Harry's pov.
Fin da quando ho memoria, ricordo di essere sempre stato un tipo solitario. Uno di quelli con i pensieri incasinati, orgogliosamente ingabbiato nelle sue convinzioni. Il tipo di persona che la gente o segretamente rispetta o disprezza, condanna, ad alta voce, senza preoccuparsi di farsi sentire.
In questa città non esistono vie di mezzo. O tutto o niente. O bianco o nero, nessun grigio, nessuna sfumatura di colore a rendere le cose indefinite, più complicate di quanto in verità già non siano.
Nonostante io abbia la tendenza a starmene in disparte la maggior parte del tempo, ben lontano dal conformismo della massa, facendomi placidamente i cazzi miei spaparanzato sul divano con una lattina di birra vuota ai miei piedi, le persone riescono comunque a trovare il modo per infastidirmi: guardano più del dovuto, parlano più del dovuto, ma soprattutto occupano l'ultimo posto vuoto rimasto nel pullman non appena i tuoi occhi si posano su di esso.
Molte volte mi sono chiesto se in verità il problema non provenisse da me. Forse provare questo forte senso di repulsione per qualsiasi cosa respiri, abbia due gambe e possa essere definito essere umano non è esattamente normale.
Alla fine, comunque, prima di spegnere i miei turbolenti pensieri per qualche ora, addormentandomi sul mio vecchio e solitario letto, ho riflettuto e sono giunto così ad una brillante conclusione: è ovvio che il problema non sia io, ma gli altri.Una cosa che ho capito dalla vita, oltre al fatto che il proverbio "anno nuovo, vita nuova" è un'enorme cazzata, è che esistono tre modi per riuscire a stare a debita distanza dai coglioni che popolano questo ridicolo pianeta: il primo è evitare la frequentazione di bar, locali o qualsiasi altra struttura contenga gente disposta ad agitare scoordinatamente i propri arti sudati pur di conquistare l'attenzione di qualche ragazza facile; il secondo è non avere il timore di alzare la voce quando non si è d'accordo con qualcosa o qualcuno: se il tizio capirà che hai carattere, se ne andrà e non ti rivolgerà mai più la parola (altrimenti si può sempre ricorrere alle mani, che è molto più divertente e appagante); infine l'ultimo modo, ma non meno importante, è quello di non osservare mai, e dico mai le altre case del proprio quartiere, soprattutto dall'alto del balcone di casa propria, dove l'orizzonte risulta particolarmente esteso.
"No, allora non hai capito niente. No... non esiste. Ti ho già detto che non vengo" sibilo infastidito, stringendo tra le dita il telefono, ora premuto contro l'orecchio destro.
Il cielo è limpido, ma la sua volta è frammentata da qualche stralcio di nuvola. Molto probabilmente pioverà.
"Che palle che fai venire, Harold. È sabato sera e ci saranno anche gli altri, che ti costa uscire con noi?"
"Voi lo sapete che quei posti del cazzo li odio, ma nonostante questo continuate a volermici trascinare. Questa è l'ultima volta, andate a fare in culo" scatto, tirandomi il labbro inferiore con le dita per cercare di calmarmi.
Espiro tremante - non per il freddo, sia chiaro - quando dall'altro lato della cornetta fa eco una risata spensierata e leggera, segno che le mie parole si sono rivelate nient'altro che un inutile monologo, come accade quasi sempre.
STAI LEGGENDO
Not so kind » Harry Styles
Fanfiction"Potresti almeno toglierti quelle orribili scarpe, per lo più sporche, prima di entrare in casa mia?" Mi deride, arcuando sarcasticamente un sopracciglio. "Ma come? L' Amanda dolce e così eccessivamente gentile è già scomparsa?" "In verità no, lei c...