Passando per il cimitero

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Passando per il cimitero

Il sole stava ormai tramontando quando la donna in giar-dino, sul retro di casa, era intenta a togliere il bucato asciutto dalla cordicella.

"Ciao, mamma, io vado..." La salutò, il figlio, dalla veranda della cucina, con un grappolo di uva bianca in mano. "...Ci vediamo stasera. Forse si farà un po' tardi, perciò non stare in pensiero, va bene?...Ciao!"

"Mi raccomando, Tonino, fa attenzione e cerca di non venire troppo tardi. Non farmi litigare con tuo padre, sta-sera... e divertiti con i tuoi amici." Rispose, lei.

Erano le sue abituali parole di madre che si preoccupava per il proprio figlio adolescente, anche se lei sapeva molto bene che suo figlio non aveva bisogno di certe raccoman-dazioni. Tonino era un ragazzo tranquillo e molto re-sponsabile per i suoi quindici anni. Cercava sempre di andare d'accordo con i suoi compagni e di evitare litigi. Era questo che sua madre Lucia diceva di lui quando le capi-tava di parlare con i suoi familiari e conoscenti. Chi meglio di lei poteva conoscerlo così bene? Suo padre Mario, da parte sua, non perdeva mai l'occasione di ricordare ai suoi amici di quanto suo figlio fosse bravo a scuola.

Il giovane ragazzo camminava a passo svelto su per la strada che conduceva alla piazza. Stava raggiungendo i suoi tre amici coetanei per andare a Cabòli, paese limitrofo di Sopigno, a vedere la festa di Sant' Anna, una delle tante feste patronali che si svolgevano nella bassa Campania durante l' Estate. Era molto contento perché questa era la sua prima volta che andava da solo, con i suoi amici, a vedere una festa patronale fuori dal suo paese. E questo lo faceva sentire come un giovane adulto, non più come un ragazzino quando andava alle feste patronali del suo paese insieme ai suoi genitori.

Alla fine della serata, ci sarebbe stato il concerto dei "I pionieri del rock,"un famoso gruppo musicale, da loro preferiti, che andava forte durante quegli anni sessanta. Quando arrivò su in piazza, i suoi tre amici erano già da-vanti al bar, tra altre persone, che lo aspettavano. "Ciao, ragazzi, ci siamo?"

Chiese, lui.

"Ciao, Tonino, lo sai?... Nando voleva andare alla festa senza di te, ma noi gli abbiamo fatto cambiare idea." Disse, Gennaro, con tono scherzoso.

Nando fece finta di non aver sentito. A lui piaceva molto apparire come il duro che in fondo non era. Sembrava sempre così sicuro di sé. Aveva diciannove anni ed era il maggiore dei quattro. Andava fiero di quel suo enorme ciuffo biondo che gli cadeva sulla fronte. Gli mancavano un paio di denti frontali superiori, di cui sembrava non farsene un problema e portava la cintura dei pantaloni sempre fin giù all'addome. A fatica era riuscito a conseguire il diploma di scuola media, ripetendo anche qualche anno. Occasionalmente si imbarcava, per pochi mesi, a bordo di qualche piccola nave mercantile, per avere qualche lira in tasca. "Forza, ragazzi!" Intervenne, Renato, un po' an-noiato. "Andiamo ad aspettare alla fermata del bus."

Parlava poco, lui, e pensava ancora meno. Madre natura non era stata molto generosa, con lui, in quanto ad intel-ligenza. Era un giovanotto difficile da capire. Seguiva il branco. Si ficcava una sigaretta in bocca, di tanto in tanto, durante la giornata e sembrava essere felice nel suo piccolo, impenetrabile mondo.

"Gennà, ma è vero che Nando non voleva che io venissi alla festa con voi?" Chiese, Tonino, a bassa voce, per non farsi sentire da Nando.

Gennaro, sorrise. "Ma, no, stavo scherzando... Ci hai creduto, eh?"

Piaceva molto scherzare, a Gennaro, un ragazzo sveglio e di facile iniziativa. Un simpatico grassottello di cui una delle sue maggiori preoccupazioni era quella di assicurarsi che il suo stomaco non soffrisse mai i crampi della fame.

