ROOM

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"Sto per morire qui Herbert?"

"Sì John, stai per morire qui."

"Perché lo pensi?"

"Torna a dormire John."

Dall'altoparlante uscì il solito rumore spezzato, prima che la stanza scivolasse in un Silenzio mortale. John rabbrividiva sotto le leggere coperte che gli avevano procurato. Stava morendo. Erano passati novanta giorni dall'ultima volta che aveva mangiato del cibo normale, sei da quando gli era stata data l'ultima pillola e centosessanta da quando aveva visto un altro essere umano.

John provava a dormire, ma i morsi della fame avevano la meglio. Si alzava dal letto e camminava in giro per la stanza cubica, lunga appena quattro metri. Raggiungeva l'altro lato della stanza, controllava il piccolo drop box, non trovava niente, si girava e tornava indietro. Ogni volta che raggiungeva l'altro lato, si fermava e dava un'occhiata fuori dalla finestra, dove poteva osservare il muro di detriti a una decina di centimetri di distanza. Non era in nessun modo spettacolare, ma John credeva che lo fosse. Quando sei abbastanza disperato, puoi vederci qualsiasi cosa tu voglia. Lusso, foreste tropicali, angoli di strada pieni di gente, persino casa tua, ma dopotutto, era solo sporco. In realtà è come se fosse già morto.

Ogni tanto John sentiva dei rumori. Un rantolo qui, o forse un suono metallico lì. Le prime settimane questi rumori lo tenevano sveglio dal terrore, ma in quel momento, quei rumori offrivano l'unico segno di vita oltre la voce dell'altoparlante. La voce era qui fin dall'inizio, Herbert. Herbert ha portato John in questo nuovo mondo e Herbert sarebbe stato l'unico a farlo uscire. Ogni volta che John si svegliava dal primo giorno, barcollante nel suo sudore, sentiva arrivare la voce dall'interfono.

”Ciao John, cerca di non sforzarti troppo, non vorrei che ti facessi male troppo presto.”

Anche se queste parole erano fredde, John vi si affezionò come un bambino, o almeno si affezionò a chi le pronunciava. All’inizio era così, perché pensava che fosse colui che l'avrebbe condotto alla libertà, ma adesso era l'unica cosa che gli ricordava che non stava sognando, che non era all'inferno, che era tutto reale e che lui l'avrebbe vissuto minuto per minuto.

"Come hai dormito John?"

"Bene."

"Bene? Nient’altro?"

"No."

“Molto monosillabico oggi, vero?"

"Sta' zitto."

John era arrabbiato perché non aveva ricevuto la sua piccola pillola nel drop box. Ne trovava sempre una nello scomparto metallico dopo aver dormito. Era un fatto di routine e ora che la routine era stata spezzata, il panico aveva assalito John per tutta la mattinata.

"Che c’è, John?"

"Ho detto sta' zitto."

"È per la tua razione, John?"

"Dov'è?"

"Ti ho chiesto… è per la tua razione, John?"

"Sì, e ora dove cazzo è?"

John era sulla soglia dell'esaurimento nervoso. La sua intera esistenza era basata su questa semplice routine: dormire, mangiare, camminare, dormire, mangiare, camminare, dormire. E ora era stata fermata, lasciando John con nulla.

"Oh calmati, sono sicuro che salterà fuori da qualche parte."

"Sto per morire."

"Tutti moriremo un giorno, John."

John batteva le dita sulla finestra nervosamente, era in ansia. Se non avesse ricevuto la pillola sarebbe morto sicuramente; era l'unica cosa a mantenerlo in vita. I pensieri gli correvano per la testa cercando di capire perché lo volessero morto proprio oggi, perché metterci così tanto tempo per poi decidere di farlo morire di fame.

-CREEPYPASTA- Horror StoriesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora