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10.

Cammino per le strade della mia città cercando di far penetrare dalle mie radici quanta più aria fresca possibile.

L'insegna della farmacia mi ricorda che siamo ad ottobre e che si sta avvicinando l'inverno, il freddo e mai come questa volta temo questa stagione.

L'inverno è fatto per due.
Per i respiri che riscaldano e i piumoni condivisi.

Mai come questa volta mi sento solo.

Da quando mamma mi ha chiamato stranamente e senza preavviso, ho cercato di riavvicinarmi a lei.
All'inizio è stato difficile, emozionante e forse troppo grande da reggere, ma poi mi ci sono abituato e mi sono reso conto che avevo proprio bisogno di un porto sicuro ora come ora. Inoltre, e questo lo dico con certezza, mi ha dimostrato di essere sincera: davvero vuole di nuovo me, suo figlio gay, nella sua vita.

In un primo momento temevo non fosse del tutto sincera, che dopo un po' si sarebbe stancata, invece no.
Va tutto bene, tutto per il verso giusto.

Ma non sto bene con me stesso.
Mamma mi ha rivelato che è stato Claudio a darle tutti i miei recapiti, che si sono incontrati, dati appuntamento e infine accordati sul fatto che mi avrebbe cercato di nuovo.

Io ho reagito malissimo, mi sono infuriato con Claudio: non doveva farlo. Doveva confrontarsi con me, cercarmi, consigliarmi e infine, magari, aiutarmi.
Non aveva alcun diritto di decidere per me e per la mia vita ora che non ne fa più parte.

Mia madre ha provato a farmi ragionare: mi ha detto che Claudio è uno buono, che ha voluto mettere in chiaro che non avrebbe dovuto telefonarmi se non avesse avuto tutte le buone intenzioni con questo passo. Ma io non ne volevo sapere niente: aveva sbagliato.

Avevo deciso di parlargli, di piombarmi a lavoro, in casa, in qualsiasi posto e di dirgli che deve andarsene dalla mia vita, che mesi fa ha deciso di non farne più parte e non può essere presente a momenti. Non può e non deve farlo.
Avevo tutte le intenzioni di mettere le cose in chiaro, ma poi sono passati i giorni.

Cinque giorni e la forza non l'ho avuta.
Sette giorni ed Alessandro è arrivato con Michele a casa mia.
Dieci giorni e avevo quasi dimenticato cosa dovessi dirgli.
Quattordici giorni e Gianluca mi ha costretto a farlo perché non ha più intenzione di stare ad ascoltare i miei lamenti.

Così eccomi, sulla panchina fuori al portone di casa sua.

Mi rendo conto di aver perso troppo tempo a pensare soltanto quando lo vedo uscire da casa.
Bello come sempre.

Capelli tirati in su, occhiali da vista, jeans scuri e maglietta di cotone bianca.

Cerco di concentrarmi sul motivo per cui sono qui: parlargli.

Mi alzo di scatto dal posto dov'ero seduto e mi ritrovo ad essere incredibilmente e devo dire inaspettatamente (certo!) impacciato.

"Mario?" chiede lui sorpreso. Forse di vedermi.

"C-Claudio. Sono venuto perché devo parlarti. Ero sul punto di citofonarti, ma mi hai preceduto"
dico tutto d'un fiato.
Mi sono costretto a dirlo subito: ci avrei ripensato.

Lui mi guarda curioso e si avvicina, per raggiungermi.

No, non farlo.

Mi bacia le guance e prende posto accanto a me.
"Sono tutto orecchie"

Amo la sua disponibilità, sempre e comunque.
Sono certo che semmai le nostre strade dovessero dividersi del tutto, non mi negherebbe mai una parola o un sorriso.
È così con tutti ed è questa una delle ragioni per cui me ne sono innamorato.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Aug 17, 2018 ⏰

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