I love you the way you are.

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Perché Taehyung era così.
Se si fosse cercato sul dizionario quel nome, la definizione sarebbe stata Libertà, gioia, spensieratezza.
Chiunque lo incontrasse, lo prendeva per matto, lo derideva.
Eppure, all'inizio anch'io lo facevo. Deriderlo, intendo.
Avevamo sempre il riso sotto i baffi, io e i miei vecchi amici, quando ci passava davanti, a scuola.
I miei vecchi amici. Vecchi, come il senso di divertimento che provavo guardandolo. Magari potessi farlo, adesso.
Osservare Taehyung era diventato il mio passatempo preferito. Mi sarebbe piaciuto farlo per sempre.
Lui ci aveva provato, sapete? Col suo modo particolare, mi aveva fatto capire che voleva insegnarmelo a fare, voleva insegnarmi a farmi divertire realmente. Perché prima di conoscerlo, io non sapevo cosa fosse il divertimento.
Cos'aveva di così speciale? Nulla, lui era speciale.
Taehyung non parlava. Taehyung era muto, o almeno così si pensava. Io la ricordo. Ricordo quel suo sussurro. Ebbi l'onore di sentirla solo una volta, la sua voce, ma fu sufficiente per imprimermela nella mente. Probabilmente non andrà mai via, non voglio che vada via.
Taehyung era libertà. Taehyung era gioia. Taehyung era spensieratezza. Taehyung camminava, correva, saltava e ballava sui cornicioni come se fosse una cosa normale. Ma d'altronde, quando mai quel ragazzo lo era stato?
Forse fu questo a farmi innamorare di lui.

La prima volta che lo incontrai da solo, senza i miei amici, fu sul tetto della scuola. Avevo bisogno di stare da solo e quello era il posto più tranquillo.
Persi un battito, quando lo vidi. Era in piedi, sul cornicione, con le cuffie nelle orecchie. Se ne stava lì, a guardare il cielo, nella quiete più totale. La cosa più istintiva che mi venne da fare, fu tirarlo giù di lì.
Dovevo capire che il mio cuore decise in quel momento di innamorarsi di lui.
Non capì come successe, semplicemente, lo avevo addosso. Non avrei mai immaginato che potesse sorridere anche in quella situazione. Lo sgridai, quella volta. Gli dissi che era pazzo, spericolato. La sua innocenza mi fece tenerezza. Non si scompose per nulla, almeno finché non gli urlai contro un 'Potevi morire!'. Probabilmente quella fu l'unica volta che vidi Taehyung scosso. 'Perché? Perché questa reazione?', mi chiedevo.
Nemmeno quella sera lo era.
In seguito capii che per lui, quella, era la normalità.
Lo seguii, lo seguii spesso. E ad ogni suo passo, ad ogni suo movimento, il mio cuore gli apparteneva sempre un po' di più.
Lo odiavo, per starmi facendo quell'effetto. Ma, probabilmente, l'amore era più forte.
Abbandonai i miei amici. Non solo perché passavo le mie giornate a seguire Taehyung, ma anche perché non sopportavo di sentire una minima parola contro di lui.
Io, Jeon Jungkook, mi ero innamorato di un ragazzo semplicemente per il suo spirito libero.
Il mio cuore cadde completamente nella sua trappola, quando si girò a guardami. E mi sorrise. E, diamine, che sorriso. Lui sapeva che fossi là. Lui sapeva che passavo i pomeriggi a vederlo ballare sul tetto di quell'edificio abbandonato. Lui sapeva che il mio cuore iniziava a palpitare sempre più forte ogni volta che saliva sul cornicione di quell'edificio di dieci piani.
Da quel momento, iniziai a guardarlo da vicino. Sorridevo, quando lui lo faceva.
Lo tenevo, quando si sporgeva troppo.
Ma il mio cuore, lui l'avrebbe tenuto? Forse pretendevo troppo.
Non mi ero mai illuso troppo. Ero consapevole di non piacergli. Stavo bene con lui. Mi faceva bene la sua compagnia, non volevo che tutto quello finisse.
Già, pretendevo troppo.

Il suo sussurro continua ancora ora a tormentarmi. Quella singola parola che mi lasciò spiazzato. Quella singola parola che ha portato confusione nella mia testa. Quella singola parola che m'impedisce di andare avanti.
Taehyung è stata la mia unica gioia, ecco. L'unica persona che io abbia mai amato realmente.
Amare. Può definirsi amore? Ma se non lo era, perché dopo cinque anni non riesco a levarmi quel ragazzo angelico dalla mente?
Il primo e l'ultimo amore.

Era in bianco, probabilmente perché sapeva di essere un angelo. Ci eravamo dati un appuntamento, quella sera, nel nostro posto. E quando lo vidi sul cornicione, di spalle, ma con il viso rivolto verso di me, il mio cuore perse un battito. Per la sua bellezza, questa volta, non per la paura.
Ricordo quella scena come se la stessi vivendo in questo istante.
Venne verso di me, mi prese il viso con le sue lunghe e affusolate dita e mi lasciò un bacio casto sulle labbra. Non ebbi il tempo per provare felicità. Nemmeno quando sentii per la prima volta la sua voce, la provai.
Taehyung spiccò il volo. Un attimo prima era davanti a me, quello dopo dall'altro lato della facciata dell'edificio.
Piansi, piansi talmente tanto da non avere il tempo per mangiare o dormire.
Venni accusato d'omicidio, ma poi realizzarono che fosse stato un suicidio. Era un malato mentale, dicevano.
Taehyung non era pazzo, era solo speciale.
Mi chiedo ancora il motivo di quel Grazie, prima di morire. Perché?
Perché l'avevo fatto stare bene, allo stesso modo che lui l'aveva fatto con me? Impossibile. Io non ero lui, era lui quello speciale, non io. Era lui quello che faceva stare bene la gente, non io.
Perché l'avevo fatto sentire più libero del solito?
Perché l'avevo compatito?
Perché lo avevo amato?
Non trovai una spiegazione, né l'ho fatto adesso.
Eppure, l'ho trovata per il suo gesto.
Taehyung non era abbastanza libero qui. La sua gioia, era solo una copertura. Si sentiva incatenato, aveva bisogno di andare via. Non lo biasimo, come potrei farlo? Taehyung era così.

Non ho mai creduto in Dio, ma lui era un angelo, e quel vecchio e lurido edificio era stato il nostro paradiso.

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