Capitolo 1

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Il gelido freddo regnava soave in quella stretta classe ma, al col tempo, capiente d'alunni. I quali, non essendone abituati, restavano sofferenti e con ancora il cappotto sulle loro sedioline. Io, in aggiunta, avevo un bel cappello nero di lana ed una sciarpa color grigio perla al collo, e me ne stavo sdraiato a braccia conserte, su quella che sarebbe dovuta essere una sedia, ad aspettare l'inizio della lezione. La maniglia d'acciaio ridipinta d'argento iniziò pian piano a muoversi, e con essa anche la porta, che, come una bambina con la propria mamma, le andava dietro. Ne uscì un manto di capelli color miele, che coprivano un pallido e semplice viso, portatore di due occhi grigi e ricchi di domande senza una risposta. Un parka bianco come la neve la proteggeva dal freddo e nascondeva le forme del suo, ancora, gracile corpo. Ogni suo passo era dolce e aggraziato, sembrava quasi che non avesse peso. Avrebbe potuto camminare su di una lastra di ghiaccio senza arrecarle il minimo graffio. L'attenzione di tutti era su di lei, compresa la mia. Più la guardavo più assumevo un colorito rossastro. Il mio sguardo incontrò il suo, ed un buffo sorriso le comparve in viso, che coprì elegantemente con la sua mano. Mi superò, mostrandomi l'infinita lunghezza dei sui capelli.

Iniziai a percepire qualcosa dentro di me, come se qualcuno mi stesse delicatamente accarezzando il cuore. Sprofondai ancora di più nella sedia, portandomi la mano al petto.

<<Così è questa quella che chiamano "cotta da liceale"?>>

Il primo giorno di scuola, come il primo amore, non si scordano mai. Ed io, in quel momento, ebbi modo di provarli entrambi.

Mentre toglievo sciarpa, cappello e giubbino, la porta dell'aula si riaprì di colpo. Ne uscì una donna sulla trentina, con dei capelli castani, lunghi fino alla base del collo. La sua altezza era nettamente superiore rispetto alla media femminile, e con un carattere, come ebbi modo di scoprire in seguito, forte e autoritario, ma, allo stesso tempo, dolce e comprensivo.

<< Quindi sono così le insegnanti? Me le aspettavo diverse... >> Ma, nel profondo, quel suo modo di fare non mi dispiaceva affatto.

<< Perdonatemi il ritardo, ma c'era un traffico... >>

Qualcuno dal fondo della classe la interruppe, in maniera per lo più ironica.

<< Prof sono quattro anni che continua a fare ritardo, sappiamo benissimo che le piace dormire. >>

Dopo averlo praticamente ignorato, diede una rapida occhiata alla classe e notando un volto nuovo, esclamò: << Vedo che continuiamo ad aumentare di numero. Non capisco cosa ci troviate di affascinante in questo istituto, oltre me, ovviamente, ma, d'altronde, chi sono io per poter giudicare? Comunque, ti andrebbe di raccontarci qualcosa di te? Tranquillo nulla di personale, chiediamo solo una semplice presentazione. >>

Mi sentii per un attimo un soldatino, ritrovatosi per sbaglio nella trincea nemica, solo contro tutti. Mitragliato da sguardi. Osservavo la mia insegnante, mentre con le mani prendevo delle ciocche bianche dei miei capelli e le portavo davanti al viso, per celare il mio imbarazzo. Tirai un sospiro e mi alzai. Sembrava quasi di star camminando sulla pedana usata dai pirati per buttare in mare i traditori, come nei libri di favole per bambini. Sul palmo della mano mi ero inciso, quasi a fuoco, tutto quello che dovevo dire, nome, cognome, interessi... insomma tutto. La mia intera persona era chiusa all'interno di quel palmo, che stringevo con forza, solcandone la pelle con le unghie. Avevo previsto una situazione del genere. Ma quando arrivai, di fianco alla cattedra della mia insegnate, che aspettava sorridente di scoprire il suono della mia voce, notai che la loro attenzione era, solo ed unicamente, su di me, compresa la sua. Provai ancora quella strana sensazione al cuore. La nebbia davanti gli occhi stava pian piano scomparendo, insieme alle mie paure. Diedi una rapida occhiata agli appunti, inspirai e...

<< Il mio nome è Ren Dahl , che vuol dire "fior di loto". Ho 17 anni e vengo dalla cittadina di Reine, un paesino di circa 300 abitanti nel nord della Norvegia. Il resto spero lo possiate scoprire da soli, imparando a conoscerci magari. >>

Il silenzio fece il suo presuntuoso ingresso nella stanza. L'attenzione che mi era stata riservata, durò poco... molto poco. Ma a me non importava.

<< Benissimo Ren. Visto che ti sei presentato, ora tocca a me. Il mio nome è Sofia Cryfder. Sono nata e cresciuta nella città di Swansea, nel Galles. Ho deciso di trasferirmi qui all'età di 26 anni. Ovviamente dopo aver completato gli studi ed aver appreso alla perfezione la lingua locale. Per iniziare finalmente la mia avventura. Anche se non sembra, insegno filosofia. Spero dunque, come hai detto anche tu, d'imparare a conoscerci. Detto ciò, è giunto il momento di tornare al tuo posto. Ah! Quasi dimenticavo... Dopo le lezioni, se ti va, potrei affiancarti qualcuno per farti conoscere un po' l'istituto. >>

Le rivolsi un accenno di sorriso e un piccolo inchino. Tornando, mi sentii quasi una superstar, ma non una di poco conto, una di quelle che cammina sul tappeto rosso, acclamata dalla folla, che urla a squarcia gola il suo nome. E lei, con quell'aria angelica, non la smetteva di fissarmi.

Iniziò così la mia prima lezione.

Nella solitudine del mio banchetto seguivo con attenzione la lezione, ogni parola pronunciata diveniva preda per la mia penna che, da pura cacciatrice, la catturava per rinchiuderla tra le pagine del mio quaderno. La voce della professoressa Cryfder regnava solitaria nell'aula. Con una dote di linguaggio da far invidia alla più grande scrittrice statunitense, si destreggiava nell'esposizione dell'argomento. Il leggero accento gallese dava alla sua persona un'aria nobilesca che, come in un incontro di box, faceva a pugni con il suo aspetto, trasandato e incurato.

Sul bordo della cattedra dormiva beato un libro, costantemente svegliato dalla mia insegnante, che gli ci appoggiava ripetutamente la mano.

"Tommaso Moro – Utopia"

Lei, come una ballerina, si muoveva avanti e indietro per la stanza, spiegandoci, fin nel dettaglio, ogni capitolo. Sfortunatamente conoscevo già il contenuto dell'opera ma non mi permisi di distrarmi. Come i pianisti suonando il pianoforte danno prova della loro arte, lei faceva lo stesso, prendendo una pagina e, passandone sopra le dita, ne dava la più genuina e precisa delle interpretazioni. Piacevolmente ammaliato, chiusi gli occhi per farmi pervadere dalle sue parole.

Ma, come disse Aristotele: << "le persone perfette non combattono, non mentono, non commettono errori e non esistono">>, e lei, da persona imperfetta commise un errore. Riaprii gli occhi, come se qualcuno mi avesse appena urlato nell'orecchio. Fulmineo come un rapace, mi prestai ad alzare la mano per correggerla ed è lì che le sue parole mi riaffiorarono nella mente. 

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⏰ Last updated: Jul 02, 2018 ⏰

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