Vampiro custode

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Era notte. Era buio pesto. Se non fosse stato per le luci dei lampioni lungo la strada, non avrebbe visto l'auto parcheggiata vicino al marciapiedi, che costeggiava lentamente.

Non c'era anima viva in giro, infondo erano le tre di notte, chi mai si aggirerebbe a quell'ora? Solo lei. Ma ormai era diventata un'abitudine, lo faceva diverse volte la settimana, infatti quella era una di quelle notti. Era uscita stanca dopo il lungo turno al lavoro, aveva passato cinque ore in sala operatoria, e dopo tanta concentrazione e fatica, riuscì a salvare la vita di quella ragazza. Ogni volta che ci riusciva, si sentiva bene, lei salvava delle vite ed era la cosa più bella e soddisfacente al mondo.

E quando non ci riesci?

Immaginare quelle povere persone sotto i ferri, fare di tutto per mantenerle in vita e pregare che la morte non arrivasse a prenderle, solo al pensiero si rattristava. A volte le persone morivano. E ogni volta era una fitta al cuore.

Nessuno si meritava di morire, anche se era un assassino o un stupratore, certo li disprezzava e li odiava per quello che facevano, ma non si meritavano la morte, erano persone anche loro, anche loro avevano genitori, figli e zii. Come l'avrebbero presa se avesse lasciato morire uno di quei mostri? Sicuramente l'avrebbero odiata e gli avrebbero urlato dietro, loro avrebbero considerato lei un mostro.

E tu non vuoi essere considerata un mostro, vero?

No, infatti era per questo che ci metteva tutta se stessa per salvare le loro vite, di chiunque fossero. Faceva tutto quello che era umanamente possibile.

Ormai era quasi arrivata nel quartiere dove abitava, aveva camminato per sei/sette minuti, l'ospedale non era distante da casa sua, era per questo che andava a piedi, indisturbata. Prendeva la macchina solo nella stagione fredda o piovosa, e di certo quella notte non era fredda, anzi tutt'altro, faceva caldo, e quando sentì una brezza leggera accarezzarle la pelle, fece un respiro di sollievo.

Girò il penultimo angolo e appena passò accanto ad un strettissimo vicolo cieco, avvertì dei rumori provenire proprio da lì, automaticamente affrettò il passo, ma non ebbe il tempo di farne più di due, che improvvisamente qualcuno la prese alle spalle, tappandole la bocca con una mano e bloccarle con l'altra le braccia contro la sua stessa pancia. Nemmeno si era resa conto di come era successo, era stato tutto troppo veloce. In un attimo si ritrovò spiaccicata contro il muro di quel vicolo, la testa che era riuscita a girarla sulla guancia, il seno e la pancia premuti contro la parete con forza, non era stato per niente delicato, anzi le faceva male, anche quando le aveva tappato la bocca con un pezzo di nastro adesivo e le aveva legato strette le mani con una corda, dietro la schiena.

Hai paura?

Sì, ne aveva. Tanta. Non aveva nemmeno visto l'aggressore, e avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto scappare, o per lo meno che qualcuno le venisse in suo soccorso. Era troppo sperare che si sarebbe liberata in qualche modo, e aveva talmente paura che l'unica cosa che riusciva a fare era piangere.

E sgranò gli occhi appena sentì le mani dell'aggressore toccarle avidamente le cosce, palparle i glutei, poi incominciarono ad intrufolarsi sotto la gonna, fino ad arrivare in mezzo alle gambe, che tentava in tutti i modi di tenerle chiuse, ma lui aveva decisamente più forza.

Cosa stai provando adesso?

Adesso capiva come ci si sentiva a essere prese di mira da uno stupratore. Era un'orribile sensazione, senza difese e senza la forza e il modo di reagire. La paura penetrava nella pelle, e il tutto diventava un incubo.

Pensi ancora che non meriterebbe la morte?

Forse. Non ne era più sicura. Ora che si trovava in quella situazione, avrebbe preferito che lui morisse, ma ancora si ostinava a dire che non era giusto, anche lui era un essere umano.

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