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"Per la stampa? Che cazzo vuol dire?"

Ci volle un secondo, una folata di vento mosse i miei pensieri.
Realizzai.

No, non l'ha detto davvero. Non l'ha fatto. Non posso crederci. Non voglio crederci.

Feci un passo indietro e portai una mano sul volto a coprire gli occhi mentre ordinavo a me stesso di non far cadere neanche una lacrima.

"Sparisci da questa stanza."

"Ermal, per favore, lasciami spiegare."

Una negazione secca, non volevo sentire più le sue scuse, la sua voce.
Non volevo perchè più restava lì più capivo cosa stavo lasciando. 

"Non puoi far finire tutto co-"

"Sta zitto!" lo urlai, si sentiva tutta la disperazione che volevo nascondere.
"Vattene!"

"Lo sai che non posso, dobbiamo suonare domani."

"Dalla mia vita!" specificai.

Questa volta è lui a indietreggiare, il volto si incupisce e gli occhi diventano lucidi. Però non li copre, non si nasconde

La sua risposta fu un 'va bene' sussurrato.
Mi ero già voltato sperando di sentire il suono della porta chiudersi ma ricominciò a parlare.

"Me ne vado."

Gli davo ancora le spalle, non volevo neanche più guardarlo.

"Però devi concedermi almeno un minuto per spiegare." lo disse tutto d'un fiato, forse aveva paura lo fermassi ancora.

Mi voltai di scatto, un passo e arrivai a fronteggiarlo con l'indice premuto sul suo petto.

"Non devi spiegare un bel niente, basta quello per far capire tutto."

Alzai la mano a sfiorargli il collo dove c'era un segno rossastro.
Il contatto non durò neanche un secondo ma i brividi sulla sua pelle riuscì a sentirli uguale.

"Sono stato costretto, devi credermi.", aveva la voce rotta quasi stesse supplicando.

Avvicinarmi è stato un errore enorme. Sentivo il suo fiato, che sapeva di vino rosso e nicotina, addosso talmente era vicino.
Un secondo errore è stato alzare lo sguardo. Si vedeva che stava torturando le sue guance dall'interno, gli occhi pieni di lacrime che minacciavano di uscire da un momento all'altro.

Non era a pezzi, no ma c'era vicino.
Sembrava un vaso già malconcio a cui mancava solo un'ultima crepa per distruggersi.

"Ti hanno costretto a farti fare un succhiotto? Ovviamente!"

Mi allontanai da lui e andai ad accendere una sigaretta su quel piccolo balcone.

"Non volevano farmi più suonare!" lo buttò fuori come se avesse chiarito tutto con quella frase.

"Ma che cazzo? E cosa collega questo a quel morso che hai sul collo!"

Riportai la sigaretta alla bocca e tornai a voltarmi.

"Te lo spiego volentieri ma guardami, diamine! Non voglio parlare con la tua schiena." si sentiva che stava perdendo la pazienza.

Sbuffai il fumo fuori dalla bocca. Le mani strette alla ringhiera mi trattenevano dal girarmi.

"Mi devo voltare cosi puoi mentire mentre mi guardi in faccia?"

Un singhiozzo, tirò su col naso e si schiarì la voce.
Non capivo se stesse piangendo o no ma poco mi importava, non mi sarei voltato ugualmente.

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