•Dopo che nostra madre non si fece più viva, finalmente ero più tranquilla, riuscì a convincermi dell'idea che da lì in poi sarebbe andato tutto meglio senza di lei, d'altronde era solo lei la causa della nostra infelicita. Dopo diversi giorni trascorsi lì da sole,finalmente qualcuno si fece vivo e mentre eravamo lì ad ammazzare il tempo sul letto, una signora dai capelli neri non molto giovane ci trovò senza protezione alcuna, spiaccicò qualche parola per non farci avere paura e ci portò via con lei. Ci mantenne per qualche giorno a casa sua,era gentile con noi, ma anche se lei ci trattava bene, io ero sempre molto chiusa, rifiutavo qualunque cosa lei mi desse, e non rispondevo mai a nessuna domanda.
Mentre era lì seduta al tavolo a cercare di capire qualcosa di più su di noi, bussarono alla porta. Lei si alzò immediatamente, come se fosse qualcuno che aspettava con ansia o urgenza, come se sapesse già che dovevano arrivare. Infatti fu esattamente così, era Il Benestar familiare. Entrarono due donne ben vestite, scese da un fuoristrada verde con lo stemma della casa famiglia. Io non so perché, ma appena bussarono a quella porta, capii subito che chiunque fosse, era lì per noi due. Si presentarono a me sorridenti, con la speranza che io facessi altrettanto, ma avevo paura di qualunque persona si avvicinasse a noi e restai muta per tutto il tempo. Dopo qualche parola scambiata con quella donna, una delle due prese mia sorella in braccio e iniziò a portarla in macchina. Io nel vedere quella scena, iniziai ad urlare e a picchiarle senza capire nulla, ero terrorizzata dall'idea di non vederla più, ma quando mi dissero che saremmo state insieme, magicamente riuscirono a tranquillizzarmi e la raggiunsi in macchina con prepotenza. Quasi ricordo ancora l'odore di pelle nuova dei sedili e la puzza di fumo di una delle due assistenti. Dio quanto le odiavo. Non era passato tanto tempo dal nostro primo incontro ed io le odia già. Odiavo tutti, guardavo sempre tutti con odio, non mi fidavo di nessuno e chiunque si avvicinasse a mia sorella sapeva già che la mia reazione sarebbe stata pessima. Sono sempre stata molto gelosa di mia sorella, sempre, ma non è mai stata colpa mia ma bensì del forte senso di protezione che nutrivo nei suoi confronti,sapevo che qualunque cose le fosse successo sarebbe stato colpa mia. Durante il viaggio in macchina, che sembrava non finire mai, le assistenti, cercavano di interagire con me in tutti i modi possibili e immaginabili, ma senza alcun risultato quindi si ritrovano a parlare tra di loro senza pensarmi minimamente perché sapevano che loro non avrebbe concluso nulla. Con tutta onestà, tutt'oggi penso che avrebbero fatto meglio a cambiare mestiere. Dopo qualche ora infernale in viaggio con le due papere, arrivammo in una struttura che a primo impatto per chiunque sembrerebbe una scuola, ma durante il tragitto mi spiegarono che ci avrebbero portate in un orfanotrofio e che si sarebbero presi loro cura di noi. Sembrava essere un posto tranquillo; mentre seguivo come uno sbirro quella con mia sorella in braccio, curiosavo con lo sguardo un po' in giro. Era pieno di bambini di diverse età che giocavano allegramente nel parco. Incrociavo altri che giravano per l'edificio come se stessero lì da tanto, e la cosa non so perché mi spaventava. Dopo infinite scale e corridoi, arrivammo in una spiace di officina enorme piena di assistenti e segretari, incollati ad un computer o ad un telefono, era lì che si trovava la nostra assistente sociale, la così prescelta, la quale la nostra vita dipendeva solo ed esclusivamente da lei. Entrammo in una stanza in cui vi era una giovane ragazza alta con i capelli biondi e due occhi azzurri nascosti dagli occhiali da vista. Le due assistenti con cui ero prima mi presentarono, mi salutarono con un sorriso e chiusero la porta alle mie spalle portando con loro mia sorella. Scoppiai a piangere, urlavo come se non ci fosse un domani. Avevo promesso a me stessa che per nessuna ragione al mondo avrei permesso a qualunque di persona di dividermi da lei. Lei era la mia unica famiglia e non potevo perderla. Quando iniziai a buttare i calci alla porta di vetro, l'assistente cercò in tutti modi di farmi stare