La prima volta che le vidi stavano fumando una sigaretta in uno dei cortili dell'Università e pensai che, se le ragazze erano tutte così affascinanti, sarebbe stato molto difficile per me farmi notare, io che mi vergognavo anche a rispondere al telefono.
Il primo giorno di università, il 3 ottobre, sarebbe stato in futuro uno di quei giorni di cui non ci si dimenticherà mai.
Arrivai in anticipo di mezz'ora, non avrei mai voluto essere in ritardo proprio quel giorno. Al mattino non feci neanche colazione, tanto era agitata, difatti poco dopo si impossessò di me una fame mai provata, forse neanche quando feci una dieta che prometteva di perdere tre chili in due settimane e che, naturalmente, non funzionò.
Davanti all'aula magna non c'era praticamente nessuno, se non due ragazzi più grandi di me che non si accorsero neanche della mia presenza. Erano intenti a discutere di calcio, o almeno era quello che avevo capito cercando di sentire cosa dicessero. Dopo un quarto d'ora iniziarono ad arrivare altri studenti, soprattutto ragazze, tutte però già in gruppi ben delineati.
Quando il custode aprì le porte, una moltitudine di ragazzi si fiondò all'interno e io rimasi quasi schiacciata fra loro, senza che nessuno però mi chiedesse scusa.
Trovai un posto in una delle ultime file, sul corridoio, e iniziai a studiare quelli che sarebbero diventati i miei compagni per i prossimi tre anni.
La maggior parte di loro erano ragazze, alcune carine altre meno, ma tutte comunque in gruppi da tre o quattro persone, evidentemente compagne di liceo.
Io non conoscevo nessuno, forse per il fatto che non abitavo in città, ma ogni mattina dovevo farmi un'ora abbondante di treno regionale per raggiungere l'università. La prima lezione durò due ore, durante le quali il professore elencò i libri da studiare e che io meticolosamente appuntai sul quaderno blu a righe che avevo comprato due settimane prima, e li distinse tra obbligatori e facoltativi e introdusse il corso: storia romana.
La scelta di studiare lettere classiche fu una decisione ponderata, al liceo avevo vinto anche qualche concorso di traduzione latina e greca. Avevo preso in considerazione anche giurisprudenza, però mi resi conto dopo aver assistito ad un open day che non sarebbe mai diventata la mia strada, forse perché i miei genitori non erano avvocati ma negozianti ma soprattutto perché non mi vedevo proprio in tribunale, con tutti gli occhi puntati su di me.
Quando la lezione finì, tutti i numerosi gruppetti di persone si alzarono e in massa si diressero verso il bar dell'Università. Io mi ero portata dietro un pezzo di pizza farcita e mi sedetti nel cortile a mangiarla, mentre aspettavo la lezione seguente.
Fu proprio lì che le vidi.
Erano due, in mezzo ad altre centinaia di studenti, ma la mia attenzione cadde solamente su di loro, ero come in trance.
Quella più alta era bionda, coi capelli che filtravano la luce del sole e sembravano incorniciare alla perfezione il suo minutissimo volto. Era appoggiata ad una colonna, vestita di nero, le gambe magrissime e lunghe e una borsettina le pendeva dalla spalla destra. L'altra era mora, leggermente più bassa dell'altra; mi colpirono le sue labbra carnosissime e la sensualità con cui vi appoggiava la sigaretta per qualche istante, per poi buttare fuori il fumo in maniera naturale. Anche lei era quasi totalmente all black, se non per un cappellino rosa che le copriva gli occhi e che se avessi indossato io, sarei sembrata a dir poco ridicola. Ridevano e scherzavo, avrei voluto essere lì con loro per sentire cosa dicevano, di chi parlavano e soprattutto come si erano conosciute, perché due ragazze così belle insieme non le avevo mai viste.
Mentre mangiavo la pizza untissima e trasudante di verdure grigliate fantasticai sulle due ragazze a qualche metro di distanza da me, pensai perfino che potessero essere imparentate in qualche modo, magari cugine alla lontana.
Le fissavo come se, guardandole, mi potessero passare un po' della loro bellezza, io, che a quasi vent'anni non ero mai stata con nessun ragazzo.
Chissà loro quanti ragazzi avevano attorno, chissà quanti cuori avranno spezzato e se avranno mai avuto il cuore spezzato. Ragazze come loro, pensai, non possono in nessun modo essere state mollate da un ragazzo, sarebbe stato un folle.
Notai che qualsiasi ragazzo entrasse nel cortile le guardava, con bramosia e desiderio. Non ricordo di essere mai stata guardata così.
Mi affrettati a finire, dato che mancava qualche manciata di minuti alla mia seconda lezione e che dovevo ancora trovare l'aula.
L'università è davvero enorme, soprattutto per una come me sempre abituata a vivere in un paesino dove tutti si conosco e perdersi è piuttosto difficile.
Chiesi indicazioni ad un ragazzo che non distolse neanche lo sguardo alla mia domanda: "Scusami, sai dov'è l'aula 44?"
"Giù in fondo" grugnì senza interesse, accompagnando la risposta a un effimero gesto con la mano.
Lo ringraziai senza troppo entusiamo e, dopo aver superato qualche stanza, arrivai in aula.
A differenza di quella precedente, questa è molto più piccola e un odore acre di sudore mi punzecchia le narici.
Trovo immediatamente posto in una fila abbastanza centrale, affianco ad un ragazzo molto concentrato a giocare col telefono.
Appena mi sedetti mi guardò e con un sorriso appena abbozzato mi chiese che anno frequentassi.
"Primo, tu?"
"Secondo, è la seconda volta che seguo questo corso, se vuoi un consiglio non saltare mai le lezioni o finirai come me a doverlo rifare."
Gli sorrisi e distolsi lo sguardo, guardai a fondo ogni testa che spuntava dai banchi, stavo cercando loro.
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Loro due
General FictionClara le vide e si sente inferiore. Forse perché erano così belle, forse perché tutti le guardavano. Non le odiava affatto, come poteva? Non ci aveva mai parlato, ma sentì un moto d'invidia crescerle nello stomaco ad ogni occhiata fugace che lanciav...