La prima volta che Einar vide Filippo, fu ad una manifestazione di anarchici, che avevano preso possesso di una casa abbandonata lungo una via molto trafficata di un piccolo borgo nel nord Italia. Si era subito chiesto cosa avesse lui a che fare con tutti quei ragazzi. A parte qualche tatuaggio e il modo di vestire, non avevano nulla in comune. Il ragazzo stava con la testa abbassata e non urlava come tutti gli altri, probabilmente preso dall’imbarazzo, pensò Einar, ma allora perché stare in un gruppo di giovani adulti che tentano ogni giorno di togliere il potere ai pochi?
Lo aveva osservato attentamente, mentre con accanto suo padre, il sindaco della città, aveva tentato di avere un colloquio con loro. Suo padre gli aveva detto che stare insieme a lui, mostrargli che anche lui sapeva cosa significasse essere giovane, lo avrebbe aiutato nella sua missione. Einar si sentiva un pesce fuor d’acqua, proprio come pensava stesse quel ragazzo con gli occhi color verde ghiaccio, i capelli rossicci e la giacca di pelle nera. Quando aveva alzato lo sguardo, finalmente, dandogli una veloce occhiata, Einar si chiese ancora di più per quale motivo dovesse stare con un gruppo di ragazzi che occupavano case, si attaccavano all’elettricità e al gas senza pagare. E, sempre mentre suo padre discuteva con i rappresentanti di quei ragazzi, si era osservato intorno e aveva notato quanto avessero fatto tornare in vita quella casa, che suo padre non aveva tenuto in considerazione minimamente durante tutto il suo mandato. Prima che loro decidessero di occuparla, era piena di erba rampicante, che nemmeno faceva vedere loro la struttura della casa, mentre in quel momento lo stato era decisamente migliore, con ragazzi e ragazze che ne dipingevano le mura di un rosso accesso all’interno e con graffiti all’esterno.
Einar non si era mai preoccupato di studiare bene le motivazioni di quei ragazzi. Gli erano sembrati solamente tutti dei drogati, scappati di casa, con cui lui non voleva avere niente a che fare, ma in quel momento si stava ricredendo. Probabilmente utilizzavano dei metodi poco ortodossi e sicuramente facevano troppi schiamazzi, soprattutto durante i rave che organizzavano, ma avevano delle idee buone e tentava di far valere i propri diritti di cittadini.
“Si è portato il suo perfetto figlio per sbatterci in faccia cosa? Che non possiamo frequentare l’università? Che ci stiamo rovinando la vita? Che non dovremmo occupare e non dovremmo far valere le nostre idee? Sa dove potete andarvene tutti e due? Bene, credo che la risposta la sappiate” disse una delle rappresentanti del gruppo, che si era dato il nome di “Telos”. Non sapevamo il nome di nessuno, tutti volevano essere chiamati solamente come ‘partecipanti al gruppo Telos’, forse proprio per gli ideali che perseguivano. Einar, però, giurò di sentire alcune ragazze nella stanza accanto, chiamarsi per nome. Quel ragazzo dagli occhi chiarissimi li aveva osservati quando la ragazza aveva detto quelle parole, ma Einar non aveva reagito, infondo immaginava che qualcuno di loro li avrebbe mandati a farsi benedire, e sinceramente si aspettava anche che potessero far di peggio.
“Volevo solo farvi notare che sappiamo perfettamente cosa significa essere giovani e avere una mente piena di speranze, ma che si possono far valere in altri modi” spiegò suo padre e lui lo guardò, senza proferire una parola, proprio come gli aveva chiesto poco prima di entrare, lui stesso. Comunque, a parte spiegare a quei ragazzi come anche lui avrebbe perseguito i loro stessi ideali, ma in altri modi, non avrebbe potuto fare, e non era decisamente quello che desiderava suo padre. In effetti, non sapeva nemmeno Einar cosa volesse farne di quella casa una volta che fosse stata liberata da quei ragazzi. Sicuramente sarebbe stata lasciata di nuovo al proprio destino.
Le mani del ragazzo dai capelli rossicci si mossero sul tavolo, stringendosi un po’ di più tra loro. Einar non riusciva a togliergli gli occhi di dosso, nonostante lo trovasse anche inopportuno. Aveva le mani bianche, la pelle sembrava dover essere liscia e aveva dei tatuaggi che ne coprivano qua e la qualche parte. Una rosa e un serpente a due teste colpirono subito la sua attenzione. Quel ragazzo era contrastante tanto quanto i tatuaggi che aveva. Aveva poi alzato lo sguardo da quella sua parte del corpo e aveva incontrato di nuovo il suo sguardo, che lo stava studiando esattamente come stava facendo lui. Contrariamente al ragazzo dai capelli rossicci, però, Einar non aveva tatuaggi, se non uno sulla gamba, ma che in quel momento era nascosto dai pantaloni eleganti che suo padre gli aveva imposto di indossare. Solitamente non usava vestirsi così, nemmeno quando andava in università e tanto meno quando usciva con i suoi amici.
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Telos [Eiram]
Fanfiction"Lo aveva osservato attentamente, mentre con accanto suo padre, il sindaco della città, aveva tentato di avere un colloquio con loro. Suo padre gli aveva detto che stare insieme a lui, mostrargli che anche lui sapeva cosa significasse essere giovane...