PARTE I

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Era arrivato alla fermata in tempo, con i polmoni che bruciavano per colpa della corsa sfrenata, ma in tempo.

Mentre cercava di riprendere fiato, si era dato una sistemata alla sciarpa che durante la corsa si era completamente sciolta dal suo collo, e dopo aveva iniziato frugare alla cieca dentro la sua borsa per trovare le cuffie. Non riusciva a viaggiare senza ascoltare della musica, odiava sentire le chiacchiere delle altre persone, specialmente quando leggeva, e lui leggeva sempre sulla metro.

Nel momento in cui riuscì a trovare le cuffie, sentì un rumore lontano e un improvviso innalzarsi del vento, segnali che indicavano l'arrivo del treno. La sua brevissima attesa gli aveva fatto capire quanto fosse stato fortunato quel giorno ad arrivare in tempo alla fermata, e nonostante la piattaforma non fosse piena di gente, si era comunque apprestato a raggiungere la linea gialla prima degli altri. Il suo voler essere il primo ad entrare nel vagone era dovuto essenzialmente ad un motivo infantile e sciocco, anche se si rifiutava di ammetterlo. Classificare quello, come un comportamento bambinesco, significava in qualche modo denigrare quell'abitudine che aveva ormai intrapreso da quasi un anno.

Quando il treno si era fermato con le porte dell'ultimo vagone proprio davanti a lui, in una precisione che era riuscito a calcolare solo grazie all'esperienza, aveva lasciato prima scendere educatamente i pareggerei e poi si era fiondato dentro il più in fretta possibile, in modo da riuscire a sedersi nel suo sedile preferito. Si, perché il motivo di quel suo atteggiamento così bizzarro era proprio quel posto collocato al centro della fila di destra, appena dopo le porte. Non era una seduta particolarmente comoda, non aveva nulla di straordinario, ma si era sempre seduto lì e la sua mente aveva catalogato quel posto come suo nel momento in cui l'aveva trovato ogni giorno libero, come se lo stesse attendendo, come se quel sedile fosse libero solo per lui.

Era ormai diventato un rito, più che un abitudine, sedersi in quel preciso posto ogni giorno, tanto da fargli quasi pensare di avere una sorta di connessione emotiva con quel sedile di plastica. Non era pazzo, in realtà convincersi che in una città affollata e caotica come New York, così lontana da casa, ci fosse un posto da considerare proprio, era come un balsamo per l'anima. Forse più che abitudinario, Stiles Stilinski era semplicemente un sentimentale.

Si era accomodato nel suo sedile con un infantile sorriso vittorioso nascosto in parte dalla grande sciarpa che gli copriva metà faccia, e senza perdere tempo si era messo a posto le cuffie e aveva preso dalla sua borsa il libro che aveva iniziato a leggere quella mattina, mentre dal Brooklyn College dove studiava, si era recato alla libreria dove lavorava. Stava leggendo una raccolta di poesie, era la prima volta che ne leggeva una, perché di solito preferiva i romanzi con una trama intrecciata e dal finale inaspettato, ma quel libro era stato un regalo che la sua amica Lydia gli aveva fatto poco prima di partire per la grande mela. Era ormai passato un anno dal suo trasferimento e quel libro gli era saltato fuori proprio quella mattina e non averlo ancora letto gli era sembrato un grave sgarbo nei confronti dell'amica, così se lo era messo in borsa facendolo diventare la sua nuova lettura da viaggio.

Aprendolo, si era ritrovato come quella mattina, a soffermarsi sulla dedica che l'amica gli aveva lasciato scritto nella prima pagina, con la sua calligrafia perfetta.

Al mio caro amico Stiles,
sei un impiastro e mi chiedo come farai a sopravvivere a New York.
Chi annoierai con le tue assillanti chiacchiere, adesso che non sarò lì con te?
Mi mancherai.
Con amore, Lydia.

Nel rileggerla si era fatto assalire nuovamente da un senso di nostalgia spietato che gli aveva attorcigliato lo stomaco, proprio come quella mattina. Stranamente gli mancava Beacon Hills, quella cittadina insulsa dove era cresciuto e dove, senza volerlo, aveva lasciato un pezzo del suo cuore. Lydia si era trasferita in Connecticut per frequentare la facoltà di legge nell'università di Yale, e si mandavano spessissimo delle e mail, ma non era come ai tempi del liceo, quando neanche il suono della campanella riusciva a farli smettere di parlare. Era ormai al secondo anno di college, aveva stretto delle amicizie, ma nessuno era riuscito a prendere il posto di Lydia. Come nessuno era riuscito a prendere il posto di Scott, il suo migliore amico che era rimasto in California a studiare veterinaria.

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