Erano i primi di giugno quando Ermal e Fabrizio si resero conto che mancavano venti giorni alla maturità e loro non conoscevano ancora i commissari esterni che li avrebbero esaminati.
Quello era un monotono martedì pomeriggio come gli altri, in cui i due ragazzi si erano riuniti a casa di Ermal per studiare quel programma di italiano che sembrava non finire mai. O meglio, Ermal studiava. Fabrizio se ne stava buttato sul letto a una piazza e mezza del più piccolo con il telefono in mano, cercando di capire come funzionasse Instagram. Nella stanza regnava un pacifico silenzio, interrotto solo dal traffico di Roma, sempre presente anche nelle prime ore del pomeriggio. Ad un tratto un urlo fece saltare Ermal dalla sedia.
“ERMAL” Fabrizio era saltato in ginocchio sul letto, fissando il telefono con gli occhi spalancati. Un messaggio sul loro gruppo classe ad illuminare lo schermo.
“Sono usciti i nomi dei commissari esterni”
Ermal scattò dalla sedia atterrando sul letto vicino al moro, tirandogli il telefono dalle mani e prendendo anche il suo dal comodino.
“Dobbiamo sapere chi sono. ORA.”
Dopo neanche trenta secondi Ermal era già in modalità hacker informatico per capire quanto fosse giustificata la sua idea di lanciarsi dal sesto piano pur di non fare la maturità. Dopo una lunga ora di ricerca aveva amaramente constatato che nessuna delle tre donne della sua commissione esterna possedeva un qualsivoglia social network e quindi sarebbe stato impossibile ottenere informazioni su di loro. Decise allora di concentrarsi sul presidente di commissione, unico uomo lì in mezzo. Fabrizio, nel frattempo, aveva acceso la play e stava giocando a Fifa sorseggiando un succo di frutta a pera rubato dal frigo del suo ragazzo. Un messaggio lo fece sussultare. Prese il telefono, aprì il gruppo sul quale lo avevano mandato e per poco non sputò tutto il succo in faccia al povero Ermal.
“Ermal… siamo fottuti”
Fabrizio aveva gli occhi spalancati a fissare quell’immagine che i suoi compagni di classe avevano inviato. Era un palco di una discoteca con al centro una drag queen e sotto la descrizione “Ragazzi, vi presento il nostro presidente di commissione”
Ermal saltò giù dal letto con uno scatto da fare invidia a quelli che correvano i 100 metri e tirò il cellulare dalle mani di Fabrizio.
La reazione del riccio non fu molto diversa da quella del moro. La mascella gli finì praticamente sulle scarpe mentre cercava di collegare quei due neuroni che nel frattempo avevano deciso di andare in vacanza.
“Fabri…” disse in un sussurro dopo aver metabolizzato “Siamo davvero fottuti.”
Il perché fossero fottuti, ai loro occhi, era più che evidente: la loro classe era composta dalle persone più omofobe che avevano mai avuto il dispiacere di conoscere e, conoscendoli, non ci avrebbero messo molto a farsi riconoscere, e quindi odiare, dal presidente di commissione.
Quello era anche il motivo per cui Ermal e Fabrizio non avevano confidato a nessuno di essere fidanzati. In terza superiore Ermal veniva spesso preso di mira e bullizzato dai suoi compagni di classe perché, secondo loro, aveva atteggiamenti “troppo da checca”. Per questo il riccio, qualche mese più tardi, si fidanzò con Silvia. La storia andò avanti per un paio di mesi e servì solo a far capire ad Ermal che le ragazze non erano proprio materia sua. Allo stesso tempo, però, quella breve storiella bastò a mettere a tacere i pensieri dei suoi compagni di classe e a farlo essere meno il centro delle loro frecciatine quotidiane.
Poi in quarta era arrivato Fabrizio, che era stato bocciato nella sua vecchia scuola. Fabrizio con quell’aria da cattivo ragazzo, le braccia tutte tatuate e l’espressione da “se mi guardi troppo ti sotterro”. Ermal non avrebbe mai immaginato che sotto quella corazza si nascondesse un cuore così grande e un sorriso in grado di far sciogliere persino il polo nord. Ringraziava ogni giorno per aver trovato il coraggio di dire quel flebile “si” alla domanda “questo posto è libero?” che gli aveva posto il moro il primo giorno di scuola.
La voce di Fabrizio fece tornare Ermal nel presente.
