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Quella mattina fu veramente fredda. Un neonato pianse per la prima volta. Anche un cane, per la prima volta, vide il mondo al quale era arrivato per portare felicità a qualcuno, o al meno quello aspettava.

Lì c'era lui. Grossi stivali lo facevano sembrare imponente alla vista del cucciolo, ma questa idea non rimanesse per troppo tempo. Le gambe di quel uomo tremavano. Seguì le sue mani e vide che voleva prendere un oggetto per sostenersi.

Quel uomo era un anziano; Con pochi e bianchi capelli, i suoi occhi scuri e pieni di emozioni, come quelli di un bambino con un nuovo giocattolo, erano in risalto e volevano apprezzare più da vicino quella meraviglia che era arrivata non più di cinque minuti fa.

All'inizio il piccolo cane si impari, ma dopo che si trovò  in quelle grose e calde mani queste divennero il suo mondo.

Tutti i giorni trascosero così: il cane, ora chiamato Buck, svegliava al suo padrone ogni mattina. Due leccate bastavano per fare sorridere al suo amico, che dopo apriva gli occhi e lo coccolava per un po'.

La sera precedente a Natale, il suo padrone decisse di aprire i regali prima del solito. Buck scodinzolava velocemente dalla emozione.
C'erano due: uno per il piccolo Buck e uno per il padrone, da parte dei suoi figli. Il primo, quello del vecchio uomo, era una lettera che gli augurava un Buon Natale.
Il secondo, quello di Buck sembrava leggero. Lo aprì: era un guinzaglio bellisimo. Lo misse nel collo del cane e questo sembrava strano: girava velocemente, voleva prendere a morsi la sua coda. Dopo un po' si tranquillizzo .
Con occhi stanchi ma pieni di conformità guardava quella scena.

Il vecchio uomo sospirò...

Il vento contava una canzone di addio...

La mattina seguente, come sempre, il cane correva per la piccola casa e si dirigeva alla camera del suo amico per svegliarlo. Due laccate, ma lui non sorrise come sempre; invece, non si muoveva. Un'altra volta due laccate, ma aspettava in vano.
Il quarto giorno, ancora il cane aspettava. L'espressione impassibile del suo padrone sembrava non aver fine, come la speranza del cucciolo.
E restò negli occhi un grido.
Il quinto giorno arrivarono i carabinieri, ma nessuno lo vide.
Provò ad abbaiare, ma non ci fu risposta. Non aveva l'energia sufficiente per farsi ascoltare.

Dopo quel giorno cammino per tutta la città, non aveva una ragione o un proposito. Magari lo faceva per dimenticare, o magari per morire senza farlo.

Senza nemmeno accorgersi si trovò in un canile. Lì vide per prima volta un altro mondo, quello realistico. Quello dove si soffre e si perde. Dove si sopravvive e non si vive.

Non ricordava il calore delle mani del suo padrone; amico. Non voleva essere adottato da nessuno: voleva lasciare l'opportunità ad un altro che magari non aveva mai vissuto con qualcuno che lo ammassi, o gli dicessi quelle parole.

E Buck continuò a pensare così fino a quella mattina, una veramente fredda. Lo vide a lui, un bambino che cercava un cane che lo amasse.
Sinceramente voleva andarsene da lì, sapeva che i cani non restavano a lungo in quel posto. Così, senza speranza, si siede per aspettare la decisione del bambino.

La sera precedente a Natale, un anno dopo, si trovava essendo coccolato da quel ragazzino di occhi profondi e scuri. Non dimenticherà mai quel anziano di pochi e bianchi capelli, perché ora era felice.


La storia di Buck. ( TUTTO I)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora