso scrivere anche da solo, la prossima volta.- fu tutto ciò che riuscì a dire spostando lo sguardo altrove –Nonostante sia stato tu a volerti sottomettere a questa cosa. E non è la prima volta che succede questo, e sono stanco.- continuò seccato. Anche i suoi occhi iniziavano a velarsi di lacrime lucide.
Harry fece appena in tempo a schiudere le labbra e a prendere un sospiro, che Louis continuò. –Stanco di vederti così, stanco di vederti cadere a pezzi. Stanco di vederti mentre mi ascolti scrivere cose che mi vengono in mente mentre ti guardo e ti vedo cadere e non faccio nulla per salvarti, e tu non dici niente, e tu te ne stai lì, ad aspettare un mio sguardo di sufficienza, ad aspettare che io finisca di parlare per poi uscire dalla stanza e lasciarti solo a fare chissà cosa.
Gli sembrava quasi incredibile, il ragazzo stava prendendo appunti anche per quello che aveva detto fin’ora.
-Ascoltami! Io so che sei bravo ad ascoltare più di quanto tu non lo sia a sentire. Parlami. Ne ho bisogno.
Un’altra cosa era quasi inverosimile in quella situazione. Lui, irremovibile, misterioso e sicuro, era quasi in lacrime, confuso e implorante inginocchiato davanti a Harry, che aveva fatto cadere il blocco e la penna per coprirsi gli occhi con le mani e continuare a tremolare dai singhiozzi che tratteneva a stento. Louis pendeva dalle sue labbra, e, quando l’altro parlò, cadde miseramente.
-E io, Louis? Io sono una coincidenza?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 17, 2014 ⏰

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