“Vabbè dai, magari non sarà così tragica come pensiamo.”
20 giugno 2018: prima prova
Ermal quella notte aveva dormito forse 3 ore scarse e ora che la sveglia sul suo comodino segnava le 6:30, l’ansia che gli aveva fatto compagnia per tutta la notte come un’ombra al suo fianco, si spostò come un pugno nel suo stomaco costringendolo a correre in bagno in preda a conati di vomito che decisamente si sarebbe risparmiato in quell’occasione. Con lo stomaco ancora sottosopra decise di vestirsi e uscire di casa il più velocemente possibile: doveva prendere aria.
Fabrizio, dal canto suo, aveva dormito come un angioletto. La sveglia era suonata come sempre alle 7 e la voglia di alzarsi dal letto non ce l’aveva nemmeno quella mattina. Aveva appena messo piede in bagno quando sentì il suo telefono suonare. Il nome di Ermal lampeggiava sullo schermo e Fabrizio non riuscì a trattenere un piccolo sorriso: era sicuro che Ermal fosse in ansia come mai prima d’ora. Al terzo squillo rispose.
“Cespuglietto, buongiorno”
Dall’altro lato del telefono, Ermal sospirò rumorosamente, scaricando via tutta la tensione. Fabrizio gli faceva bene al cuore.
“Sono sotto casa tua, scendi”
Fabrizio si guardò nello specchio del bagno, solo i boxer addosso.
“Sono in mutande, scendo lo stesso?” disse, per smorzare un po’ la tensione. Ermal dall’altro lato rise e Fabrizio non riuscì a non imitarlo “Sei un cretino Fabbrì… vestiti, ti aspetto sulle scale”
Fabrizio non se lo fece ripetere due volte: chiuse la chiamata e si infilò al volo il suo solito jeans nero e una maglietta di un gruppo a caso trovata sulla sedia in camera sua. Zaino, penna, i fogli gli servivano? Bho, nel dubbio li ha Ermal, portafoglio, chiavi, cuffie e via fuori dalla porta. Ermal era lì, ad aspettarlo. Tutto in tiro, con i pantaloni neri e la camicia a motivi geometrici, era bellissimo. Il riccio si alzò per lasciargli un bacio a fior di labbra.
“Buongiorno”
“Buongiorno a te.” Rispose, regalandogli il suo miglior sorriso “Come stai?”
Fabrizio sapeva che Ermal era un fascio di nervi in quel momento e sperava di riuscire a farlo sfogare per evitare che scoppiasse durante l’esame.
“Nervoso, ma tra poco passa. Andiamo a fare colazione insieme?”
Fabrizio, che per fare in fretta non aveva neanche bevuto un sorso d’acqua, non se lo fece ripetere due volte e trascinò il più piccolo nel lor bar di fiducia poco lontano dalla scuola.
Fecero colazione, Ermal, che aveva ancora lo stomaco un po’ scombussolato, con un semplice caffè e Fabrizio, che sembrava non mangiasse da almeno due anni, con due cornetti al cioccolato e una tazza di latte macchiato.
Alle otto meno un quarto i due erano fuori scuola, con i loro compagni di classe, pronti per quello che gli sembrava essere il patibolo.
“Forza piccolè, è un tema, andrà tutto bene”
Ermal sospirò rumorosamente, voleva solo che tutto finisse il più in fretta possibile.
Venti minuti, che a Ermal sembrarono un’eternità, dopo, il bidello chiamò la loro classe.
Quando finalmente arrivarono le tracce, il riccio rimase ampiamente sorpreso notando ben due tracce belle tra quelle proposte: il saggio breve sulla solitudine e il tema di ordine generale sulla costituzione. Sorrise, voltandosi verso Fabrizio che, seduto dietro di lui, era andato spedito a leggere il tema di ordine generale saltando tutte le altre pagine. Il moro, dal canto suo, un saggio breve non sapeva neanche lontanamente cosa fosse e il tipo uscito come analisi del testo gli ricordava semplicemente il suo vicino di casa con lo stesso cognome. Alzò lo sguardo verso Ermal, ricambiando quel sorriso: dopotutto l’articolo 3 della costituzione parlava di uguaglianza e lui di sicuro su quell’argomento aveva parecchio da dire.
Le ore passavano in fretta e verso le 10 Fabrizio cominciò ad accusare un po’ i morsi della fame, nonostante i due cornetti della colazione. Cercò di ignorare questo bisogno ma il suo stomaco non era della stessa opinione e continuava a produrre rumori indesiderati per i quali Fabrizio avrebbe voluto volentieri sotterrarsi. Il colmo fu quando il suo stomaco decise di farsi sentire ancora di più proprio mentre il presidente di commissione passava accanto al suo banco.
“Giovanotto, abbiamo un po’ di fame eh?”
Fabrizio voleva morire. Improvvisamente le sue guance divennero paonazze e fece del suo meglio per nascondere l’imbarazzo mentre pronunciava un flebile “Mi scusi” più alle scarpe del presidente che alla sua faccia.
“Non ha portato una merenda? Guardi che sei ore sono tante”
A quel punto Fabrizio alzò gli occhi verso l’uomo di fronte a lui e lo osservò per la prima volta da quando erano entrati lì dentro. Avrà avuto all’incirca sessant’anni, basso e un po’ robusto, con uno sguardo serio e senza neanche un capello in testa. A prima vista sembrava Zio Fester della famiglia Addams. Il moro trattenne per poco la risata, affrettandosi a rispondere.
“No, l’ho dimenticata. Ma non è un problema, tra poco mi passa, davvero.”
Il commissario ci pensò un attimo e poi guardò la cattedra dove erano seduti tutti gli altri docenti.
“Dovrebbe essere avanzato qualcosa da mangiare, vado a controllare”
E Fabrizio non fece in tempo ad urlare un “Ma no, davvero, non c’è bisogno” che questi già era intendo a trafficare con un tovagliolo e quello che da lontano sembrava un enorme involtino di pasta sfoglia con il wrustel.
“Ecco a lei, signor…?”
“Mobrici. E grazie mille, non doveva disturbarsi”
“Nessun disturbo, ora torni a svolgere la prova”
Il presidente gli regalò un sorriso a 36 denti e uno sguardo che Fabrizio avrebbe giurato fosse ammiccante e poi tornò a sedersi insieme agli altri professori. Questo provocò non poche risatine da parte dei suoi compagni di classe e il professore di italiano pensò bene di metterle a tacere fulminando con lo sguardo il gruppetto che aveva iniziato.
Ermal si girò di scatto, sul volto un’espressione mista tra lo shockato e il divertito mentre Fabrizio stava ancora fissando il wrustel nelle sue mani senza sapere bene come comportarsi.
Le sei ore passarono più velocemente di quanto si aspettassero e alle tre meno un quarto si ritrovarono fuori, a respirare quell’aria che, chissà per quale oscura ragione, in quel momento aveva un sapore totalmente diverso.
Fabrizio non aspettò un minuto in più per accendersi una sigaretta, seguito a ruota da Ermal che, dopo la prima boccata, poteva dire finalmente di aver scaricato tutta la tensione di quella giornata.
Camminarono in silenzio verso casa di Ermal, stanchi morti e pronti a fiondarsi sotto la doccia appena messo piede in casa (se l’erano giocati a pari o dispari chi doveva fare per primo la doccia e aveva vinto Fabrizio) quando Ermal interruppe questo silenzio.
“Fabrì, ma ho avuto le allucinazioni o il presidente di commissione ci stava un po’ provando prima?”
Fabrizio scoppiò in una risata quasi isterica
“Ermal te prego, pare mi nonno quello.” Poi ci pensò un attimo “Spero non ce stia a provà davvero… me suicido sennò”
Entrambi scoppiarono a ridere e Fabrizio schioccò un sonoro bacio sui capelli di Ermal poco prima che questi aprisse la porta di casa.
Il pomeriggio lo passarono a dormire, stretti uno nelle braccia dell’altro, in boxer e con il condizionatore sparato a palla.
21 giugno 2018 – seconda prova: matematica
Quella mattina quello che si era svegliato con più ansia del solito era stato Fabrizio. Erano fuori scuola da appena 10 minuti e il moro era già alla quarta sigaretta della giornata.
“Fabrì, stai tranquillo, ieri è andato tutto bene, oggi non sarà diverso… spero”
“Ermal, ieri dovevamo scrivere un tema e io con le parole me la cavo, lo sai, ma oggi è matematica e io di matematica mi sono fermato alle divisioni in colonna”
Fabrizio continuava a camminare avanti e indietro davanti al muretto appartato sul quale Ermal era seduto, con le gambe penzoloni, intento a ridere del suo ragazzo come mai prima d’ora.
“Tranquillo, se so fare qualcosa o appena mi arriva qualcosa, te lo passo. Sicuro non consegni in bianco”
Il moro buttò il mozzicone per terra e lo spense con un colpo di tallone, si avvicinò ad Ermal e gli poggiò le mani sulle gambe, sospirando pesantemente.
“Menomale che ci sei te con me, piccolè, non ce l’avrei mai fatta ad affrontare tutta quest’ansia da solo”
Ermal a quelle parole gli prese il volto tra le mani e lo baciò con tutta la dolcezza che aveva in corpo, cercando di tranquillizzarlo il più possibile.
“Andiamo, tra poco si inizia.”
E stavolta, alle tre e venti, erano fuori.
Ermal era riuscito a fare i cinque quesiti quasi interamente da solo e dopo tre ore sia lui che Fabrizio avevano metà compito assicurato. Il problema era stato un dramma ma poi alla fine ad un loro compagno di classe era venuta l’illuminazione e quindi dopo sei ore tutti avevano il compito finito. Il presidente di commissione era stato più severo rispetto al giorno precedente ma non si era risparmiato in quanto a battutine fugaci nei riguardi di Fabrizio che, con ragione, cominciava ad avere sempre più paura di quell’uomo.
Passarono i giorni e il lunedì della terza prova arrivò in fretta, portando con sé la gioia di Ermal, non solo perché questa era l’ultima prova scritta, ma soprattutto perché Fabrizio gli aveva promesso di portarlo al mare non appena finto l’esame. Alle nove iniziarono, alle undici erano fuori. Zaini in spalla già muniti di panini, teli e costumi e via, sulla moto di Fabrizio, verso il mare.
Ci misero un’ora e mezza ad arrivare a destinazione, ma solo perché Fabrizio aveva deciso di fare una sorpresa ad Ermal e portarlo due giorni nella sua casa al mare. Una breve vacanza prima di iniziare a studiare per l’orale che, da tabellone, i due avevano il 12 luglio.
La villetta di Fabrizio si trovava alla fine di in una lunga strada privata, proprio di fianco al cancello che dava accesso alla spiaggia. Ermal a quella vista rimase senza parole. Erano arrivati nel momento più caldo della giornata e il sole così alto che si specchiava perfettamente nelle onde basse del mare faceva catapultare Ermal direttamente in un’altra dimensione fatta unicamente di mare. Fabrizio amava vederlo così felice, avrebbe dato tutto pur di poter vedere per sempre quel sorriso sul volto del suo ragazzo.
“Erm” la voce del moro lo fece risvegliare dai suoi pensieri “Andiamo a posare la roba e poi andiamo in spiaggia, va bene?”
Ermal non se lo fece ripetere due volte, prese per mano Fabrizio ed entrò in casa, pregustando già la sensazione del mare a contatto con la sua pelle.
Passarono tutto il pomeriggio in spiaggia a fare il bagno, giocare, rincorrersi e scambiarsi baci fugaci quando quelle altre quattro persone che popolavano la spiaggia erano distratte. Non che si vergognassero di baciarsi in pubblico, ma lì l’età media, in mesi che non erano luglio e agosto, era settant’anni e né Ermal né Fabrizio avevano tutta questa voglia di ritrovarsi il prete della città in casa che li cospargeva di acqua santa cercando di redimerli dai loro peccati. Preferivano una vacanza pacifica e tranquilla.
Il sole stava tramontando mentre i due erano seduti sul telo, mano nella mano. Ermal con la testa poggiata nell’incavo del collo di Fabrizio e lui che lo stringeva a sé cingendogli la vita con un braccio.
“Fabri…” quello di Ermal era un sussurro talmente basso che si chiese se il moro fosse davvero riuscito a sentirlo
“Sì cespugliè?”
“Voglio vivere così per sempre”
“Anche io, Erm… anche io”
Ermal alzò la testa dal collo di Fabrizio solo per incontrare i suoi grandi occhi scuri che lo guardavano con un amore tale che Ermal si chiese cosa avesse fatto di così bello in una vita precedente per meritarsi tutto questo amore e Fabrizio, quasi potesse leggergli nel pensiero, gli sorrise e lo baciò dolcemente, senza approfondire quel contatto. Le labbra di uno incastrate perfettamente tra le labbra dell’altro, a giurarsi eternità in mezzo a tutta quella precarietà.
“Andiamo a casa, piccolè, si sta facendo buio”