『Si chiedeva perché la loro storia non potesse assumere le sembianze di un sonetto di Neruda o una poesia di Hesse.』yoonseok.
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Angst24 novembre 2019
Erano poche le cose che amava Yoongi e l'odore del caffè fumante era una di queste, anche più del caffè stesso. Con il profumo che inondava le sue narici e l'intera caffetteria, percepiva l'ansia trasformarsi in caffeina. Scorreva senza meta nelle sue vene, facendolo pensare a tutto e a niente, sforzando se stesso di omettere il perché si trovasse lì dentro. Era seduto da solo all'unico piccolo tavolo scuro vicino alla grande vetrata, aspettando in un cambiamento, una ventata fresca che gli avrebbe scompigliato di nuovo quei capelli neri, che avrebbe fatto rivivere le cellule della sua pelle. La caffeina stava giocando un ruolo importante quella mattina di novembre, scombussolando tutte le sue sicurezze. Non poteva fare altro che controllare assiduamente l'orologio al polso, ma il tempo sembrava essersi fermato. Era ancora in tempo per alzarsi e immischiarsi in quelle strade gelate. Avrebbe potuto ripercorrere la via come se nulla fosse e ritornare nel suo misero appartamento di pochi metri quadri, buttarsi sul divano con una birra scadente tra le mani e cancellare quella giornata dal calendario. Non avrebbe nemmeno voluto abbandonare quel tepore che soltanto il suo letto sapeva regalargli al mattino; il gelo gli era penetrato violentemente nelle ossa. Dicembre era alle porte, ma Yoongi era Dicembre già da un po', tutto dentro di se aveva perso calore già da mesi.
Si rese conto che il tempo fosse tornato a scorrere quando, attraverso la vetrata, aveva intravisto una figura raggiungere l'entrata della caffetteria con passi decisi. Ormai era troppo tardi per tornare indietro, e più quella figura si avvicinava al suo tavolo, più Yoongi non riusciva a distogliere lo sguardo da qualsiasi suo più piccolo movimento. Si muoveva costante, senza esitazione alcuna, sicuro di se come lo era sempre stato, e il modo in cui sembrava non percepire il freddo attraverso quegli indumenti, apparentemente troppo leggeri, lo rendevano ancora più accattivante. Con le mani nelle tasche del cappotto, Yoongi avrebbe potuto scommettere che stesse stringendo tra le dita il proprio telefono, pronto ad un eventuale cambio di canzone della playlist. E fu proprio quando il ragazzo si tolse le cuffiette delle orecchie che Yoongi, come lame in pieno stomaco, aveva sentito il bisogno di alzarsi e andarsene. Abbandonare da codardo quel gioco che avrebbe perso in partenza. Era uno di quei giochi in cui sai di perdere, ma giochi lo stesso perché non si sa mai.
Era una pessima idea.
Perché con Jung Hoseok era poco probabile la riuscita di una conversazione senza finire per dargliela vinta. Quegli occhi maledettamente profondi, erano capaci di risucchiare anche quel briciolo di dignità che lo caratterizzava. Anche in quel momento, seduto comodamente di fronte a lui, pareva la persona più rilassata del mondo. Ma Yoongi, ringraziava il fatto di essere seduto, perché le sue gambe non avrebbero di certo retto tutta quella trepidazione. Nessuno dei due accennava ad una parola. Hoseok non sapeva perché si trovasse in quella caffetteria e Yoongi, dal canto suo, non sapeva perché gli avesse scritto quel messaggio la sera precedente. Un momento di debolezza lo aveva spinto a digitare tasti, uno dietro l'altro senza sosta, o forse era stato semplicemente l'alcol nel sangue a farlo. Guardarsi intorno in quel momento gli sembrava più semplice che affrontare il ragazzo di fronte a se, ma quando aveva notato una mano avvicinarsi alla tazza del suo caffè, come d'impulso era stato costretto ad incrociare il suo sguardo. Un permesso silenzioso attraversò i suoi occhi, sebbene Yoongi non gli avesse mai negato nulla.
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Monocromatico
Fanfiction{yoonseok} Si chiedeva perché la loro storia non potesse assumere le sembianze di un sonetto di Neruda o una poesia di Hesse. ©autunnoallacannella / 2019