C'è una ragazza, sul molo.
Ogni mattina, quando vado a scuola e passo davanti al porto, la vedo in piedi sui frangiflutti mentre scruta il mare.Non so chi sia, non la conosco.
Indossa un giaccone militare, verde, dei jeans chiari, strappati, e degli stivaletti bassi. Sono neri.È comparsa dopo Natale, di ritorno dalle vacanze. Ora siamo a febbraio.
Porta sempre un cappello grigio, un po' floscio. Ha i capelli castano chiaro, lunghi. Una ciocca è bionda.Il vento le sospinge sempre i capelli in avanti, a coprire la faccia.
Non le ho mai visto il volto.
Non so di che colore abbia gli occhi, come sorrida, come il suo naso s'arricci quando fa una smorfia.Non so nulla di lei. Eppure, mi sembra che sia su quel molo da tutta la mia vita. Vuole che la raggiunga?
~•~
Ho chiesto in giro.
Nessuno sa di cosa io parli. Nessuno la conosce.Forse, semplicemente, non hanno mai fatto abbastanza attenzione.
Al giorno d'oggi vanno tutti così di fretta...
Forse è perché solo io percorro quel tragitto per andare a scuola.
O forse è come dicono i miei compagni.
Ho perso la testa e mi sto inventando tutto.Ho provato ad andare al molo di pomeriggio, ma non l'ho mai trovata.
È lì sempre e solo la mattina, subito dopo l'alba.
Chi è la ragazza del molo?~•~
Oggi non vado a scuola.
Oggi vado da lei.Esco di casa presto. Il sole non è ancora sorto, mio padre non è ancora sveglio.
Non voglio averci a che fare anche di mattina.
In cucina prendo una brioche, che mangerò per strada, indosso la giacca ed esco.
In poco tempo i miei passi mi conducono al porto. Al molo.La ragazza è lì come sempre.
Mi avvicino e lei si gira a guardarmi.
Ha gli occhi grandi, del color del mare.
Ha una collana. È di conchiglie e corallo.
Mi fissa, non apre bocca.Provo a chiederle chi è, come si chiama, da dove viene. Non risponde a nessuna delle mie domande.
«Cosa ci fai qui? Cosa vuoi da me?» provo a fare un altro tentativo.«Guarda l'alba e il mare. L'alba sul mare. Non è la cosa più bella che tu abbia mai visto?»
Pausa.
«Voglio tornare da dove vengo.»Le chiedo da dove viene e lei indica la distesa d'acqua davanti a noi.
Restiamo così per un po', fissando il mare.Il sole, nel frattempo, ha fatto capolino dietro l'orizzonte e tinge di rosso l'acqua e il cielo.
Sembra il dipinto di un pittore impressionista.
Pennellate infuocate striano una tavolozza blu.
Sulla cresta delle onde si riflette il rosa del cielo.
Un occhio arancio ardente ci osserva.
Lei ha ragione. È la cosa più bella che io abbia mai visto.«Perché non torni da dove vieni?» chiedo.
«Non posso, non da sola.»Fa freddo.
Me ne sto in silenzio e penso. Penso a quello che ho.
Non ho una madre, non più.
Mio padre non può essere definito tale.
A scuola non sono nessuno.
Solo una persona ordinaria. Comune.«Vengo io con te.»
La mia voce suona decisa, sicura della scelta. Io lo sono.
O forse spero solo di esserlo.La ragazza annuisce e sorride. Ha un bel sorriso.
Mi fa cenno di seguirla e così faccio.
Camminiamo per qualche minuto nel porto, in mezzo ad una foresta di alberi di alluminio e carbonio.
Lei si ferma davanti ad una piccola imbarcazione a vela.
È di legno, ormai se ne vedono poche così.«Sai navigare?» mi guarda. Sembra vedermi attraverso. Per lei devo essere trasparente.
«Sì.»So navigare. Mia madre mi portava sempre in vela, fino a pochi anni fa.
Poi, una volta, abbiamo trovato tempesta.
Lei è caduta fuori bordo.
I soccorsi hanno trovato solo me e la barca.
Mio padre ha cominciato a bere.
Io ho smesso di avere una famiglia.Io e la ragazza saliamo sulla barca.
Accendiamo il motore, molliamo gli ormeggi e partiamo.
Fuori dal porto issiamo le vele, randa e fiocco.
Le chiedo per dove devo fare rotta e lei indica l'orizzonte, verso il sole ancora nascente.Il vento pungente le scompiglia i capelli.
Gli occhi sono fissi sulla linea che divide il cielo dal mare.
L'uno, blu zaffiro, non è altro che lo specchio dell'altro, azzurro turchese.
Entrambi nascondono, nelle loro profondità ugualmente irraggiungibili, tesori e misteri che nessuno conosce.La gente affida i propri sogni, speranze e desideri al firmamento e alle stelle, mentre sotto il mare si rifugia, nasconde problemi e preoccupazioni sotto il manto d'acqua.
Io, invece, voglio affidare al mare il mio futuro.~•~
Ormai veleggiamo da un po'.
La ragazza del molo ha preso il timone mentre io mi stendo su una delle panche.
Il vento è freddo, ma il sole riscalda.
Il tepore che emana mi piace.
Mi stringo un po' nella mia giacca e chiudo gli occhi.Non so dove sto andando.
Non so se tutto questo sia un sogno o no.
Non so se quando mi risveglierò sarò a casa o sulla barca e se lei sarà ancora qui.
Non so se mi sveglierò, o se andrò avanti a dormire per sempre.
Non so nulla di quello che il futuro mi riserva.
So solo una cosa.
Ho gli occhi chiusi e sto sorridendo.
Sono felice.~•~
878 parole.
La storia è dedicata a mia madre, che ama il mare e dipende da esso, e anche a mio padre, che mi ha fatto innamorare della vela.
Un grazie a SubjectA5_ per avermi supportato (e sopportato! ^^) e avermi fatto da beta reader.Ho scritto questo racconto durante un'uscita in vela con i miei genitori, quindi ero in vena di scrivere qualcosa a tema marino.
Spero questa breve storia ti sia piaciuta.
Ho una domanda per te, lettore: il protagonista chi è, per te?
Qualcuno di familiare? È alto, basso, magro, grasso, castano, biondo?
Ma soprattutto: è un ragazzo o una ragazza?
A te la risposta.- Alex
P.S. La foto all'inizio l'ho scattata io. L'unica cosa migliore di un'alba vista sul mare è un'alba vista dal mare.
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Racconti a Tempo Perso
Short StorySemplici storie nate nei momenti più disparati, scritte un po' di getto e senza pianificazioni. A volte per uscire da un blocco dello scrittore, a volte perché sono semplicemente nel mood, a volte perché mi nascono in testa persone che non hanno la...