Il ragazzo di pietra

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Non so dove mi trovavo, ma ero completamente da sola.
Era notte fonda. Le uniche cose che facevano compagnia alla mia solitudine erano un centinaio di statue in marmo bianco opaco, una in una posa diversa dall'altra.
Io, insieme alle statue, ci trovavamo in un salone enorme contornato lungo tutto il perimetro da finestre di vetro alte quasi due metri. Mi avvicinai ad una di esse per guardare fuori e per capire dove fossi, poichè non ne avevo la minima idea. Ma quando mi trovai con il naso e i palmi delle mani appiccicati al vetro, vidi il nulla.
Mi spaventai, e caddi a terra. Mi rialzai un instante dopo e iniziai a correre tra le statue per cercare una via di uscita. Il cuore batteva come fuori dal petto e il fiato si fece talmente pesante che mi lasciai cadere a terra; stremata e consapevole che non c'era via d'uscita.
Chiusi gli occhi. Rallentai il respiro e cercai di calmarmi.
Così iniziai a ragionare.
Mi guardai attorno: le statue sembravano non finire; parevano intrecciarsi come in un labirinto.
Poi, posai per caso lo sguardo su uno dei tanti pezzi di marmo: raffigurava un uomo, un ragazzo più precisamente; sembrava che, nella sua modesta posa, mi fissasse.
Così iniziai a fissarlo anch'io: era l'unica statua che mi trasmetteva tranquillità e sicurezza. Il suo dolce sguardo culló il mio animo agitato, come quello di un neonato piangente e disperato, in cerca di qualcosa.
E senza neanche accorgermene mi trovai in posizione eretta: era come se quel ragazzo di pietra mi stesse attirando a se'.
Camminai verso di lui. Poi i nostri visi si trovarono a pochi centimetri. Io lo sentivo vivo; riuscivo a sentire dentro di lui il fuoco della vita.
Appoggiai le braccia intorno al suo collo, abbandonandomi ad un abbraccio che mi regalò conforto e riscaldò il mio cuore spaventato. Rimasi abbracciata a lui per minuti, che sembrarono infiniti.
Poi, improvvisamente, quella statua prima fredda, vuota, inanimata, iniziò a riscaldarsi col calore del mio corpo, e, come per magia, si risvegliò da quel sonno  senza fine, abbracciandomi a sua volta.
Quel corpo nudo, muscoloso di giovane uomo si rivestì pian piano di carne, di pelle vera, e una leggera ma consistente peluria gli ricopriva già le braccia, il petto, e il capo.
E mentre la sua lenta trasformazione proseguiva, le nostre labbra già si baciavano, con una tale passione che ci permise, per un attimo, di sentirci liberi; esterni a quella specie di gabbia.
Le sue mani scorrevano lentamente sul mio corpo, e, poco dopo, mi ritrovai nuda davanti a lui, anche spogliata da tutto ciò che era accaduto minuti prima.
Un brivido mi nacque dal collo e percorse tutta la mia schiena.Sentii le gote arrossarsi di pudore e ogni centimetro del mio corpo ricoprisi di piccole sporgenze rotonde: avevo la pelle d'oca.
Il ragazzo osservò la mia nudità, e, per la prima volta, sorrise: era vivo.
Mi sentii felice, in pace con me stessa: ero contenta di non essere sola, ed ero persino fiera di essere nuda di fronte a lui, poiché in fondo, in questo modo, eravamo uguali.
Stretti l'uno all'altra continuammo ad amarci; i minuti passavano ed ogni singolo secondo potevo sentire che la mia pelle, prima dalla punta dei piedi, poi sull'intero viso, diventava sempre più dura e fredda.
Ma non mi importava.
Non ero mai stata amata in quel modo.
Così, lentamente, il corpo del ragazzo e il mio diventarono marmo; i movimenti si erano fermati. Ma l'anima, la fiamma della vita e della passione vivevano ancora in noi, e non si sarebbero mai spente.
I nostri corpi intrecciati erano corpi di due amanti. Delicate erano le mani di lui su di lei, le mani di lei su di lui.
Separati, noi eravamo solo pezzi di pietra fredda: spenti ed insignificanti.

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