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Gli occhi di Ermal non si staccavano dalle mani di Fabrizio da minuti interi ormai. Minuti che scorrevano lentamente nella testa del riccio che sembrava far di tutto per potersi trattenere dal saltare al collo del più grande nel bel mezzo dell'intervista. Sentiva ancora le sue mani su tutto il suo corpo, un contatto ruvido sulla sua pelle chiara che ne marcava il territorio, lo stringevano avide e bramose. Mani che avevano cercato quel contatto da troppo tempo e che una volta avvenuto, non si sarebbero mai volute staccare.
Quei tatuaggi, il modo in cui gesticolava, come il suo pomo si muoveva su e giù lentamente mentre deglutiva fra una frase e l'altra, la sua barba che riusciva a sentire ancora solleticargli il volto, mandavano Ermal in uno stato di estasi.
Fabrizio, troppo preso dal rispondere alla domanda della giovane ragazza, non si accorse dello sguardo possessivo e affamato del più giovane su di lui. Se ne accorse solo dopo qualche secondo, quando ad Ermal venne fatta una domanda e sembrò risvegliarsi da un sogno lontano.
Fabrizio sorrise maliziosamente a quel suo gesto, in mezzo secondo aveva capito fin troppo bene a cosa stesse pensando il suo collega. Certo, chiamarlo collega dopo quello che avevano passato la sera prima, era un offesa ad entrambi.

"Muoviti vecchietto, non ti vorrai far scoprire!" rise Ermal salendo veloce le scale che portavano al tetto dell'hotel ove soggiornavano durante il festival. Fabrizio sbuffò divertito e seguì il più piccolo, i suoi occhi incollati alla sua schiena. Non sapeva da quanto avesse capito di piacere ad Ermal, né sapeva da quanto avesse capito di ricambiare. Sapeva solo che passare il tempo con lui, lo faceva sentire libero. Libero di fare, senza paura del domani, come diceva in una delle sue vecchie canzoni.

Lo considerava una bellezza rara, il suo Ermal, una di quelle che non piacciono a tutti, ma che solo pochi possono capire ed amare. E Fabrizio amava follemente il suo fascino, quei suoi ricci neri che delineavano il suo viso pallido, il suo sorriso così sincero da far sorridere chiunque, il suo modo di parlare e di esprimersi e i suoi occhi così scuri e profondi, dove riusciva a leggere tutte la sofferenza che aveva passato, ma tutta la voglia di vivere che li rendeva brillanti come il mare di notte.

"Ma dove stiamo andando" chiese decidendo di non soffermarsi sul 'vecchietto'. La sua domanda non ebbe risposta verbale: Ermal, arrivato alla fine delle scale strette, aprì una porta ed uscì sul tetto dell'hotel, con Fabrizio al suo seguito.

"E' bellissimo Erm" mormorò il cantante guardando il panorama della bellissima Sanremo di notte. Le luci della città brillavano illuminando il mare scuro e, le stelle nel cielo, se pur oscurate da qualche nuvola, sembravano più belle che mai

"Lo so" rispose Ermal sorridendo con l'angolo della bocca mentre guardava l'amico a qualche passo di distanza da lui. Si avvicinò al cornicione e vi si appoggiò con i gomiti per poter ammirare meglio il panorama. Fabrizio lo imitò, stringendosi nella giacca nera quando del vento freddo e salato accarezzò i loro volti. Mise una mano nella tasca dei pantaloni e tirò fuori un pacchetto di Malboro rosse, ne prese una per se e ne offrì una all'amico che accettò sorridendo. Le accesero e sospirarono profondamente.

"E mi ripeto che mai più le fumerò..." disse Ermal dopo poco, rompendo il silenzio che si era creato. Fabrizio lo guardò confuso per qualche secondo prima di cogliere la citazione della sua stessa canzone. Rise appena scuotendo la testa

"Continuo a ripetermelo, chissà quando smetterò veramente" rispose, guardando nuovamente il mare scuro che si stendeva davanti a loro per migliaia di chilometri

"Se dovessimo vincere mi prometti che smetterai?"

"Solo se lo farai anche tu" a questa risposta Ermal rise piano buttando poi la sigaretta ancora accesa per terra per poi calpestarla

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