5)- VUOTO

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Non so cos’è peggio, gli urli che sono cessati qualche settimana fa, o il silenzio che in cui sono caduto da allora. Prima, pensavo che tutto doveva essere fatto per aiutare gli altri. Ora, nella mia auto-riflessione, non so più cosa pensare.

Era un giorno come gli altri in città. Sereno e affollato. Stavo camminando verso il lavoro in una grande banca nazionale, dove avevo iniziato recentemente un tirocinio. Ricordo bene quel giorno perché, oltre al fatto che il mondo finì, avevo finalmente convinto me stesso a parlare alla segretaria carina dall’altra parte del corridoio. Le cose sembravano andare per il verso giusto quel giorno. Sono andato a lavoro ogni giorno, e c’era molto traffico. Fu in quel momento che suonò l’allarme.

Ci fu un gran panico, come ci si può aspettare. Guardavo migliaia di persone correre in preda all’isteria, andando da nessuna parte. Alcune persone correvano nella metropolitana, qualsiasi cosa sotto terra. Non c’erano molti posti dove andare e, come ho detto prima, la gente non andava molto lontano. L’unica cosa che mi veniva in mente era seguire tutta quella gente verso la metropolitana. C’era del personale militare nel corridoio che ci guidava verso il tunnel, indossavano una tuta militare antigas come se fossero stati equipaggiati per una specie di attacco biochimico. Non potevo vedere le loro facce, ma avevano l’aria minacciosa. Alcune persone stavano piangendo e i bambini piangevano man mano che i loro genitori li portavano giù nel tunnel sempre più buio.

Doveva essere passata qualche ora da quando ero entrato nel tunnel prima che il personale, vestito come ho detto prima, ci segnalasse di girare a sinistra in un vault enorme. I caratteri N77R2D80F erano incisi su un qualcosa di acciaio. Ero stato fortunato ad entrare perché poco dopo ho sentito degli spari e poi il chiudersi delle grandi porte di bronzo dietro di me. Fuori si potevano sentire altri urli e spari. Le cose si calmarono dopo pochi minuti.

L’esplosione cominciò circa quindici minuti dopo. Il suono era assordante e il terreno tremò come se Dio in persona stava cercando di ucciderci. I bambini continuarono a strillare per tutto il tempo. La cosa che mi disturbava di più era la mancanza di rumore di fuori.

Le cose nel vault rimasero tranquille per i giorni successivi. Le persone parlavano di cosa poteva essere successo di fuori, e cosa aveva causato l’esplosione nucleare sulla superficie. Ad essere sinceri, era un miracolo che fossimo ancora vivi. C’era una piccola mensa per noi, ma ovviamente il cibo era poco per la gente che era qui. Le razioni di cibo sembravano inumane, anche se sapevamo bene che non ce n’era molto in giro.

Era circa il terzo o quarto giorno quando i rumori di fuori cominciarono a risentirsi. Ai soldati era stato detto di non aprire le porte per nessun motivo, e credo che eravamo tutti felici per questo. Nessuno di noi voleva vedere cosa c’era dall’altra parte, specialmente ora che sentivamo le loro suppliche.

“Sappiamo siete la dentro! – Dovete farci entrare. – Aiutateci. – Stiamo morendo qua fuori, fate qualcosa! – Per l’amor del cielo, aiuto!”

Le loro suppliche andarono avanti per circa tre ore prima che il rumore degli spari riempi l’altro lato della stanza. Non volevo sapere da dove venivano quegli spari, ma eravamo tutti felici per il silenzio.

Dopo un’altra settimana, le voci tornarono. Questa volta ci maledirono e ci minacciarono nell’interno. Dissero che una volta entrati, ci avrebbero mangiato le carni e avrebbero bevuto il midollo dalle nostre ossa come fossero una cannuccia. Cercai di non pensarci ma non ci riuscii, le voci mi seguirono nei sogni e mi causarono orribili incubi. Sognai che ero fuori nella probabile città annientata, ero rincorso da degli umanoidi che cercavano di mangiarmi. So che sono solo sogni, ma chi sa quanto sono lontani dalla realtà.

I comandanti decisero che le nostre razioni di cibo sarebbero dimezzate. Ci fu una protesta e una piccola fazione cercò di impossessarsi della mensa, ma furono uccisi tutti. Cominciai ad accumulare il cibo nella mia borsa da lavoro. Come ho detto, non era tanto, ma cercai di conservarne quello che potevo quando potevo.

Loro sono dentro, e non sono umani. Gli ho dato un’occhiata mentre correvo nei corridoio, e quelle cose non sono umane. Hanno degli orribili occhi verdi luccicanti, e la loro pelle senza peli è gialla. Ho incrociato lo sguardo con uno di loro, e in quel momento ho sentito l’odio che provava per me. Un passo, due passi e finalmente una raffica di proiettili arrivò dalla sua sinistra. Non aspettai a ringraziare il mio salvatore. Corsi. Corsi più veloce che potei. Probabilmente penserete che sono un codardo per quello che dirò ora, ma non importa.

Arrivai nella mensa e corsi dritto nella cucina. La colazione era appena stata servita, perciò uno dei magazzini non era chiuso a chiave, e nessuno era nei paraggi. Chiusi la porta dietro di me e sentii la carneficina che andava avanti. Alcuni spari continuarono a sentirsi per le successive paio d’ore, e poi il silenzio. Spesi il mio tempo immagazzinando il cibo che avevo, ed era abbastanza per sopravvivere per, diciamo, un casino di tempo. Un soldato era sdraiato vicino alla porta, con la sua mitraglietta davanti, e la pistola ancora nella fondina. Presi la pistola e la misi in tasca.

Sono rimasto in questa stanza per più di quanto possa tener conto. Dal numero delle lattine impilate addosso al muro, direi circa un mese. Il corpo del soldato cominciò a marcire molto tempo fa, e la puzza è disgustosa. Mi riempie le narici giorno e notte.

La cosa peggiore è che loro sanno che io sono qui. Sanno che mi sono chiuso qua dentro e continuano a dirmi che ci morirò. Morirò in questa stanza. Questo è il posto. Mi bisbigliano nel sonno che mi caveranno gli occhi dalla testa e che mi strapperanno le dita una a una.

Ho trascorso i giorni accovacciato nell’angolo, guardando l’uomo putrefatto, sperando che il mio inferno finisse. Ho pensato molte volte di puntarmi la pistola alla tempia e spararmi, e così porre fine a questo incubo. Il cibo sta cominciando a scarseggiare, e l’idea è sempre più convincente.

Le creature vuote chiamano il mio nome. Nella mia solitudine gli ho detto chi ero. Mi dicono di aprire la porta e poi sarà tutto finito. Queste creature vuote, inumane, mi dicono di farla finita.

Su una cosa hanno ragione. Domani, quando mi sveglierò, la finirò a modo mio.

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