tranquilla prendendomi in braccio; quando mi prese crollai in un pianto infinito lasciandomi cadere sulle sue spalle e mentre mi sussurrava accarezzandomi i capelli che non dovevo avere paura, provai per la prima volta un senso di sicurezza. Lentamente il mio singhiozzo diminuiva e con lui la paura di non vedere più mia sorella. Una volta calmate le acque, si sedette di fronte a me e iniziò a parlarmi di lei per far sì che io acquistassi fiducia in lei, a differenza delle altre due, che erano state molto più pragmatiche. Fino a qualche anno fa ricordavo ancora il suo nome, ma di lei non mi restano che i ricordi del bene che ci ha volute e il ricordo del suo aspetto angelico. Ricordo che mi disse che era sposata e che non aveva figli, mi disse che era lì per una ragione importante ovvero quella di trovare una famiglia che ci avrebbe amate per sempre... la sua tattica di apparire simpatica funzionò e quando mi chiese il mio nome la risposi senza alcun timore ma una volta sciolto il ghiaccio, mi fece la domanda che speravo di non sentire mai più in vita mia: "Cómo se llama tu madre? Sabes decirme adónde ha ido?" ( "come si chiama tua madre? Sai dirmi dov'è andata?). Fu così che la paura riprese a tormentarmi. Pur non conoscendo la risposta temevo che ci avrebbero riportate da lei; allora risposi di non sparlo e che non ci volevo tornare. In qualche modo lei riuscì a leggere il terrore nei miei occhi e giustamente essendo obbligata a conoscere il motivo per la quale noi fossimo in quella casa da sole, doveva sapere perché io non volessi tornarci. Dunque ogni risposta tirava una domanda e allora le raccontai tutto senza timore. Una volta concluso l'interrogatorio mi disse ,con le lacrime agli occhi, che noi non saremmo mai più tornate in quel posto e che fin quando non ci avrebbe trovato una famiglia; saremmo dovute rimanere lì sotto la sua protezione. Per tutto il tempo lì con lei non avevo che un unico pensiero: Che fine avesse fatto mia sorella. Allora non feci altro che chiedere di portami da lei, ma l'assistente sapeva già che prima o poi le avrei chiesto di lei e mi ci portò in tutta tranquillità. Era rinchiusa in una stanza piena di culle per bambini, l'assistente me la indicò, ma io l'avevo già riconosciuta, poiché era l'unica che piangeva e mi faceva un gran male vederla lì dentro senza qualcuno che le stesse accanto, sapevo che aveva bisogno di me, e vederla piangere attraverso quel vetro è una delle scene che non dimenticherò mai. Mi disse che doveva stare lì, sotto controllo perché aveva bisogno di cure mediche e mi promise ancora una volta che nessuno le avrebbe fatto del male e che potevo andarla a trovare ogni volta che avrei voluto. Dopodiché mi portò a fare qualche giro per il dormitorio in modo tale che io potessi orientarmi prima di portarmi dal medico poiché anch'io avevo bisogno dei miei controlli e dei miei accertamenti. Dovete sapere che così come in ogni parte del mondo, ci sono parti in cui non esiste altro che il lusso e posti in cui si fa di tutto pur di attaccarsi alla vita. Beh...noi facevamo parte di quella in cui si sopravvive. Da dove veniamo noi, la povertà è veramente ad un tasso molto elevato, non vi è igiene,non vi è istruzione quindi è in vigore la criminalità. In quei posti molte sono le donne che rimangono incita, si sposano e poi lasciano tutto e tutti per trovare altro per sopravvive, ed per questo che anche l'abbandono minorile è molto frequente. Ovunque si metta piede è possibile trovare scene disgustose di droga, di prostituzione, elemosina e persino risse molto violente. Tornando a noi; mi fecero fare qualche controllo e dopo mille domande su domande,visite su visite di ogni mia parte del corpo sia interna che esterna, si venne a scoprire che entrambi eravamo malnutrite e con qualche verme allo stomaco. Mia sorella era quella più grave e tutt'ora penso che se fossimo rimaste qualche altro giorno in quella casa, molto probabilmente lei non sarebbe qui con me. Mi disse che era praticamente viva per miracolo e solo al pensiero mi si gela il sangue, ed è per questo che oggi devo tutto a quella donna che ci salvò da quella situazione. Dopo gli accertamenti medici, l'assistente mi portò al parco per farmi