Partiamo dal presupposto che io non sappia raccontare storie, descrivere situazioni o parlare dei miei sentimenti. Tuttavia la mia storia è fighissima, perciò la racconto. Piena di colpi di scena, drama e corna.
Partiamo da quando lavoravo come cameriera al bar dei miei zii del Trentino, così c'è suspense del mio passato.
C'eravamo io e la mia amica Myrea come cameriere.
Ci eravamo conosciute lì.
Myrea era stronza, un po' arrogante e pronta a spegnere le paie addosso a chiunque le desse fastidio. Mi trovavo bene con lei, così bene che quando qualcuno ci dava fastidio io lo prendevo a calci in culo e lei a calci nell'autostima.
Lei faceva più male di me.
Aveva mille nei, capelli ricci e castani e un naso all'insù che le ho sempre invidiato.
Era bella e lo sapeva. Dio, se lo sapeva. Lo usava a suo favore.
Era furba.
Ed era anche la migliore.
"Porca puttana, ti vuoi muovere?"mi diceva ogni mattina alle 8:03 davanti a via Dante. Dovevamo essere dentro alle 8:05 e lei mi aspettava sempre lì dalle 7:55. Lo so perché mi mandava sempre un messaggio con scritto "ci sono" a quell'orario. Sono quasi certa che rimaneva ferma appoggiata alla vetrina del negozio a fumare fino alle 8:04. A lei piaceva arrivare prima. Le dava fastidio fumare davanti a me. Usciva prima di casa di proposito. Eravamo coinquiline e dovevamo fare la stessa strada tutte le mattine, ma lei usciva prima per non fumarmi addosso.
Poi, due anni e tre giorni dopo il mio primo giornindi lavoro lì questo cazzone, tale Enrico, si presenò al bar alle 8:05 e rimase seduto ad un cazzo di tavolo ordinando un cazzo di caffè e basta.
Seduto a fissarmi ogni volta che passavo.
Appena Myrea andò alle 12:29 a dirgli che alle 12:30 avremmo chiuso lui rispose solo "me lo deve dire la campionessa.".
E lì volevo prenderlo a calci nei coglioni.
Quando gli dissi di levarsi dalle palle perché dovevamo chiudere lui mi disse solo di sedermi con lui che mi doveva parlare.
All'hallelujah manca la sua campionessa.
Va tutto allo sfacielo senza di te.
Abbiamo bisogno di te.
Dire ad una persona "ho bisogno di te" è un colpo basso.
Perché tutti amiamo sentircelo dire.
Lo mandai soavemente affanculo e lui uscì dal locale come se nulla fosse.
Chiudemmo tutto e io e Myrea andammo a casa nostra a pranzare.
Arrivate a casa si accese una sigaretta.
"Se lo becco di nuovo al locale lo distruggo?"chiese lei mentre scenerava. La sua voce era monotona e roca.
"Me la cavo. Se non me la cavo ti chiamo io."
Lei alzò le spalle.
Tirai fuori dei panini, insalata, maionese, pomodori e mozzarelle.
Né io né lei mangiavamo la carne, perciò non avevamo affettati in casa.
Iniziammo a farci un panino e lo mangiammo in silenzio.
"Mi sono rotta il cazzo"alzò gli occhi al cielo Myrea.
"Dovremmo andare al mare"proposi.
Mi sorrise e mi diede ragione.
"Ho dei soldi da parte, potremmo andare a Ibiza."dissi.
Sospirò profondamente "ci vanno tutti a Ibiza. È troppo affollata. Finirei per far rissa tutti i giorni."
Non aveva tutti i torti.
Non ci piacevano le persone.
"Andiamo da qualche parte in Portogallo, mh?"
Lei addentò il panino e annuì.
"Figo, mi piace."
Controllò l'orologio, imprecò e disse mi disse di muovermi.
Finimmo il panino, bevemmo un sorso d'acqua e tornammo al bar.
Non era mai stato molto frequentato, aveva i soliti clienti abituali e cazzi vari, no? Come ogni piccolo bar in ogni piccola cittadina.
Ecco, se c'era qualcuno di nuovo la notizia si diffondeva come una malattia e tutte le smorfiosette pettegole erano davanti al bar per vedere se Enrico ai sarebbe rifatto vivo il pomeriggio.
Un gruppo composto da sette oche giulive si era accomodato al tavolino più vicino all'entrata e attendeva impaziente.
Almeno avevano preso a testa una fetta di torta e un drink analcolico.
Ed eccolo che fa la sua entrata scenica.
Myrea lo squadrò da capo a piedi.
"Se ordina solo un caffè e sta fino alla chiusura io gli scenero addosso."
"Non puoi fumare qua dentro"
"Faccio un angolo fumatori sul tavolo dov'è lui"
Sorrisi piano e pulii il bancone.
Guardai le smorfiosette.
Tutte rigorosamente fidanzate e facevamo gli occhioni da cerbiatto a Enrico.
Non era brutto fisicamente: rasato, lineamenti decisi e spigolosi, molto muscoloso e occhi di ghiaccio.
Aveva un neo sotto l'occhio destro ed era costellato da tatuaggi su tutto il corpo. A me piaceva molto la fila di soli maori che aveva sulla schiena.
Lui nemmeno sembrava aver notato le pettegole.
Era fidanzato ed era fedele, questo lo rispettavo.
Myrea andò a prendere la sua ordinazione.
Appena vidi la sua faccia mentre tornava indietro capii. Aveva ordinato solo un caffè.
Feci un sorrisino. Eppure lui odiava chi stava al suo locale per molto e ordinava un misero caffè. Se potessi gli ficcherei la testa nel cesso.
Decisi di fare una cosa poco professionale, sicura che le galline l'avrebbero detto ai miei zii e loro mi avrebbero fatto un cazziatone che mi avrebbe fatto diventare blu, ma a me cazzo me ne fotte. Mi piacevano i puffi.
Mi sedetti al suo tavolo.
"Enrico, cosa vuoi?"
"Te all'Hallelujah."
"Sei un rompipalle."
"Non puoi parlare così al tuo datore di lavoro."
"Fottiti, stronzo."
Volevo alzarmi, la lui mi tenne per un polso. Non strinse, era delicato.
"Torna. Allena un nuovo arrivato. Non andrai sul ring se non vorrai."mi disse a denti stretti.
"Quanto tempo ho?"
"Il suo prossimo ring sarà tra una settimana esatta."
Sorrisi. "Tra sei giorni esatti io e te torniamo all'Hallelujah allora. Non prima. Guidi tu. E verrai tutti i giorni qua a ordinare qualcosa... ah e sono solo Carmen."
Lui alzò gli occhi al cielo: gli stava sul cazzo quando qualcuno gli dava ordini.
Acconsentì.
Dovrò chiamare i miei zii e dire loro che starò via per un po'.
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Non è l'inferno
FanfictionCarmen è una ragazza scorbutica, rompipalle, scurrile e irascibile. Un giorno Enrico le fa visita e riesce a convincerla a farla tornare nel paesino dove è cresciuta. Ma perché era scappata da lì?