-Oggi lavori?- mi chiede mentre passeggiamo per un piccolo giardinetto. È passata una settimana dal nostro primo incontro ormai possiamo considerarci "amici". All'inizio pensavo che fosse una persona montata e che si credeva chissà cosa, ma passando una settimana con lui ho capito che è una persona umile a cui piace scherzare e giocare.-Ho il turno di pomeriggio e poi stasera ti porto da una parte.- gli dico sedendomi su una panchina.
-Dove andiamo?- mi chiede sedendosi al mio fianco.
-È una sorpresa.- gli dico guardandolo.
-Vera, Vera.- dice una voce alle nostre spalle interrompendo il nostro scambio di sguardi.
-Stefano, che ci fai qui?- dico guardando impaurita il ragazzo che ci ha raggiunto.
-Ho saputo che fai anche da guida turistica a uno spagnolo. Volevo vedere con i miei occhi se ti stessi comportando bene.- dice lanciando un'occhiata al ragazzo al mio fianco.
-È un mio amico. Avevi detto che mi avresti lasciata in pace cosa vuoi ancora?- gli dico alzandomi e guardandolo negli occhi.
-Questa sera ci vediamo al solito posto all' 1. Sí puntuale. Ciao dolcezza.- dice mettendo una mano sulla mia schiena e scendendo sempre di più, fino a quando io non gliela levo. Ritorno a sedermi e lo sguardo curioso del ragazzo al mio fianco mi porta a girarmi verso di lui.
-Cosa vuoi fare ora?- gli chiedo sorridendo e facendo finta che non è successo niente.
-Chi era quello? Non capisco l'italiano ma non mi sembrava un amico. E non mi sembrava nemmeno che avesse buone intenzioni.- mi dice indicando con lo sguardo l'uomo dai capelli biondi.
-È un vecchio amico.- dico.
-Un vecchio amico ti tocca il culo?- dice guardandomi negli occhi.
-Era più di un amico.- dico mentendogli.
-Sicura che non ti ha dato fastidio?- dice alzandosi e porgendomi una mano.
-Sicurissima Asensio. Ora devo andare ci vediamo stasera. Ti passo a prendere io.- dico dandogli una pacca sulla spalla e abbandonando il parchetto dietro il suo hotel.
Quando finisco il mio turno di lavoro sono le 10 più o meno e torno a casa per cambiarmi.-Vestiti comodo.- mando un messaggio vocale all'attaccante. Prima di andare devo parlare con mia madre anche se è occupata.
-Mamma, dove sei?- dico entrando dalla porta di casa e urlando.
-In cucina.- dice una voce roca.
-Mi avevi promesso che non gli avresti detto niente più a quello. Stefano mi ha cercato di nuovo.- dico entrando in cucina urlando.
-Non ti chiede niente di che. Penso che ti farebbe bene passare un paio di serate con lui, ti aiuterebbe a rilassarti.- dice portando una "sigaretta" alla bocca. Sono sicura che quello non sia tabacco.
-Stasera esco.- dico dirigendomi verso la mia stanza facendo finta di non aver sentito niente.
-Vera, perché urlavi?- chiede mio fratello Carlo uscendo dalla nostra stanza.
-Non preoccuparti, vestiti che usciamo.- gli dico accarezzandogli la testa. Vado in bagno e mi sciacquo la faccia sentendo dei rumori provenienti dalla stanza di mia mamma. Sempre se si può chiamare così. Che schifo.
-Vera, sono pronto.- dice venendo verso di me con il pallone di cuoio che gli ho regalato al suo compleanno.
-Andiamo.- dico prendendolo in braccio chiudendo la porta di casa e dirigendomi verso le scale e prendendo le sue stampelle con la mano libera. Mio fratello cammina sulle stampelle da quando è nato. Durante i nove mesi di gravidanza ci sono state delle complicazioni che lo hanno portato a nascere con una malformazione delle gambe. I medici dicono che è un miracolo che sia ancora vivo, a breve subirà un'altro intervento e sto cercando di fargli pesare sempre meno la cosa.
-Andiamo al nostro campetto?- dice mentre gli allaccio la cintura.
-Si ma non saremo solo noi, c'è anche un mio amico.- dico mettendo in moto l'auto.
-Sa giocare a calcio?- dice facendomi ridere.
-Penso di sì.-
-Buonasera De Martino.- dice il ragazzo con il suo accento spagnolo accomodandosi al mio fianco quando posteggio sotto il suo albergo.
-Oggi abbiamo un ospite speciale.- gli dico indicando con lo sguardo mio fratello mentre metto in moto la macchina di nuovo.
-È tuo fratello?- Dice guardandomi. Io annuisco.
-Andiamo a giocare a calcio in un campetto fuori città. Non potevo rimanerlo a casa per alcuni motivi, spero non ti dispiaccia.- gli dico.
-Spero che sappia giocare meglio di te.- dice alludendo al giorno precedente quando ho buttato il pallone nell'immondizia.
-Molto divertente.- dico fermandomi al semaforo.
-Carlo lui è Marco un mio amico.- dico guardandolo dallo specchietto retrovisore.
-Sai giocare?- chiede con la sua innocenza.
-Ha detto se tu sai giocare a calcio.- dico ridendo allo spagnolo al mio fianco.
-Penso di sì. O almeno è quello che dice la gente.- dice ridacchiando e guardandomi.
-Siamo arrivati.- dico togliendomi la cintura e aprendo la portiera dell'auto.
-Vuoi una mano?- chiede Marco vedendomi in difficoltà a portare Carlo in braccio con le stampelle.
-Si grazie.- dico porgendogli le stampelle. Gli ho raccontato tutto quello che riguarda il mio fratellino. E mi ha appoggiato sullo scegliere l'operazione.
-Marco passa.- gli dice Carlo cercando di correre verso la porta.
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Asensio-The Best.
Fanfiction-Le mie cicatrici mi ricordano chi sono e da dove vengo, creano un contatto invisibile e indistruttibile con la mia città.- disse lei alzando lo sguardo dai segni rossi.