Georgia Rose

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La luce filtrava sottile dalle finestre, illuminando leggermente la stanza.

Decisi di alzarmi, stava cominciando un’altra giornata ed era il caso di iniziarla al meglio. Girai un po’ per la stanza alla ricerca delle mie ciabatte. La camera era abbastanza ordinata, un grande letto matrimoniale si trovava al centro, e una finestra sul lato destro della stanza, le pareti erano decorate con fotografie di ogni tipo e sulla tastiera del letto avevo messo delle lucette di natale, davano un tocco davvero carino alla stanza.

Aprii la porta e scesi le scale, Diana, la mia coinquilina dormiva ancora quindi dovevo fare meno rumore possibile.

Il nostro appartamento era molto grande rispetto alla norma, un attico a due piani che si affacciava su Los Angeles.

Al primo piano c’era il soggiorno, la cucina , la sala da pranzo e due bagni. Al piano superiore invece trovavamo le due camere padronali ( la mia e quella di Diana) e due stanza per gli ospiti, ognuna con un bagno incluso. Al centro del salone c’era una grande scala che portava all’attico dove c’era la nostra piscina. La casa era decisamente grande forse anche troppo a dire il vero. Ma la mia stanza preferita era al primo piano lungo il corridoio, ultima porta a destra. Era più piccola rispetto alle altre stanza, aveva un piccolo studio di registrazione ed era munita degli strumenti necessari, è il mio rifugio.

La casa mi è stata data in eredità dai miei genitori insieme al resto del loro patrimonio. Mia madre era un chirurgo neurologico, uno dei più bravi e preparati d’America,  mentre papà era uno scritto e lavorava per una delle maggiori case editrici Americane.

Io e Diana decidemmo di lasciare New York dopo l’incidente dei miei genitori. Morirono entrambi l’11 settembre. Papà era andato a consegnare il suo nuovo libro per il suo editore e la mamma era rimasta fuori dall’ufficio ad aspettarlo.

Fu il giorno più brutto della mia vita, ero da Diana quel pomeriggio, nello studio di sua madre quando ho ricevuto la notizia. Da quel giorno non tornammo più a New York.

I genitori di Diana mi avevano accolta come fossi loro figlia, con i miei avevano un buonissimo rapporto e hanno sofferto molto anche loro dopo l’incidente. La mamma di Diana è direttrice di Vogue America mentre suo padre lavora come chirurgo cardiotoracico.

Anyway meglio lasciar perdere la storia della mia noiosa vita e cominciare a preparare la colazione.

Pancake e macedonia per tutti!!

Mi misi subito ai fornelli. Dopo circa 15 minuti c’erano già una decina di pancake pronti ad essere mangiati.

Non avevo nemmeno finito di disporli sul piatto che Diana era appoggiata al ripiano della cucina con coltello e forchetta.

“ oh evviva hai fatto i pancake!”

“ ma buongiorno Diana, come stai? Dormito bene? Io si, grazie per averlo chiesto.” – le dissi sarcasticamente

“ scusa ma questa mattina proprio non ci sono, ho la testa tra le nuvole”

“ oh si, solo questa mattina” – le risposi

Certo come no, solo stamattina .Diana  era perennemente con la testa tra le nuvole, quando si metteva aveva le idee più folli del pianeta. Una volta a tentato di riempire la piscina di aranciata per vedere che effetto faceva fare il bagno nelle bollicine.

Secondo me la tinta le è penetrata nel cervello, rendendola ancora più folle.

Aveva i capelli biondo scuro con uno shatush più chiaro sulle punte, la carnagione chiara e degli splendidi occhi verde smeraldo. Sua madre le aveva proposto più volte di entrare nel mondo della moda ma lei aveva sempre rifiutato, considerandoli snob e con la puzza sotto il naso.

“ vabbè facciamo colazione che oggi ho una giornata pesante”

Servii i pancake a Diana e iniziammo a mangiare.

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