Anastasia

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Si svegliò, aprì gli occhi, ma non riusciva a vedere niente, aveva la vista annebbiata.

Forme indistinte le sfrecciavano davanti, bagliori rossi, arancioni e ombre scure non distingueva altro,

suoni tremendamente acuti, fischi interminabili l'entravano nella testa come un pugnale, sentiva la sua guancia bagnata e non era sicura di poter sentire il resto del suo corpo. Appoggiò la mano per potersi alzare, la superfice era tremendamente fredda, ghiacciata, e... Scivolosa, con il braccio destro riuscì per poco a non atterrare rovinosamente sul terreno, si issò cautamente tastando con la mano ciò che la circondava, accorgendosi che una sorta di cerchio non era scivoloso ma un normale ciottolato di una classica piazza cittadina, umido e lei proprio in mezzo, era circondata da ghiaccio.

La vista sembrava tornare a funzionare, i fischi venivano rimpiazzati da urla indistinte e i bagliori in fuoco, le ombre in uomini e donne che correvano, alcuni di essi erano armati.

Il ghiaccio era strano, nella piazza l'unico punto ghiacciato era dove si trovava lei, il resto andava a fuoco. Vi erano alcune colonne attorno a lei che non sostenevano alcuna struttura, esse erano grezze per nulla lavorate, la vista ancora faceva fatica a distinguere ciò che la circondava, ma proprio di fronte a lei ad alcuni centimetri la punta di una di quelle colonne indicava lei, era una spada brandita da un uomo con armatura, si poteva ancora distinguere la sua espressione. Era un misto tra sorpresa e terrore come se avesse realizzato troppo tardi che quella spada non avrebbe mai toccato la donna, che non avrebbe più toccato nessuno.

Qualcosa le toccò la spalla si girò di scatto, non vide altro che un sacco e quello che sembrava essere un uomo. La caricarono in spalla, cercò di urlare ma non riusciva ad emettere alcun suono la lanciarono sbattè le natiche contro una superfice dura, le sue natiche riconobbero che si trattava di legno ancora prima delle sue mani a causa della scheggia che vi si era conficcata. Si tirò su di scattò, si levò il sacco dalla testa, l'uomo chiuse la una grata, si accorse di essere dentro ad una gabbia, era rettangolare con sbarre di ferro abbastanza alte per poter permetterle di stare in piedi e un'unica porta sulla quale si era aggrappata giusto un secondo dopo che fosse chiusa. L'uomo era alto poco più di lei indossava un gilè e un maglione di lana scura portava un turbante che gli copriva tutto il volto lasciando solo intravedere gli occhi, i pantaloni erano larghi sulle gambe e stretti sulle caviglie.

L'uomo non disse una parola, si mise davanti al carro, trainato da uno strano animale mai visto dalla donna, e si mise in marcia.

L'alba stava arrivando.  



                                                                                        Jar'Que

La ragazza stava ancora dormendo dentro alla sua gabbia, era divertito ed allo stesso tempo incuriosito dal suo aspetto, in fondo non aveva visto molte donne umane del sud. Questa poi era strana ed estremamente affascinante, la sua pelle era chiara come la luna e i capelli neri come il carbone, era vestita solo di una tunica, chiamarla tunica suonava come un complimento, dato che sembrava un sacco con due buchi uno grande per le gambe e uno piccolo per la testa. Ma ciò che l'affascinava di più era ciò di cui era stata capace durante la razzia che avevano compiuto ai danni del villaggio in cui si trovava la ragazza. Si avvicinò alla gabbia pensando alla bellezza delle sue gambe bianche completamente distese nella gabbia coperte solo fino ad appena sopra al ginocchio da quel "vestito" che stava indossando, pensava a quale potrebbe essere l'età della donna, continuava a chiedersi come fosse possibile che riuscisse a dormire con il calore e la luce presente nel deserto, scommetteva che da li a poco si sarebbe ustionata quella sua pelle candida. Mentre si avvicinava riuscì a sentire un flebile lamento proveniente dalle sue labbra, non riusciva a capire la sua lingua ma, dato il contesto, comprese che la donna avesse bisogno di bere dell'acqua. -Tieni tesoro- le disse ponendole una borraccia di pelle colma d'acqua attraverso le sbarre, -Bevine adagio e fattela bastare è la tua razione fino all'oasi-, la donna non sembrava aver capito dato che ne aveva bevuta più di metà in pochi secondi, -Ho detto piano- esclamò l'uomo.

Per Ora senza titoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora