Giorno 1 (parte uno)

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Sono sempre stata brava con le parole, riesco a scrivere in maniera del tutto spontanea e creativa, ma adesso questa mia specialità sembrava essere svanita, ad un tratto non c'era più, scomparsa o fuggita via alla vista di quel foglio bianco davanti a me, poggiato sul mio tavolo, dove di solito era li che scrivevo (per il giornalino della scuola o il famoso elogio alla mia città, letto davanti a tanta folla nella piazza principale di New Castle) ,o magari perduta tutta in una volta.

Mentre scrivevo o cercavo di scrivere, i miei occhi si giravano continuamente da un'altra parte, come se si rifiutassero di guardare quel foglio bianco e preferivano osservare quella piccola stanza in penombra, con le tende chiuse che lasciavano filtrare soltanto un debole raggio di sole, proveniente dalla afosa giornata d'estate del 22 giugno.

Ricordo ancora la domanda che mi feci quel giorno: perché quella stanza era sempre in ordine? Perché la mia stanza era cosi maledettamente perfetta come me?

(modesta la ragazza)

Non ricordo neanche un istante in cui la mia camera era un po' disordinata, non un vestito fuori posto, nessuna sedia-armadio, nessun calzino lasciato a terra o il reggiseno lasciato sul letto.

E che dire del letto: lenzuola perfettamente tirate, ne una piega e profumava ancora di lavanda, nonostante era da quasi una settimana che le avevo cambiate.

Osservavo le pareti verde smeraldo e azzurro cielo, il letto al centro della stanza con le sue candide lenzuola bianche e le strane pieghe del cuscino, anche esso bianco, con un po' di merletto azzurro ai lati. Poi, mentre continuavo a guardare, il tempo in quel momento sembrava immobile, come se oltre la mia stanza quel giorno, nessuno stesse vivendo un'altra vita o un altro momento diverso dal mio.

Ricordo ancora, il puntuale ticchettio dell'orologio sulla parete verde di fronte, a me e a quel foglio bianco.

Non era la prima volta che scrivevo un discorso per l'addio di una persona cara, infatti l'anno prima era morto mio zio in un incidente stradale, il fratello di mia madre, ero molto affezionata a lui, non era soltanto il mio zietto Marco; ma il mio migliore amico, era qualcuno di cui ci si poteva fidare sempre, quando avevi o non avevi bisogno di lui, lui era sempre li, al tuo fianco.

Ma in quel preciso momento, non usciva niente dalla mia penna, solo un insignificante scarabocchio all'angolo a destra del foglio.

Era stress? Paura? Dolore? Troppi addii? Traumi?

Non lo so cos'era e non saprei dirlo nemmeno oggi, ma c'era qualcosa o forse qualcuno accanto a me quel maledetto 22 giugno nella mia stanza in penombra, come una presenza, proprio dietro di me, potevo sentirne il fiato caldo sul collo. Sapevo che mi fissava, aspettava solo che scrivessi quel maledettissimo discorso d'addio per mia nonna che giorno 23 giugno sarebbe stata sepolta nel cimitero della città di New Castle (NC).

Cosa peggiorava quella imbarazzante situazione? Il mio cuore che al ritmo del ticchettio dell'orologio era un rimbombo costante e amplificato per le mie orecchie.

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Non potendone più di quella situazione mi alzai, presi il foglio e lo buttai nel cestino senza nemmeno accartocciarlo, quasi come se non mi importasse. Poi, uscendo dalla stanza, con il cuore che voleva uscire dal petto, attraversai il corridoio e andai nell'ultima stanza, il bagno.

Non capisco veramente cosa mi fosse successo quel giorno, anche quando camminavo mi sentivo pesante e leggera allo stesso momento, ho pensato che li per li sarei svenuta, ma non accadde. Il mio corpo stava bene, molto bene, quello che stava marcendo era la mia anima, o se preferite la mia parte interiore quella che gli altri non potevano vedere, neanche se gli avessi dato una chiave per entrare.

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⏰ Last updated: Aug 17, 2018 ⏰

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