A volte é come se tutto mi andasse contro e sento dentro di me che questa cosa non mi dispiace affatto.
A volte penso che una vita di merda sia migliore di una vita noiosa,perché infondo l'unico modo di sapere se siamo svegli e vivi é la sofferenza.Se provassimo solo piaceri, potremmo dire forse che infondo é tutto un sogno e se cosí fosse nulla spingerebbe ad uscirne e andare avanti.Se tutto fosse un incubo allora faremmo di tutto per uscirne.
La mia vita sembra quasi un'incubo,un'oscuritá in cui di puó solo strisciare pur di non alzarsi e cadere,eppure cerco la luce che no ho mai visto,sperando di non trovarla mai,o almeno cercando di convicere me stesso che di volerla trovare solo perché non ci riesco.
Molti si chiederanno perché dico ció,ma tutta questa storia é giá finita e tutto le domande che vi fate hanno giá una risposta.
Cominció tutto il quattro aprile del duemila quando arrivai in questo mondo.Non ricordo com'era prima di arrivare,ma posso ricordare che mi sentivo circondato da cose che non avevo mai visto.
Al tempo non sapevo dove fossi ma non me lo chiedevo,ero appena nato e tutto ció che mi interessava era non stare male.
Ricordo che poco tempo dopo la mia nascita fui portato in una sala piena di altri bambini,non riuscivo a percepirli come bambini al tempo,ma li ricordo nonostante fossi troppo piccolo,come se qualcosa mi avesse detto di tenerli a mente...
Molti anni dopo sono giunto ad un ipotesi secondo la quale io ricordo certi fatti perché erano un segno, l'inizio della fine,il preludio di una vita fatta di morte e di una felicitá incompleta fatta di dispiaceri.
C'era qualcuno o piú di qualcuno lí che in qualche modo centrava con ció che sarebbe dovuto succedere.
Come tutti i bambini,passai i miei primi giorni a dormire,piangere e succhiare la tetta,ma molto presto smisi di piangere e di succhiare.Non mi piaceva il latte e piangere non faceva per me,e, col tempo anche dormire sarebbe diventato un optional.
Non sono mai stato un bambino come gli altri,sono sempre stato quello da parte che si faceva i cavoli suoi tutto il tempo senza soffrire di solitudine
Era bello vivere la vita come la vivevo in pancia,da solo e con il minimo indispensabile.
Tutti hanno sempre insistito dicendo che l'uomo é un animale sociale e che ha bisogno di stare a stretto contatto con altri,io stavo con altri solo per non essere visto solo,non perché temevo pregiudizi,ma solo perché preferivo non essere guardato di troppo.
Io penso che l'uomo sia un predatore in caccia di altri uomini da poter addomesticare, in modo da poter ottenere ció che piú gli giova;l'amore non esiste ed ogni desiderio é solo un bisogno da soddisfare,l'amore si soddisfa con le persone che corrispondono al nostro ideale di persona perfetta,perfetta nel senso che soddisfa la nostra richiesta fisicamente e caratterialmente.
Tornando al discorso di prima,tutto cominció quando notai che da solo mi divertivo, ma tutti quelli soli sembravano vivere le pene dell'inferno.Andavo da loro e cercavo di capire perché non erano felici da soli e loro mi evitavano.
Capii presto che chi era solo era visto come una persona da cui bisognava stare lontani.
Notai che quelli soli avevano apetti fisici paticolari:chi era grasso,chi aveva le orecchie sventola,chi gli occhi a mandorla,chi era basso,chi troppo scuro...
Una selezione naturale,dentro alle teste di bambini di quattro anni,bambini che impararono a giudicare e classificare molto prima di imparare a comunicare.
Il problema di quelli soli era che non volevano accettare la cosa e si sentivano male se venivano esclusi,eppure rifiutavano categoricamente l'idea di formare il gruppo "diverso" fatto da gente isolata.
A volte piangevano perché nessuno li voleva e eppure non volevano gli altri che nessuno voleva.
Tra tanti anelli il piú debole cede sempre ma che c'é di male in un braccialetto fatti da anelli deboli se nessuno tira gli estremi?
Le cose cominciavano a farsi chiare,ma oscure,non erano solo gli altri bambini a isolare i diversi,erano anche le maestre ad alimentare le cose,osservando e punendo di piú quelli che stavano in disparte,come se avessere visto il preludio della vita che avrebbero vissuto e che li stessero preparando.
Anche se fosse che diritto avevano di farlo?
I bambini diversi a forza di punizioni e isolamenti si ritrovavano sempre insieme,e, per quanto stupidi erano comunque bambini,volevano solo giocare,infatti i diversi diventarono amici.
Ma io ero cosí diverso che pure i diversi se ne stavano lontani.
Se la godevano come se io soffrissi ma l'unica cosa che volevo era farmi i cavoli miei e dentro ridevo per quanto batteri fossero.Piccole creature indesiderate ed inutili,destinate cedere e a soccombere.
Non mi importava cosa pensassero di essere,sapevo solo che uno scarto era uno scarto e chiunque non fosse me era uno scarto.
E avrei continuato a pensarla cosí fino ai 17 anni,ma questa é un'altra storia...Con la fine dell'asilo arrivó l'estate del 2006,il secondo miglior periodo della mia vita.
Ero sempre in giro con la famiglia e con gli amici dei miei genitori.Andavamo al mare,al campetto da basket a fare pic-nic nei parchi...Era proprio il paradiso di un bambino,quello che pensavo fosse la vita.Fu anche per questo che quando tornai a scuola e inziai le elementari la mia visione del modo era cosí oscura.
Prima vivevo la pace e l'armonia e poco dopo cominciai a vivere il freddo e le ferite.
Devo ammettere che come ogni bambino ho cercato di uscire dalla solitudine perché l'umano considera normale ció che piú gli viene mostrato.Ebbenesí cercai di farmi amici,ma bastó poco a farmi capire che l'amicizia era solo un contratto in cui qualcuno molte volte era costretto a perdere lasciandosi il sorriso in faccia.Non mi piaceva perdere.
Qualche amico o meglio dire "compagno di punizioni" me lo feci,erano i diversi ma meno selettivi.
Non detti mai troppo valore all'amicizia a causa di come era stata l'esperienza da piccolo,ma non é una cosa negativa,a volte non avere una cosa é l'unico modo per capire quanto poco ne gai bisogno.
Gli "amici" per me erano ponti su cui camminare,erano persone che mi servivano non delle quali avevo bisogno,la differenza era immensa.
Non ero un animale sociale,ero solo un bambino finito nel modo sbagliato.
Non dó un senso al concetto di rispetto perché non esiste umano che lo meriti,penso che sia meglio essere temuti che rispettati perché con il rispetto si ottiene l'ascolto ma con la paura si ottiene tutto.
La paura é uno stato emotivo di repulsione e di apprensione in prossimità di un vero o presunto pericolo,la paura fa battere forte il cuore,fa sudare,fa stare male,fa piangere e soffrire.
Le persone quando hanno paura diventano cuori di cerbiatto,schiavi.
Piangono e supplicano,pietá ed aiuto.
Mi piace far paura alle persone quando se lo meritano,perché molte volte é peggio della morte.Ti rane in testa,ti prende il cuore,ti insegue,ti precede...Fa molte cose.
Al contrario della morte ti insegna qualcosa che puoi ricordare.
Io non provo paura,io sono vuoto ma pieno allo stesso tempo.
Non piango,rido,non chiedo e non imploro.
Il mio nome é Athlas e questa é come tutto é cominciato.O meglio dire,di come tutto é finito...