Pochi minuti di attesa e arrivò l'autobus. Con le varie fermate, ci sarebbe voluto non più di qualche mezz'oretta per arrivare a Cabòli. Sapevano che dopo la festa si sarebbe fatto troppo tardi per trovare un altro mezzo pubblico, dovevano quindi risparmiare energie per poter ritornare a piedi a Sopigno. Arrivarono in paese che stava iniziando a fare buio. Le luminarie erano già tutte accese e le strade, chiuse al traffico, stavano iniziando a riempirsi di gente. Nell'aria, si sentiva l'inconfondibile profumo di noccioline arrostite che proveniva dalle varie bancarelle, posizionate ai lati delle strade. La musica, che usciva dagli altoparlanti, si sentiva per tutto il paese. Di soldi, in tasca, i quattro amici non è che ne avevano molti. Si guardava parecchio ma si spendeva quasi niente. Nando e Renato, i maggiori di età, erano troppo interessati a guardare le ragazze. Non era tanto facile, però, poter avvicinare delle ragazze adole-scenti. Difficilmente, queste, giravano da sole. Di solito erano in compagnia dei loro genitori oppure insieme a delle loro sorelle maggiori, magari già sposate. Ad un paio di isolati, lontano dalla piazza, c'era un pezzo di terra, non coltivato, riservato alle giostre. Decisero di fare alcuni giri su quelle più adatte alla loro età. Qualche battuta e tante risate, aiutarono ad allegrare di più la serata. Finalmente, verso le undici , iniziò il tanto atteso concerto. Erano tutti e quattro in piedi, sotto il palco, tra la folla, con i gli occhi puntati sui loro idoli. Il volume alto di quella musica, dal ritmo un po' più sfrenato di quella tradizionale, sembrava coinvolgere anche i non amanti di quel genere. Dopo circa un paio di ore di concerto, la piazza iniziò, man mano, a svuotarsi.

"Ragazzi, penso che dobbiamo andare. E' l'una e un quarto, si sta facendo tardi." Fece notare, Nando.

"Sì, anch'io penso che dobbiamo andare." Rispose, Gen-naro. "Se no, va a finire che le prendo da mio padre, quando torno a casa."

"Io non ho questo problema." Replicò, Renato. "Mia ma-dre lo sa che sarei tornato tardi. Lei non mi sta troppo addosso quando mio padre è imbarcato."

"Allora è meglio che ci avviamo." Riprese, Nando.

Camminarono per una decina di minuti, per una via se-condaria del paese. "Adesso tagliamo per la "Via Vecchia" così risparmiamo un sacco di tempo." Disse, Nando.

"Ma, non è la strada che passa davanti al cimitero di Ca-bòli?" Chiese, Gennaro, un po' perplesso, per quella scelta non proprio brillante da parte di Nando.

"Si, è proprio quella." Rispose, Nando. "Perché?...Non avrai mica paura?"

"Non è che ho paura, ma quella è una strada che non ci passa quasi mai nessuno, figuriamoci a quest'ora di not-te...E poi, se incontriamo dei cani?"

"Non ti preoccupare, non incontreremo nessun cane." Ribatté, Nando, un po' irritato.

La "Via Vecchia" era una stradina di campagna, sterrata e alquanto dissestata per un lungo tratto della sua lunghezza, con un alto grado di dislivello. C'erano soltanto alcune casupole sparse qua e là, ai suoi lati. Di rado qualche macchina si azzardava a passare di là, di giorno, gli am-mortizzatori ne avrebbero sofferto tremendamente. Era comoda perché era una scorciatoia che faceva risparmiare un sacco di tempo a quelli che dovevano andare a Sopigno, però era stretta e quando due macchine si incontravano, era un casino. Dal momento che l'illuminazione era pressoché inesistente, non era, tutto sommato, la strada da percorrere con piacere all'una e mezza di notte. Ma questo, per Nando, non era un problema, almeno come lui voleva far credere ai suoi amici.


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