2018
Ed è stato quando ho visto tramontare in poche ore un pezzo di me, che il rumore del mare non sembrava più lo stesso.
Il sole irlandese quel giorno mi illuminava il viso ad ogni passo, mentre uscivo dalle porte scorrevoli di un supermercato con un carrello pieno di cose che sicuramente non avrei mangiato.
Non ho mai provato particolari emozioni nel fare la spesa, almeno non finché realizzai, aprendo le buste per metterci tutti i miei acquisti, che questa spesa in particolare sarebbe finita nel mio frigo, nella mia casa.
La prima volta che fai la spesa per un nuovo appartamento è sempre emozionante. Così presi ad imbustare le pennette, i cereali croccanti che a me piacevano tanto, il succo alla pera che mai poteva mancare nel frigorifero di una casa, un pupazzetto regalo che avevo vinto con i buoni spesa accumulati.
Mi ritrovai a sorridere leggermente mentre pensavo che da oggi, definitivamente, vivevo da sola. Ma quando terminai gli acquisti da imbustare i capelli sulla mia nuca erano umidicci e appiccicati, mentre una goccia di sudore mi scivolava lenta sulla tempia. Così buttai al cesso tutti i pensieri sulla casa nuova e constatai che l'unica vera emozione del fare la spesa era l'aria condizionata sparata a mille nel supermercato.
*
"...ed infine questo muro sinistro è stato ridipinto pochi mesi fa." Quando il lungo monologo dell'omone alto di fianco a me finì, la mia testa era un'intricata valle di cose da fare, ricordare, buttare e pagare.
Sospirai a fondo, annuendo con la testa mentre i miei occhi rimbalzavano tra le pareti colorate del piccolo salotto che mi ritrovavo davanti. I colori mi facevano ribollire lo stomaco per i loro accostamenti del tutto inusuali; mi chiesi seriamente chi mai lo avesse dipinto.
Forse Arlecchino.
In ogni caso, cucina e salotto non erano divisi, mentre sul lato sinistro, proprio accanto al sofà, una porta di legno scuro dava accesso a quella che sarebbe stata la mia camera. Una porta rossa, quasi mogano, era l'entrata del bagno.
Era semplice come appartamento, ma aveva tutto quello di cui avevo bisogno in quel momento.
Quando finalmente Enrique, il proprietario, si decise a lasciarmi sola, io mi innalzai piano sulla mensola della cucina. Una manciata di cereali croccanti in bocca e il silenzio assordante che iniziò ad invadermi dentro.
Dondolavo i piedi mentre tutto intorno a me rimaneva completamente immobile. Respirai a fondo quando nei miei pensieri comparve il desiderio di lasciarmi andare. Ero sola, nessuno lo avrebbe scoperto. Fu un desiderio così improvviso che mi fece vibrare la punta delle dita; lo sentii risalire dallo stomaco mentre i colori di quella casa iniziavano ad appassire davanti ai miei occhi.
Poggiai una mano accanto a me, come se avessi bisogno di qualcosa a cui aggrapparmi per non lasciar uscire nulla. In un attimo mi sentii come in una bolla di vetro.
"Ma tu lo dici seriamente o stai scherzando? Perché io a volte non ti capisco proprio Angelo." Mi guardava con stupore, e io non sapevo mai cosa rispondergli. Lui sapeva, sapeva tutto, non c'era mai il bisogno di spiegare ogni cosa nel singolo dettaglio.
"Non scherzo, mi ha preso la mano." Ripetei, con gli occhi ancora spalancati dallo stupore. "Che palle, sempre a te capitano queste cose, a me non mi prende mai nessuno la mano!"
Sbraitò, mettendo su un muso contornato da braccia incrociate e mento all'insù.
Io sorrisi nel vederlo così pieno di luce, anche dentro una camera bianca dalle serrande sempre chiuse. Anche con i piedi immobili e troppi fili attaccati al braccio. Anche dopo venti giorni di ricovero.
Quando riaprii gli occhi, stringendo le labbra tra loro mandai giù quel ricordo amaro, alzando la testa verso il soffitto solo per far rientrare anche quei piccoli pezzi di me che volevano scappare.
Non potevo perderli perché glielo avevo promesso.
"Ricomponiti Angelo, non perderti neanche un pezzo."
Quando respirai a fondo maledissi tutti; nessuno mi aveva detto che la mia casa sarebbe stata così silenziosa, nessuno mi aveva detto che starmene da sola avrebbe contribuito a riportare ricordi di qualcuno che non volevo ricordare. E soprattutto, nessuno mi aveva detto come ricompormi. Non dopo una cosa del genere, non dopo aver visto l'unica cosa preziosa che c'era sulla terra scivolarmi dalle mani come sabbia fine.
Perché era questo quello che era successo. Avevo visto Michael scivolarmi tra le dita, andarsene di giorno in giorno e perdere pezzi di lui finché nulla avrebbe più potuto ricomporlo. Neanche io, Neanche Jo, sua madre, che insieme a me aveva perso il suo più; così lo chiamavamo riferendoci alla logica delle batterie; come quando il più attrae perfettamente il meno.
"Sei il mio meno, Angelo, perché altrimenti non mi terresti attaccato a te."
Sorrisi piano a quei piccoli ricordi prima di ributtarli nello stomaco per non sentirne il peso. Poi scesi dalla mensola e in pochi secondi ero con gli occhi semichiusi e i capelli neri sparsi sul divano. Un sospiro fra le labbra ed il peso dei pensieri che per un attimo sentii allontanarsi da me.
Così, quando tra respiri profondi, pensieri lontani e muscoli inesistenti, mi addormentai sul divano.
S.A.
Allora, parliamone. Sono emozionata.
Come avrete capito la nostra Iris è molto silenziosa, ma la sua mente non smette un secondo di parlare. Anche di cose poco utili come il senso della spesa.
Michael invece? Secondo voi chi era per lei? Che gli è successo?
"Lo scoprirete nel prossimo capitolo!"
Niente, volevo citare i Pokèmon...
Sparisco.
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La fermezza del cielo
Random2015 Giù, fin dentro lo stomaco. E' dove nascondo le mie emozioni, dove le cristallizzo nel tentativo che non vengano più a bussare alla mia gola. Le spingo giù finché di loro non vi è più traccia. 2018 Ed è stato quando ho visto tramontare in poche...