Prologo

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Le creature si muovono in cerchio, ombre senza volto sotto il pelo dell'acqua. I loro corpi affusolati tremano, si piegano, lunghe code a infrangere le onde.

Sperano ancora di salvarla, ma non c'è niente da salvare. Vorrei che lo capissero. Vorrei che ci lasciassero in pace.

Le loro voci sono una sola, un canto che somiglia a un grido contro le prime luci dell'alba. La malinconia mi striscia nelle ossa, nei muscoli delle braccia avvinghiate alla balaustra arrugginita, in quelli delle gambe ancorate al ponte della nave.

Ho nostalgia del mare.

Torna a casa.

Casa, casa, i mattoni di fango, polvere dentro a ogni respiro. Il sole che brucia la terra, asciuga la gola, risplende sui tetti d'oro del Tempio del Giorno. Casa è luce ed è caldo ed è odore di spezie. Sono le strade di Tindu, l'afa e le zanzare che non ti lasciano dormire. Sono gli argini del fiume Adini, un nastro d'acqua scura sotto la volta del cielo, e i cortili ombrosi in cui nascondersi e riposare.

Casa è tutto questo e non è più niente.

Casa non esiste più.

Gocce bollenti mi bagnano le guance. Il vento è una frusta contro il mio viso. L'oceano mi chiama, e vorrei fermarmi, e invece sollevo la gamba e scavalco il parapetto della nave: il mare è una distesa infinita. La bocca della dea attende il suo pasto.

Mi tremano le dita. L'aria gelida trasforma ogni respiro in un'esplosione di dolore, ma non ha importanza: tra poco sarà tutto finito.

Mi guardo indietro un'ultima volta. La porta che conduce alle cabine è chiusa: loro sono di sotto, al sicuro, non mi vedono. Non sentono.

«Ci riuscirete anche senza di me», un soffio che la brezza divora senza sforzo.

Mi lancio nel vuoto.

Che cosa ho fatto?

Miriadi di aghi di ghiaccio mi si conficcano sotto la pelle. Il sale mi brucia gli occhi, li chiudo, serro le labbra. Le loro mani sono dappertutto, mi tengono per i polsi, per le caviglie, mi tirano giù. Batto le gambe, dimeno le braccia, gli artigli delle belve mi graffiano la carne.

Una di loro mi affonda i denti in un fianco. Il mio urlo di dolore non ha voce: è un ammasso di bolle che si arrampica verso il cielo.

Un altro morso, sale e sangue e brucia tutto, dentro e fuori, e inspiro e l'acqua mi riempie i polmoni e le orecchie e gli occhi la bocca la sento sulla lingua non lo sopporto il rumore delle ossa spezzate rumore d'acqua rumore di morte di vuoto e loro che cantano e voglio risalire ma non mi mollano loro non mi mollano non mi lasciano andare ho paura ho…

L'occhio del mare mi osserva dal fondo.

La bocca di TalassaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora