Non ricordo bene il momento in cui sono scivolato in questa gola profonda, so solo che è successo in fretta, un attimo prima guardavo in basso e poco dopo precipitavo in picchiata verso il fondo. Una frase famosa potrebbe descrivere quello che mi è successo:" Se tu scruterai a lungo in un abisso, anche l'abisso scruterà dentro di te"; questa frase di Nietzsche sta a indicare che se si combatte a lungo qualcosa di negativo, bisogna stare attenti a non diventarlo. Il fatto è che io all'inizio guardavo quest'abisso dall'alto, non c'era nulla che non andava, o meglio, nulla che potesse scalfirmi o addirittura rompermi, ero una cassaforte piena di curiosità, speranza e allo stesso tempo di ingenuità e ignoranza, sì perché una volta scoperto il vero volto del mondo ho iniziato a conoscere e a comprendere come fosse realmente, inoltre come se possedesse una combinazione, questo ladro riuscì a depredarmi entrando dalla porta principale, fino a che non diventai vuoto e impotente, esattamente come mi sento ora mentre scivolo verso un pauroso e oscuro ignoto. Io personalmente ho sempre combattuto contro questo male esterno al mio guscio, fino a che, come dice la citazione, non sono diventato anche io negativo, però questo buio il mio corpo lo rigetta, proprio perché non ero così, è per questo motivo che la discesa è molto dolorosa.
Come sono arrivato a questo? Perché le persone intorno a me sembrano tutte così... così... felici? Cosa ho di sbagliato?
Mi pongo spesso queste domande mentre guardo terrorizzato questo baratro apparentemente senza fine, senza alcun appiglio, senza alcuna mano tesa per afferrarmi al volo, senza nulla e nessuno, solo io... dannazione!
Da giovane ero uno studente come tutti gli altri, cercavo di sopravvivere all'ambiente scolastico e studiavo come un matto. Certo non era solo questo, ma la maggior parte del tempo lo è stato. Quando non ero impegnato nello studio matto e disperato per un sei a matematica, cercavo sempre di divertirmi in tutti i modi possibili e immaginabili e per fortuna avevo chi mi copriva le spalle e mi aiutava sempre per realizzare qualcosa su cui svagarci i pomeriggi del fine settimana. Non era spiacevole, tuttavia ogni mela ha il suo buco, perciò dovevo fare i conti con la realtà. I miei amici e in generale chi mi circondava non erano di grosso aiuto nei momenti difficili e dolorosi, quando proprio pensavo di non farcela, per questo mi spicciai da me per reggermi in piedi con le mie sole forze e più o meno ci riuscivo, poi il tempo, scorrendo solo in avanti, ha fatto la sua parte. Ho imparato tanto durante il periodo da liceale, e ne faccio tesoro sempre. Tutt'ora sono tante le cose che si imparano ogni giorno, belle ma soprattutto brutte. Eh si perché solo dalle cose brutte si capisce veramente dove siamo e con chi ci troviamo, e come magra consolazione possiamo riconoscere che soltanto in questi casi noi esseri umani diamo il meglio di noi stessi, perché nelle cose belle, alla fine, il nostro obiettivo lo abbiamo raggiunto e su questo non ci piove.
Di esperienze belle nella mia vita ce ne sono state tante e quando penso che in futuro potrei trovarne altre credo che forse un po' di speranza mi è rimasta, del resto non a caso si dice che sia l'ultima a morire. Nei momenti come questo io, invece di guardare il vuoto, mi giro verso l'alto a guardare il cielo che pian piano si restringe. Credo che con quel blu chiaro, macchiato di tanto in tanto da qualche nuvoletta passeggera, esso sia molto nostalgico, infatti mi fa tornare alla mente tutto ciò di bello che ho passato. Non potrò mai dimenticare i miei amici di infanzia che mi urlano: "Alex dai! Vieni a fare due tiri a pallone con noi!"; oppure i cenoni di Natale con i parenti lontani o più comunemente i pranzi di mia madre, preparati con gli ingredienti più anonimi sulla faccia della Terra. Che ridere ogni volta che invitavo un mio compagno di classe a casa e ci facevamo le migliori partite sulla console ai vari videogiochi che avevo, oppure quando uscivamo per andare a rimorchiare e prendevamo i peggio ceffoni della storia dell'umanità.
Tuttavia ogni cosa ha un inizio e una fine... forse anche l'abisso... ha un fondo...
Dopo la maturità iniziai l'università. Era davvero un dito nel sedere dover viaggiare sempre in treno e alzarsi alle cinque del mattino, dato che la mia facoltà era in una succursale universitaria molto lontana da casa mia (per fortuna l'ultimo anno presi casa in affitto lì vicino). Poi c'erano gli esami: che rottura. Ci mancava poco che dovevi dare gli esami anche su quante volte andavi al cesso, materia per cui ero un asso e non una cacca (battuta squallida). Devo dire che mi piaceva molto l'ambiente universitario, mi faceva sentire maturo, anche se ero praticamente abbandonato a me stesso e non avevo amici. È lì che incominciai a scrutare l'abisso con una certa preoccupazione, forse perché il peso sulle mie spalle si faceva sempre più pesante e giorno dopo giorno cominciavo a non sopportarlo più. Il fatto è che durante questo periodo ho perso molti miei cari, e se prima la vita mi sorrideva a malapena adesso proprio mi voltava le spalle, le preoccupazioni, l'ansia e le responsabilità, avevo rotto perfino con la mia ragazza e in modo abbastanza brutto, lasciamo stare, non ci voglio pensare.
Mi bocciarono tante volte agli esami, tuttavia non so quale miracolo mi fece prendere la laurea, ero felice, in fondo ho sudato per averla. Il problema però è che dopo l'università non sono riuscito a trovare un posto di lavoro decente per le mie capacità e per un motivo e per un altro mi ritrovai a lavorare in un bar.
"Salve, cosa posso servirle?" era questo ciò che facevo ogni santissimo giorno, per non parlare poi del mio capo, un tipo pelato, obeso e perennemente sudato, con tutto il rispetto per le persone in sovrappeso, ma lui mi faceva venire il voltastomaco. Egli era solito interpellarti con fare minaccioso che anche il famoso fuhrer si sarebbe messo sull'attenti, per poi smerdarti davanti ai clienti con un sarcasmo di chi vuole apparire superiore, insomma era una persona schifosa, di quelle che credono di aver ragione su tutto e che pensano che gli altri sbagliano più di lui in ogni situazione. Io ero la sua valvola di sfogo preferita, con me dava il peggio di sé, mi chiamava "merda strisciante", e poi mi rinfacciava sempre il fatto che lo stipendio che mi dava, mi bastasse a malapena per pagarmi l'affitto, per questo non potevo abbandonare il lavoro. Era proprio una bella sensazione, come quando ti frustano a sangue...
Adesso la situazione è cambiata in peggio, quel bastardo mi ha licenziato e io tiro avanti con qualche lavoretto qua e la e come se non bastasse, per la mia famiglia e le persone in generale sono peggiore della peste nera e il mio amministratore condominiale mi minaccia di sfratto, l'unica consolazione che ho è un mio amico che ogni tanto mi aiuta come può. Perché devo sopportare tutto ciò?
Sono in ospedale perché ho avuto uno svenimento in mezzo alla strada e sto aspettando le analisi dei medici, sono in ansia, mai l'abisso mi aveva così spaventato. La stanza d'ospedale è così cupa, la serranda è mezza abbassata e fuori è nuvoloso, in più dei fiori appassiti continuano a catturare la mia attenzione facendomi rabbrividire come non mai.
Ad un certo punto, il medico entra con il viso di chi vorrebbe stare in silenzio e sforzandosi di parlare annuncia la tragica notizia: "Signor Alex sono spiacente di comunicarle che ha bisogno urgentemente di un trapianto di cuore, abbiamo già un donatore e domani sarà operato anche se non ci sono così tante possibilità di successo". Improvvisamente mi si annebbia la vista e comincio a non capire più nulla, l'unica cosa certa è che in questo momento mi sono schiantato sul fondo dell'abisso. Un tonfo enorme. Ho paura. Mi si irrigidisce la schiena, poi le gambe, infine mi lascio andare come per arrendermi. È davvero possibile una cosa del genere? Sto davvero per morire? No, non è possibile cavolo...
Il giorno seguente...
Mi hanno appena fatto l'anestesia, mi formicolano i piedi, sto per addormentarmi... buio.
"Signor Alex? Ehm... Signor Alex... Signor Alex è sveglio?" mi sta urlando il dottore.
"Cosa succede?" chiedo un po' confuso e ancora sotto effetto dell'anestesia.
"L'intervento è stato un successo, lei è fuori pericolo e sano come un pesce adesso" mi risponde come chi ha vinto la lotteria, ma per mia gioia, quello che ha vinto, sono io! Sforzo un sorriso e l'abisso mi inghiotte.
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L'Abisso
Short StoryEcco la mia terza storia breve con tema la vita, la paura e la disperazione, ma anche la speranza e la voglia di vivere. In questo racconto ho deciso di parlare di questo abisso di cui ogni persona ne scruta il fondo. Esso è spaventoso, buio e profo...