Prologo.

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                                     "I colpevoli             conosceranno l'agonia."

Il mondo era dominato dal caos, e il caos tesseva i suoi rovi, mutandolo in Prigionia.
La Guerra non era mai finita tra le fazioni che, puntualmente si scontravano nel campo di Battaglia, denominato Landa degli Evocatori.
Il Mondo era solo, privo di logica e colmo di troppo dolore per essere contenuto in un cuore già martoriato.
Ma ogni eroe, d'altronde, ha una storia da raccontare, nonché una sua origine.

                          (~)

Katarina era sola in quella umile tenda, immersa nella natura del suo villaggio. Con una gamba distesa e l'altra stretta al petto nudo, osservava la luna fuori dalla finestrella di tessuto, con solo una tazza di thè nero in mano ed un accappatoio a ricoprirle il corpo, ormai quest'ultimo bruciante di ferite. Era il corpo di un'assassina, e lei si fidava delle sue  lame, che ora giacevano su un cuscino di seta viola, accanto a lei.
Si godeva il calore di quella bevanda, e intanto riviveva la sanguinolenta Battaglia precedente, e si chiedeva dove avesse sbagliato. Poggiò la tazza sul terreno, alzandosi poi leggiadramente, stringendosi l'accappatoio bianco che indossava. La luna era fonte di ispirazione per lei, e se chiudeva gli occhi quel candore la beava di pura tranquillità, che sfortunatamente non avrebbe né avuto e mai desiderato. L'acqua del calmo lago dinnanzi a lei lasciava che le orchidee danzassero grazie alla sua limpidezza, mentre questa bagnava i piedi nudi dell'eroina, ora immersa nel silenzio di quella notte. Chissà quante battaglie doveva ancora combattere, e lei lo avrebbe sempre fatto con soddisfazione, ma il problema viveva costantemente dentro di lei.
Garen era il suo eterno nemico, e loro si amavano.
Si amavano, da odiarsi.
Si amavano, ma dovevano uccidersi.
Sporadicamente potevano vivere con paura e segretezza momenti di intimità, ma il legame diverso li spezzava sempre, creava dei muri tra di loro, lacerava l'amore, sovrastandolo con la Guerra.
E quell'amore corrotto da un potente Destino, si sa, era già stato scritto.

«Katarina.» una bassa e rauca voce costrinse la giovane Guerriera a distogliere il corpo e la mente da quel turbine di tranquillità, e girò così il capo verso l'imponente Darius, che ripuliva per l'ennesima volta la sua mannaia con un fazzoletto di tessuto, ancora violato dai segni vitali del precedente scontro. Ella chinò appena il capo, lasciando che alcune lunghe ciocche rosse sfiorassero il suo bel viso, dove ora la saetta che le percorreva verticalmente l'occhio, pulsava.

«Cosa ti porta qui?» chiese lei, forse troppo schiettamente, ma la voglia di stare un po' da sola era troppa in quel momento, altrimenti non sarebbe pienamente riuscita a carburare le forze per l'indomani.
E il mattino seguente, sarebbe stato un altro giorno, l'ennesimo velato di sangue.
Darius si avvicinò a lei, lentamente, come se non volesse spezzare quella tranquillità che, lui magari non lo sapeva, era già stata distrutta.
«Fa' vedere la ferita, avanti.» mormorò lui, quasi obbligandola, ma Katarina non volle ascoltarlo. Simulò un semplice "no" con la testa, borbottando qualcosa di incomprensibile tra le rosee labbra, prima di afferrare tra le mani la tazza ancora fumante che aveva precedentemente lasciato dentro la tenda. Sorseggiò un po' di té, prima di socchiudere gli occhi, cullandosi della sensazione di quel liquido che, lentamente, fluiva lungo il suo corpo, ora troppo freddo ed esposto al gelo dell'Autunno, le cui foglie danzavano tra i fruscii del vento.
Il Guerriero scacciò via una di queste dai suoi capelli scuri e scompigliati, prima di poggiare con non troppa forza una mano su quella esile dell'assassina, e solo allora le sue labbra si incurvarono in un sorriso.
Peccato che non era un sorriso spontaneo, ma bensì celato da preoccupazioni cupe e misteriose, che ogni giorno divoravano una parte di lei, e non era l'unica.
«Garen, quest'oggi, ti fatto molto male» quella voce bassa era ridotta a poco più di un sussurro, fluiva dalle labbra serrate dell'uomo con la stessa freddezza del ghiaccio in Inverno, e Katarina si ritrasse, portando le mani dietro la schiena, stiracchiandosi.

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