Capitolo 3

60 2 0
                                    

Sara si svegliò quel giorno. Era già una tipa nervosa, ma ultimamente lo era in modo particolare.

Suonò la sveglia dal telefono accompagnata dalla canzone "Eccoti" degli 883. Gli piaceva davvero tanto quella canzone, prima di metterla come sveglia. Biascicando parole, tirando lentamente le gambe fuori dalle coperte, si alzò con le palpebre che pesavano sugli occhi come saracinesche di ferro e che li chiudevano quasi. Si rese conto che il suo leggero pigiama, a febbraio, non serviva a proteggerla dal freddo pungente. Tremolante arrivò fino in cucina, incontrò i suoi che facevano colazione e si unì a loro. Si fece una doccia, si vestì, lavo i suoi denti drittissimi e bianchi e passo sulle palpebre una buona dose di ombretto e aggiunse eyeliner e mascara. Era finalmente pronta per andare a lavoro.

Lavorava in un bar, uno squallido locale dove tutti quei borghesi andavano a prendere caffe e cornetto tutte le sante mattine. Era davvero sovrappensiero quella mattina, più di altre. Le successe, infatti, di macchiare la cravatta di un imprenditore e di ignorare una buona parte dei clienti che chiedevano la loro colazione.

Il capo la riprese, lei si scusò e poi si senti chiamare.

"Sara! Vieni qui"

Era una sua collega, Licia, una ragazza molto buona, capelli lunghi e neri, occhi neri. Vestiva molto bene, anche solo per andare a fare la spesa ed era impossibile ai ragazzi non girarsi, quando una bellezza di quelle le passava accanto.

Sara credeva che si trattasse della solita sigaretta fumata in pausa, ma Licia invece voleva parlarle seriamente.

"Sara" disse lei "gia da un pò ti vedo nervosa, distratta, insomma strana.. Cos'è successo? Problemi a casa o con Domenico?"

Lei le rispose "Nono, assolutamente. Ho solo un dubbio che mi tortura da gia due settimane. Non so con chi parlarne, chi mi possa aiutare."

Licia si sentì un pò offesa, ma lo nascose perché quando un amico soffre bisogna mettere da parte la propria sofferenza ed aiutarlo. "Sara, e allora a cosa servono le amiche?Dimmi pure, sai che di me puoi fidarti!". Sara era un pò imbarazzata, con la testa bianca, le disse: "Ho un ritardo di 10 giorni. Io non ci credo che sono incinta, non lo realizzo. E quest'ultlimo è l'ultimo dei miei problemi. E se fosse un tumore? Una disfunsione? Rabbrividisco al solo pensarci."

Licia resto di stucco, ci mise un paio di minuti a trovare la risposta, e dopo finalmente rispondette: "Non c'è altro da fare. Dobbiamo comprare un test di gravidanza, non c'è motivo di aspettare. Il dubbio tortura." e la abbracciò.

Alla pausa pranzo andarono alla farmacia aperta di turno, Sara non voleva assolutamente entrare a chiedere un test di gravidanza, si vergognava. Così andò Licia.

"In cosa posso esserle utile, bellissima signorina?" un farmacista le parlò, nonostante i suoi modi gentili,aveva negli occhi una scintilla maligna ed a Licia dette l'impressione di un grassone pedofilo,che credeva di essere potente solo perché gli girava la moneta.

Dopo aver detto "Un test di gravidanza." il farmacista s'incupì e questa era la conferma che il farmacista era un porco.

Tornarono al lavoro, ma Sara non si sentiva per niente bene. Il dolore fisico si mischiava a quello mentale "e se fossi incinta? e se avessi un tumore? una disfunsione? e se diventassi sterile?" ripeteva tra sé e sé.

Il capo diede cinque minuti di ricreazione o "pausa-sigaretta" come la chiamavano Sara e Licia. Solo che quel giorno, a riempire il buco di cinque minuti non c'era una sigaretta, bensì un TEST DI GRAVIDANZA.

Hai finito le parti pubblicate.

⏰ Ultimo aggiornamento: Jul 10, 2014 ⏰

Aggiungi questa storia alla tua Biblioteca per ricevere una notifica quando verrà pubblicata la prossima parte!

Mai Abbastanza!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora