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«Chat Noir!»
L’urlo di Ladybug era intriso di preoccupazione. L’Akuma di quel giorno li aveva già messi alla prova, data la sua evidente portanza fisica e, ovviamente, la sua stazza. Non voleva assolutamente che il suo compagno di battaglia si ferisse a causa della sua mancanza di attenzione. Il salto del ragazzo dava l’idea che volesse cogliere il loro nemico alle spalle, ma non era per niente una buona trovata. Infatti, benché Chat Noir fosse molto agile e potesse senza problemi evitare un eventuale attacco, il loro avversario possedeva un’enorme potenza, che lo avrebbe subito messo K.O.

Purtroppo, non era la prima volta che, in quella battaglia, il suo partner si era messo a rischio così. La ragazza le aveva contate, le volte in cui lui le aveva suscitato paura, e questa era già la quarta. Senza dubbio, covava qualche turbamento, che gli impediva di concentrarsi appieno. I giorni no capitavano a tutti, e questo lei non lo metteva in dubbio, ma stava diventando abbastanza. Non voleva rischiare di morire giovane per qualche colpo al cuore, pensò, e quando l’amico atterrò, non esitò a ripeterlo.

«Chat…» il suo sguardo già faceva intendere ciò che era in procinto di dire, ma lui la stroncò sul nascere. «Ladybug, so dove vuoi andare a parare. Non ti preoccupare, so quel che faccio.» Ma lei non si arrese e ribatté «Me l’hai già detto, ma non mi pare che tu sia più attento di prima.» Era inteso come rimprovero, ma poi capì che, forse, gli serviva solo un avvertimento. Gli agguantò le spalle, in modo che la guardasse. «Chat, non voglio che tu ti faccia male. Guardalo, è venti volte più grande di noi, ed è impossibile batterlo con un attacco fisico. Ti prego, lascia che elabori un piano.»

Aveva utilizzato un tono più dolce, forse aveva ragione, perché in fondo, non c’era alcun bisogno di mettersi in pericolo, non con un rivale così. Annuì, non del tutto convinto. «Ci…provo.» abbassò gli occhi mestamente, posando lo sguardo sul suo anello. Ladybug gli mimò un sorriso, che ne generò un altro sul suo volto.  Si rimisero in posizione d’attacco. Stavano attenti a usare soltanto lo yo-yo e il bastone per cercare di sfilargli l’oggetto che conteneva l’Akuma, una collana che teneva al collo, ma dopo altri venti minuti non erano ancora riusciti nell’impresa.

«My Lady, credo che dovrai usare il tuo potere.» le disse il ragazzo, riprovando un’altra volta ma fallendo. Annuì, e ricorse al Lucky Charm, che questa volta era una bottiglia di vetro, che se non avesse preso al volo, si sarebbe schiantata in mille pezzi. Si concentrò sulla situazione, osservando il mostro e il terreno accanto a lui. Ma sì, pensò, forse avrebbe potuto lanciarla lì vicino, così il rumore lo avrebbe fatto distrarre, e Chat avrebbe potuto togliergli la collana e-

Non finì nemmeno di formulare il pensiero, che Chat aveva urlato «Cataclisma!» e si era precipitato verso l’akumizzato con collera. Ma che gli era preso? Aveva sbattuto la testa, per caso? O forse aveva fretta di finire la battaglia? E allora perché non glielo aveva sottolineato?

L’aveva rifatto, e il mostro lo aveva scaraventato al suolo, mentre la sua mano aveva, non volutamente, toccato una lattina lasciata a terra, distruggendola. Ladybug aveva osservato la scena con la bocca socchiusa, lo stupore era palese sul suo volto, l’irritazione crescente dentro di lei. Si avvicinò a lui, e non con le migliori intenzioni.

«Chat!» il ragazzo, che si stava massaggiando la testa a seguito della botta che aveva preso, la guardò con occhi confusi. «Ma che ti prende oggi? Sei uscito fuori di testa? Ti avevo detto di non avvicinarti, ma tu non mi hai ascoltato. Hai anche sprecato il Cataclisma! Spero che tu adesso sia contento.» aveva gridato, abbassando la voce solo alla fine, ancora domandandosi perché lo avesse fatto. Lei non aveva mai voluto che lui si sentisse costretto, che la considerasse il capo o qualcosa del genere. Ma questa volta gli aveva dato un consiglio, per il suo bene, e anche per il bene di lei. Non voleva approfondire la ragione di quest’ultima, poiché sentì delle lacrime pizzicarle gli occhi.

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