Fai bei sogni

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I fell in love the way you fall asleep:
slowly, and then all at once

Einar non ricordava con esattezza l'ultima volta che si era sentito così irrazionalmente euforico. Doveva essere stato molto tempo prima, forse durante il pomeridiano, nelle lunghe serate spensierate trascorse con Filippo e Simone a guardare il mondo da una terrazza affacciata su Roma. Le aveva impresse sulla pelle quelle notti indimenticabili, quei giorni palpitanti di vita, quando la realtà sembrava ruotargli attorno troppo velocemente e lui nemmeno se ne accorgeva perché, quando sei felice, felice da fare schifo, non lo sai. Molte volte Einar aveva avuto l'impressione che la felicità non fosse altro che una sensazione a posteriori, legata al ricordo, più un'illusione che un vero e proprio stato d'animo, ma in quel momento non era più sicuro di poter dar credito alla sua stessa teoria. Quel giorno Einar si sentiva euforico e non c'era niente di più assurdamente reale di quello che stava provando. Più ci pensava -mentre la sua macchina viaggiava spedita lungo la superstrada, passando sotto al cartellone blu che indicava l'uscita per Follonica-, più si rendeva conto che mai, da dopo la finale, si era sentito così leggero e fiducioso, quasi non ci credesse nemmeno lui che era quella la sua vita adesso. La sera precedente era finalmente tornato sul palco, tra la sua gente, tra i mille sguardi di stima e ammirazione a cui non era ancora riuscito ad abituarsi e quel pomeriggio era di nuovo in viaggio, verso un altro palco, verso Filippo. Forse era quest'ultimo pensiero, in particolare, a metterlo di buon umore, ma Einar non l'avrebbe mai ammesso a se stesso.
Dopo tutto ciò che era successo a Palermo, dopo le incomprensioni dei loro successivi incontri, la notte passata insieme a Marina di Cecina, la vicinanza che aveva sentito nei confronti di Filippo quando si erano rivisti al Battiti Live; dopo tutte le videochiamate, i bigliettini, i 'mi manchi', le lacrime trattenute, i sorrisi esplosi, le volte che si erano gridati contro e quelle -molto più numerose- in cui non erano riusciti a farlo: dopo tutto quello che era accaduto negli ultimi due mesi, Einar desiderava solo rivedere Filippo e smettere di chiedersi il perché.
C'erano stati dei baci -é vero- e c'erano state notti in cui la sua assenza era stata talmente forte da ferirlo, mattine afose in cui avrebbe solo voluto gettarsi tutto alle spalle e imparare a dimenticare, ma c'erano state anche lunghe chiamate fatte di sorrisi pixelati e quotidianità e sere gremite di stelle dentro alle quali aveva nascosto il desiderio troppo a lungo taciuto di non perderlo. Le cose non erano andate come si erano promessi la sera dopo la finale, ma Einar non voleva più pensarci. Voleva solo rincontrare Filippo, spegnere la ragione e lasciarsi guidare dagli avvenimenti. L'esperienza di Amici gli aveva insegnato che le cose succedono e, per quanto faccia paura, possiamo fare ben poco per evitarlo. La vita è sempre un passo avanti rispetto alla nostra capacità di comprenderne gli sviluppi e, quando infine ci convinciamo di averlo fatto, essa è già passata oltre.
Quella sera Einar aveva deciso che avrebbe lasciato che la vita facesse il proprio corso ed avrebbe accettato le conseguenze di tutto ciò che ne sarebbe derivato.

***

Einar aveva appena finito di provare Giudizi Universali quando scorse Lorenzo in piedi sotto al palco, tra la polvere e l'erba rada su cui non erano state ancora montate le transenne.
Aveva la macchina fotografica ben salda tra le mani ed il volto nascosto dietro ad essa, i folti capelli neri che facevano capolino da dietro il microfono che vi aveva montato sopra. Einar pensò  che fosse incredibilmente strano vederlo lì, da solo, senza Filippo a fargli compagnia. Per un'istante gli tornò in mente l'ultima volta che si erano incontrati, dopo il Battiti Live di Melfi, la sera in cui Filippo aveva lasciato tutti ed era uscito a cercarlo. Quella stessa notte, mentre Valentina dormiva placidamente al suo fianco ed il soffitto, dopo due ore e mezzo che continuava a fissarlo, aveva perso ogni interesse, Einar si era vestito in fretta ed era andato a bussare alla porta della stanza di Filippo. Si era sorpreso un po' quando questa si era effettivamente aperta e l'altro lo aveva guardato con quei suoi occhi belli ed impenetrabili, avvolto in un paio di jeans stretti dalle eccentriche toppe zebrate e con le piume dorate che ancora oscillavano alle orecchie. Non che Einar si aspettasse di trovarlo già a letto -Filippo non dormiva mai-, ma in tutta sincerità immaginava che fosse con Lorenzo a ballare e bere fino a tarda notte in qualche locale e non da solo nella sua stanza a fare chissà cosa.
"Hey" gli aveva detto Filippo piano, un piccolo sorriso stanco sulle labbra e tra di loro il tacito interrogativo del perché Einar fosse lì, nel cuore della notte, a bussare alla sua porta, quando la sua ragazza dormiva ignara al piano superiore. Poi lo aveva fatto entrare e lui aveva sentito che tutte quelle domande che aveva insistentemente rivolto al soffitto nelle ore precedenti, avevano appena trovato risposta.
Non c'erano stati baci quella notte, solo loro due che parlavano seduti a terra su un balcone, le loro paure a carte scoperte, l'incredulità di star vivendo un sogno, la bellezza di condividerne anche solo un frammento su quel palco che era casa, che era sicurezza, che era un album sempre più fitto di ricordi. Non c'erano stati baci quella notte. C'era stato solo Einar che ad un certo punto gli chiedeva di rientrare perché il muro a cui erano poggiati era troppo scomodo, la sua schiena contro la testata del letto, le sue scarpe abbandonate in un angolo e Filippo che, dopo un attimo di esitazione, gli si sedeva a fianco ed abbandonava la testa nell'incavo del suo collo. Non c'erano stati baci. C'erano stati solo loro due, Filippo ed Einar, con quel fardello di sentimenti taciuti, di promesse infrante, di parole sussurrate a mezza voce e la consapevolezza, più che reale, che avrebbero continuato a ferirsi, ma non si sarebbero mai persi, nemmeno se lo avessero voluto.
Poi era arrivato Lorenzo.

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