fare conoscenza con gli altri bambini della quale si occupava lei personalmente, me li presentò, ci salutò e tornò alla ricerca dei nostri supereroi. Io rimasi lì da sola, nella speranza di fare veramente amicizia, ma appena lei si girò e andò via, quei due non mi degnarono minimamente di alcun saluto, se ne tornarono a giocare per i fatti loro. È esattamente come quando vai in una scuola nuova, sei completamente estranea, nessuno ti conosce e nessuno ti vuole conoscere. Loro sono lì da molto prima di te e sei tu che ti devi adattare, sei sempre tu quella che non c'entra nulla. Allora rimasi su una panchina lì da sola, a vederli giocare, nella speranza che qualcuno mi notasse,ma niente. Ero sola. Dopo un po' suonò una specie di campanella e tutti si piombarono dentro come dei tori al rodeo, io senza capire nulla andai con loro. Era la campanella della cena, trovai il primo posto libero e mi sedetti anch'io. Non era molto buono il cibo lì dentro dal
momento in cui erano in tanti a lasciare i resti sul piatto, io invece da morta di fame giustamente ero sempre tra le poche a divorare tutto. A me piaceva, non era poi così male. Dopo la cena finalmente si andava a dormire, ma questa volta i dormitori erano assegnati per ordine di età e divisi per sesso. La prima notte fu un po' difficile da affrontare, non presi sonno molto facilmente, ma dopo un po' la stanchezza si fece sentire e mi addormentai senza pensarci due volte. Difficile credere che i miei sogni fossero composti da fatine e unicorni, dopo tutto quello che avevo passato, e ovviamente si sa che i sogni non sono altro che proiezioni delle nostre giornate precedenti,frutto dei nostri ricordi, e desideri del nostro subconscio.... quindi vi lascio fantasticare su cosa potessi mai sognare una bambina maltrattata e poi abbandonata dalla madre. Ad ogni modo, la mattina dopo la prima notte, non fu il Gallo baciato dal sole a svegliarci, ma bensì il già noto suono della campanella che per me dannava ogni volta i miei timpani. Una volta in piedi, dovevamo lavarci, vestirci e spostarci nuovamente nella sala mensa per la colazione. Quella era per me la parte più bella della giornata, si trovavano un sacco di cose buone, frutta, cereali di ogni tipo, succhi, uova strapazzate le mie preferite) la pancetta ecc. Dopo la colazione eravamo di nuovo liberi di girovagare per l'istituto fino all'ora di pranzo. Ricordo che tutti se ne stavano sempre a giocare nel parco mentre io sapendo che nessuno avrebbe giocato con me, approfittavo sempre per andare da mia sorella. Loro avevano una specie di asilo nido a parte. Ogni volta non vedevo l'ora che arrivasse il momento in cui sarei stata libera per poterla vedere e ogni volta che la vedevo stava sempre meglio. Riuscivo a vederlo che stava bene, non piangeva più e a vederla su quei tappetini di gomma a giocare spensierata mi sorrideva il cuore. Preferivo sempre stare lì con lei a giocare piuttosto che provare ad interagire con quelli della mia età. Stavo meglio con lei. E anch'io iniziavo a sentirmi a mio agio, ma dopo qualche giorno la mia assistente mi fece portare nel suo ufficio senza sapere il perché. Mi disse che era tutto pronto, e noi eravamo pronte. Io non capivo nulla la guardavo completamente spaesata. Mi disse che non potevamo rimanere in quel posto a lungo e che quindi ci avrebbero affidate a delle famiglie nel frattempo che lei faceva di tutto per cercarci una famiglia definitivamente adatta a noi e dunque fu così che mi disse che il giorno stesso saremmo andate da una nuova famiglia in città. Dopo quel dialogo io non dissi nulla per tutto il tempo, non sapevo che pensare, cosa dire o meglio cosa chiedere perché non avevo la più pallida idea di cosa stesse succedendo. Perché spostarci di nuovo? Stavamo così bene li! Perché non potevamo rimanere e aspettare lì? Saremmo davvero state bene in quella nuova famiglia?•
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Il colore della libertà
General FictionSono sempre stata una ragazza dalle mille avventure. La tipica paranoica con le sue storielle depresse della quale non frega nulla a nessuno. Questa che state per conoscere è la storia della mia vita. Voglio condividere con voi, le mie gioie, i mei...