Ero sul divano abbracciato a Meredit. In quel momento mi sentivo al sicuro, come se tenerla stretta al mio petto mi conferisse la forza necessaria per affrontare qualsiasi cosa. Magari a farmi sentire in tal modo era il fatto di pensare di essere amato, credevo che abbracciandola non avrebbe potuto farmi del male. Stavamo guardando un po' di TV spazzatura, a me non interessava minimamente di cosa venisse trasmesso sullo schermo, a patto che ci fosse lei. Quella sera indossava dei pantaloni grigi con righe bianche, simili a quelli delle professoresse delle superiori. I suoi capelli color castano tendevano a schiarirsi verso le punte ed erano impregnati del suo solito fantastico profumo, che avrebbe pervaso anche i miei vestiti, permettendomi di ricordarla con l'olfatto quando poi sarei rimasto solo.
"Certo Nick che sto programma è proprio una rottura di palle."
"Eh già, vabbè non è questo l'importante."
"E per te cos'è importante?"
"Passare del tempo insieme, sai, per me questo è solo un modo come gli altri."
"Capisco."
In quel momento si staccò da me.
"L'avrò spaventata?" Mi domandai.
Non avevo idea di cosa potesse frullarle per la testa, dunque lasciai perdere. Presi l'accendino dal tavolino che avevo di fronte per accendermi un drum e mi alzai dirigendomi verso la mia camera.
"Dove vai?"
"Nella mia tana."
"A fare cosa?"
"Prendo un racconto che ho scritto, sempre se ti va di leggerlo."
"Sì, a me piace come scrivi. Di cosa parla?"
"Di una ragazza che si chiama Raissa."
"Chi cazzo è?"
"Sei tu, ma con un altro nome."
"Ah, okay."
Presi il racconto e tornai da lei sul divano. Spensi il televisore e l'abbraciai nuovamente, come al solito fece un po' di resistenza poi però si lasciò andare e si accomodò sul mio petto. Mentre leggevo ad alta voce continuavo ad annusarle i capelli, sarei rimasto così per un secolo, peccato che prima o poi sarebbe dovuta tornare a casa. Finìi di leggere e lei rimase in silenzio, perciò decisi di chiederle se le piaceva il racconto. Meredit disse:"Wow...wow. Cazzo quando dovrò scrivere un tema in classe ti manderò una foto della traccia, così me lo scrivi tu e prendo dieci."
"Meredit, io sono bravo a scrivere solo quando sono ispirato e sinceramente non sono mai stato chissà che con i testi scolastici."
"Vabbè, comunque sì, mi piace un casino. In ogni racconto butti sempre un sacco di sentimento, è questo il tuo forte."
"Menomale, dovevo pur essere bravo in qualcosa."
Si staccò per l'ennesima volta dalla mia morsa, rinunciai perciò di riabbracciarla. Guardai l'orologio appeso al muro del salotto, le lancette continuavano a scorrere, ticchettando in continuazione. Siamo tutti diversi, ma ci accomuna il fatto di essere legati ad una lancetta. Il nostro "Io" presente, l'hanno scalfito gli anni passati, ed i ti amo, ti odio, non detti rimangono impronunciati, è inutile quindi rimunginarci sopra, quello che è passato, è passato, possiamo solo assaporarci il presente, e per me non poteva andare meglio.
Squillò un telefono, era quello di Meredit.
"Ah, scusa Nick, devo per forza rispondere, è mia madre."
Finita la chiacchierata al cellulare mi disse che doveva tornare a casa chiedendomi di accompagnarla, ovviamente accettai. Quando arrivammo davanti al portone del suo condominio mi ringraziò per la bella serata, lo faceva sempre quando uscivamo senza litigare, l'unico inconveniente era che di solito litigavamo una volta sì e l'altra pure. Si voltò mostrandomi il suo sorriso micidiale e si chiuse graziosamente la porta alle spalle. Mi misi le cuffie e accesi un drum nel buio della sera tarda. Appena rientrato nell'appartamento mi ricordai di essermi dimenticato di dirle una cosa, perciò le telefonai.
"Hey, mi sono dimenticato di chiederti se alla fine ti sei tenuta libera per sabato, siccome domenica scorsa abbiamo litigato."
"Credo di sì, non ricordo se mi dovevo vedere con Alessandro venerdì o sabato, ma al settanta per cento sono libera."
"Facciamo cento per cento, il settanta non mi basta."
"Nick, rimane il settanta."
"No, no, e che cazzo! Non mi darai buca per quello lì, spero!? Guarda che lo so che ti sbava dietro."
"Nick, siamo solo amici."
"Forse per te, ma per lui no."
"Vabbè, ti faccio sapere, buonanotte."
"Buonanotte."
Odiavo questo suo modo di comportarsi, mi faceva sentire uno dei tanti. Era come prendere il numeretto alla posta ed aspettare il proprio turno, solo che farlo per uscire con la ragazza che ti piace è piuttosto doloroso ed umiliante.
Andai in cucina, aprì il frigo e presi una lattina di Heineken. Iniziai ad assaporarla mentre mi stravaccavo sulla poltrona. Mancavano dieci minuti a mezzanotte ed il giorno seguente mi sarei dovuto svegliare alle 06:30 per andare a scuola, solo a pensarci la vita prendeva un sapore amaro, più di quello della birra che stavo bevendo.
La morte clinica di una persona è causa di lutto per i suoi cari, mentre dovrebbe esserlo la morte interiore, molte persone muoiono senza neanche rendersene conto. Ho conosciuto ragazzi che all'età di quindici anni erano già spenti dentro, vuoti, non so chi gliel'avesse spenta la luce, ma doveva essere molto bravo a non lasciare tracce, poiché neanche le vittime avevano un'idea del volto colpevole. In questi casi conviene saltare in macchina e farsi un bel giro nella propria psiche, siccome probabilmente è lì che risiede il problema. Io ero nella fase di malattia terminale, ma avevo individuato la fonte del malessere, perciò avevo ancora qualche possibilità di salvarmi. La mia patologia interiore era causata come nella maggior parte dei casi da me stesso, perché ero io a decidere di stare nella merda e non venirne fuori, il fatto è che lo sterco ti fa stare al caldo e ti protegge. Non avendo nulla da perdere, non ci si può aver paura di perdere quel nulla, ma non si ha nemmeno un motivo per tirare a campare, ed è allora che la vita diviene solamente uno stato apparente, la verità è che sei morto, però dentro, l'unica differenza dalla morte clinica è che la maggior parte della gente non si accorge del tuo reale stato.
N.Vitan
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Avventure adolescenziali
Non-Fiction"Avventure adolescenziali" è una raccolta di racconti brevi autobiografici che descrivono in gran parte quelli che sono stati i miei quindici anni, tra sbronze, fobie sociali, stentato anticonformismo e giù di lì. Buona lettura. ...